Uno degli aspetti più affascinanti del restauro è senza dubbio quello “conoscitivo”, in quanto certi aspetti costruttivi, certi dettagli o lavorazioni specialistiche, le possiamo scoprire solo durante le opere di restauro.
Oggigiorno, quando si ha l’occasione di acquistare strumenti “refin”, riverniciati, e quindi dal prezzo più abbordabile, è buona norma - a meno che la riverniciatura non sia già stata eseguita professionalmente - procedere a un restauro coerente con l’epoca e le specifiche dello strumento, al fine di poter fugare qualsiasi dubbio relativo all’originalità sia dei legni sia delle componenti hardware.
È esattamente quanto accaduto con una bellissima Stratocaster del 1958 acquistata alla fiera di Arlington negli anni ’90 da un amico musicista che all’epoca viveva negli States, messa in vendita lo scorso anno e acquistata da un collezionista in Francia.
Dopo qualche mese di apparente felicità per lo strumento, che suona in maniera davvero incredibile, l’acquirente muove dubbi circa l’autenticità del pezzo e richiede di renderlo per acquistarne un altro. Una volta rientrato “alla base”, consiglio il proprietario di procedere a un restauro professionale da documentare fase per fase al fine di rendere giustizia allo strumento stesso.
La chitarra così come si presentava, tasti jumbo “a fine corsa” e refin non professionale.
La chitarra infatti aveva un “old refin” al manico e al body non esattamente all’altezza di quello che era in origine, anche i tasti erano stati arrotondati troppo ai bordi e, come conseguenza, le note suonate sia sul Mi cantino sia su quello grave tendevano a uscire dalla tastiera suonando. Quindi aldilà dell’aspetto estetico e di feeling dato dalla verniciatura non corretta, lo strumento meritava un restauro adeguato anche per quanto concerne la suonabilità.
Dettaglio del play wear originale che abbiamo preservato e dei tasti eccessivamente stondati.
Il manico - Liutaio Matteo Rufini
Il manico, pur non avendo danni strutturali, era stato ritastato con tasti jumbo - ora “a fine corsa” - ed eccessivamente stondati nel corso delle rettifiche, tanto che ora sia il Mi grave che quello cantino tendevano a uscire dalla sede del tasto mentre si suonava. Il manico era stato anche interamente rivestito di una vernice acrilica, anche sopra le usure naturali presenti sulla tastiera, mentre era ancora visibile l’impressione della decal orginale sulla paletta, dove il legno non si è mai potuto scurire per l’esposizione al sole.
Il manico pronto per la verniciatura. Con ancora visibile la posizione della decal originale.
Il nostro Maestro Liutaio Matteo Rufini ha curato il restauro del manico del 1958.
Di comune accordo con il proprietario, si è deciso per un refret con tasti di stile vintage, leggermente più alti rispetto a quelli in uso all’epoca, rifacimento del capotasto in osso e riverniciatura “period correct” alla nitro.
Il manico a verniciatura ultimata, finalmente in risalto la figurazione in leggero “birdseye”, prima nascosta dalla vernice acrilica ambrata artificialmente.
Il manico, che presenta il tipico profilo a C di fine '58 inizio 1959, è stato dapprima pulito dalla vernice non originale, mantenendo inalterata la sagoma e i profili del legno. Matteo ha poi isolato le usure originali presenti sulla tastiera prima di procedere alla verniciatura, in modo tale da restituire al manico il feeling originario, con il suo vissuto.
La decal replacement, realizzata in corretta serigrafia, ci è stata fornita dal cliente.
Il body - Liutaio Romano Burini
Il body, in leggerissima tavola unica di frassino, era stato riverniciato in un tentativo di Blonde amatoriale. Forse non tutti sanno che, a partire dalla primavera del 1956, Fender smise di utilizzare il frassino per le Stratocaster “standard”, optando per l’ontano. Il frassino venne ancora usato, ma per quegli strumenti richiesti nella finitura custom Blonde. Per cui questa chitarra fin dall’inizio dei suoi giorni è stata vestita della bella finitura semi trasparente tipica di casa Fender.
Del restauro del body si è occupato il nostro Maestro Liutaio Romano Burini, che ha prima di tutto rimosso la verniciatura amatoriale sunburst dal body, manentendo bordi, sagome e spessori.
Il body una volta rimossa la verniciatura non originale.
A quel punto è iniziata la fase di verniciatura vera e propria. Non tutti sanno che Fender, negli anni '50, applicava il Blonde con medesimo procedimento del Sunburst. Infatti gli americani chiamano questa finitura White Burst, perché Fender, al fine di nascondere giunzioni, imperfezioni, e gli stessi fori di lavorazione dei body (dowels) utilizzava una mano più coprente sui bordi dei body in finitura blonde che, invecchiando, viene accentuata in maniera maggiore con l’ingiallimento della nitro. In sostanza, invece di spruzzare il colore più scuro sui bordi, come per il sunburst, per il “white burst” veniva utilizzato il colore chiaro del blonde ma in una miscela più opaca. Così ha fatto Romano per ricreare la finitura del 1958.
Prima applicazione del “blonde” in uso all’epoca.
Dettaglio trasparenza a lavoro ultimato.
Su richiesta del cliente la verniciatura è stata trattata con un processo di “aging” leggero, consono all’età dello strumento.
Il setup finale e il ritorno a casa
Una volta ultimati i lavori di restauro la chitarra è stata quindi rimontata e, grazie al lavoro fatto in particolare sui tasti, la suonabilità è eccellente. Lo strumento conserva tutte le altre parti originali, in particolare i pickup, mai riavvolti o riparati, con unica eccezione del coperchio coprimolle posteriore.
Il risultato finale è una chitarra che è tornata indietro nel tempo, rivestita dell’abito che aveva in origine e riportata alle sue caratteristiche uniche per quell’anno, anche a livello di suonabilità.
Tra fine 1958 e 1959 infatti il manico diventa a C con un profilo più moderno e comodo rispetto ai precedenti, mentre l’abbinata del leggerissimo body in tavola unica di swamp ash con il manico di acero restituisce uno strumento dal suono veramente unico, e molto risonante anche da spento.
La potete sentire qui, suonata dal grande Mattia Tedesco.
Lo strumento a restauro completato. |