di Fabio Cormio [user #50760] - pubblicato il 09 febbraio 2022 ore 14:30
Tra le diverse definizioni di analfabetismo funzionale, è ricorrente una caratteristica: l’analfabeta funzionale riporta tutto a se stesso, alla propria esperienza di vita. Che poi, se ci pensate, non è che esista modo di non farlo: “noi” siamo il parametro e lo strumento con cui misuriamo il mondo.
Possiamo essere intellettualmente onesti e cercare di essere obiettivi sempre, eppure ci resterà difficile (impossibile) aggirare le nostre tare e i nostri bias al momento di rapportarci con il “fuori da noi”. Il motivo di questa introduzione, che di chitarristico non ha nulla, è in parte un mistero anche per me, ma volevo rendervi partecipi di questo flusso di coscienza. Anzi, ora che ci penso, forse volevo dirvi che mi sento un analfabeta funzionale. Con questa nuova consapevolezza ben stretta in pugno, ecco la mia nuova confessione che con l’analfabetismo ha parecchio a che fare.
Ebbene, io sono un accordiano da una vita, eppure non sono in grado di capire tutto quello che viene pubblicato su queste gloriose pagine. Voglio dire che la scarsità delle mie competenze-attitudini rende i contenuti di Accordo, in parte, troppo “complicati” per me, nonostante questo sito sia il mio porto sicuro da tanti anni.
Per esempio, bazzico pochissimo con l’home recording (Logic gira da qualche mese sul mio Mac, ma quanta fatica raccapezzarsi). Del resto, ho sempre affrontato con fatica la (semplice?) pratica della programmazione di un multieffetto, ho già dei bei problemini coi miei analogicissimi pedali, quindi figuriamoci con quali mal di pancia affronti argomenti come VST e IR, o quanto mi appassionino dibattiti eruditi su schede audio e microfoni a cardioide.
E che dire della teoria? La didattica di Accordo è di alto profilo e per il mio amico Gianni Rojatti ho una vera venerazione... eppure non è facile approcciare certi argomenti quando non hai confidenza con pentagramma, armonia, modi e quant’altro. Quanti di voi, come me, suonano la chitarra da una vita barcamenandosi con pentatoniche, scale blues e - soprattutto - lick rubacchiati qua e là, provando a metterci una pezza con l’orecchio?
Se le sei corde fossero un percorso scolastico, io sarei un pluriripetente da barzelletta, un Pierino fermo alle elementari e no, non ne sono fiero, ma la cosa straordinaria è che la voglia di venirci lo stesso, in questa aula sontuosa e abbacinante, non passa mai.
Certo, qualche volta capita di sentirsi “fuori dal club degli intelligenti” e, non lo nego, in quel momento è tanto il desiderio di riporre la chitarra in custodia e farmi un paio di rosse doppio malto. Ma alla fine torno sempre al confortante stupore che mi destano i miei strumenti, al desiderio di accumularne altri, al bisogno fisico di suonare del rock. E pazienza se so farlo solo al ritmo di una cassa in quattro quarti.