Quando da bambino sfogliavo le fotografie (bellissime) del libro “The Electric Guitar” di Paul Trynka, non avrei mai immaginato né di conoscere l’autore (cosa che è poi successa per davvero) né tantomeno di poter un giorno possedere alcune di quelle incredibili chitarre mostrate e raccontate nel libro.
“The Electric Guitar”
La “cover girl” di copertina era una pazzesca 1950 Fender Broadcaster, che mi ha fatto sognare fin dal primo istante in cui l’ho vista attraverso quelle splendide fotografie.
Una Broadcaster del 1950 è stata per anni un sogno irraggiungibile, finché non sono riuscito ad acquistare la numero 0742, presente nella Werners List e anche nel libro di A. Duchoissoir “The Fender Telecaster”. Un bellissimo esemplare, con body in tavola unica, di dicembre 1950, che era stato però verniciato al di sopra della vernice originale con un trasparente protettivo, per cui il “vibe” della verniciatura non avrebbe mai più potuto essere quello di un tempo nonostante l’ottimo restauro dei liutai del ToneTeam che hanno rimosso in maniera eccezionale l’overspray di trasparente.
Broadcaster 0742 nella custodia originale
Sapevo che un esemplare totalmente originale - numero seriale 0207 - era gelosamente custodito da oltre trent’anni in una importante collezione del nord Italia, ma non avevo mai avuto modo di vederlo dal vivo. Nel 2018 però il proprietario decide di venderla e un amico comune si propone di assisterlo nel trovare un acquirente. Allora non ero nelle condizioni di acquistarla, ma uno dei miei maggiori clienti si disse interessato, e così curai la vendita dello strumento, potendo per la prima volta ammirarlo dal vivo.
È una chitarra scoperta da George Gruhn prima che io nascessi, rimasta nella stessa collezione per oltre 30 anni, totalmente originale in ogni suo minimo dettaglio. Oltre a essere di enorme importanza a livello di collezione, non vi dico come suonava! Un vero e proprio cannone, assolutamente micidiale. La mascella mi finì sul pavimento e non fu proprio semplice vedere lo strumento andare via quando il nuovo proprietario venne a ritirarlo.
La chitarra nel 1987 negli Stati Uniti a un guitar show
D’altra parte uno dei privilegi di questo lavoro è proprio quello di poter vedere, a volte anche solo per poco, strumenti veramente incredibili, e il “segreto” che si impara con l’esperienza è far tesoro di ogni attimo, cercando di imprimere nella mente quante più informazioni e sensazioni possibili.
“Ogni lasciata è persa” dicono e, in effetti, con l’ascesa pazzesca dei prezzi e dell’interesse rispetto al Vintage degli ultimi anni, la “irraggiungibile” Broadcaster del 2018 oggi era ancora più irraggiungibile.
Ma ho sempre creduto che il destino esista e che a volte decida per noi, e così vengo contattato da uno dei più importanti negozi di New York, con cui collaboro ormai da qualche anno, che si dice interessato all’acquisto di alcuni strumenti della mia collezione personale, proponendomi una di quelle offerte assolutamente “da non rifiutare”. Così, cogliendo la palla al balzo, provo a proporre al proprietario la permuta di quegli strumenti (già in parola con il negozio) con la mitica Broadcaster. Con mia sorpresa, decide di accettare.
Le chitarre da sacrificare non erano di quelle che si lasciano andare a cuor leggero, una Stratocaster Fiesta Red del 1965 e una Candy Apple Red del 1966, entrambe in condizioni “near mint”, ma per poter rendere possibile l’impossibile qualche sacrificio importante andava fatto.
E così, in una giornata piovosa di agosto 2021, la Broadcaster del novembre 1950 con numero seriale 0207 è finalmente “uscita dal libro dei sogni”, ed è ora il fiore all’occhiello della collezione.
Ma veniamo ora alla descrizione di questo incredibile strumento. Ha un manico “boatneck” con una V pronunciata, enorme! Ma è comodissimo, con i bordi della tastiera arrotondati in maniera decisa, tasti originali, capotasto originale in osso lavorato a mano, decal perfetta e vernice sottilissima, che sembra seta sotto le dita.
Dettaglio dei bordi tastiera
Le meccaniche sono le Kluson “in line” più antiche che esistano, infatti sono le rarissime “closed shells” con la dicitura “single line” sul retro. Queste furono abbandonate già nel 1951 e sono rarissime, presenti solo negli strumenti del 1950.
Dettaglio delle meccaniche
Il body, in due pezzi di frassino, ha l’inconfondibile finitura Blonde che nel 1950 era di fatto un'unica mano colore con pochissimo trasparente protettivo e pressoché nessun fondo, tale per cui si screpolava con un weather checking intensissimo, fin dai primi mesi di vita. Per Fender questo fu un vero guaio, e già dalla primavera del 1951 cominciò a modificare la procedura di verniciatura, che ci ha poi donato il mitico Butterscotch look del 1951/1952.
La vernice sembra quasi staccarsi dal legno, ma è in realtà molto più stabile di quel che sembra.
Dettaglio della vernice increspata dall’intenso checking.
Lo strumento ha alcune specifiche uniche del 1950, dal battipenna in bachelite nera “No bevel”, ai “tall knobs", fino ad arrivare al circuito che è assolutamente straordinario. Leo Fender concepì un circuito che offrisse quattro suoni distinti. Il primo è il suono del pickup al manico “filtrato” da un condesatore sempre attivo, il secondo è il manico non filtrato, il terzo è il single coil al ponte non filtrato e il quarto, attivando la seconda manopola disponibile oltre a quella del volume, il blend, fa lavorare insieme il pickup al ponte e quello al manico per un suono assolutamente unico.
Non c’è quindi la manopola del tono come la intendiamo oggi, e non verrà introdotta prima del 1952.
A completare il corredo abbiamo il polish cloth e il cavo dell’epoca, un set di corde “MAPES” donatemi da Terry Foster (quelle in uso nei primissimi anni da Fender), una tracolla del 1950, la bellissima “thermometer case” originale e la cover del ponte.
La Broadcaster del 1950 nella sua custodia originale
La cosa più emozionante di tutte è vedere l’espressione degli amici chitarristi quando la provano: non si capisce se ti porta indietro nel tempo oppure se ti sta proiettando in un’altra dimensione. Credo sia parte della magia di quegli oggetti senza tempo, creati da un timido ometto che riparava radio.
Grazie Leo Fender. |