Che strano il pau ferro. Di primo acchito, visto da lontano, sembra uno di quei palissandri usciti troppo chiari, con una superficie poco compatta. E sì, lo so che se andava bene a Stevie Ray Vaughan avrei ottime ragioni per non rompere troppo le balle, però… alzo il sopracciglio. E lo alzo di nuovo per quel radius così “piatto”, 12”, quando a me già il 9,5” sembra troppo moderno per una Fender.
Insomma, il primo impatto con la Stratocaster Player Plus HSS è tutto un’alzata di sopracciglio, di quelle che nemmeno Carlo Ancelotti. E allora stop, forse il problema sono io.
Ce li avete presente quei video di cucina che giravano sul web qualche tempo fa, quelli dove un cuoco televisivo americano o tedesco spiegava al pubblico come fare la carbonara o il ragù: quei video, furbamente veicolati su profili social italiani, scatenavano le sollevazioni popolari di mandrie di indignados, innescando centinaia di migliaia di condivisioni. Ecco, qui pare che l’indinniato sia io. E non è bello per uno come me, che si dice progressista. Allora la cosa più utile da fare, invece di scagliarsi lancia in resta contro la novità, è provare a capirne il senso. Anche perché se io voglio la carbonara con la ricetta della nonna, non è che qualcuno mi impedirà di continuare a mangiarla. Finché vengono in pace e ti lasciano la possibilità di scelta, le novità vanno bene sempre.
Quindi, ricominciamo: a chi si rivolge Fender con queste Player Plus? Non a me, pare. Del resto, nella sua gamma sterminata, a noi tradizionalisti il marchio californiano offre mille opzioni: più costose delle Player Plus, più economiche delle Player Plus e anche nella stessa fascia di prezzo (mi riferisco alle Vintera, per intenderci).
È anche chiaro che io non possa avere con la Player Plus un approccio neutrale. Nelle orecchie ho suoni ben precisi, soprattutto rock, soprattutto anni '60 e '70. Con la mia band suono southern rock, i Lynyrd Skynyrd, gli ZZ Top, i Blackberry Smoke. Però sono cresciuto con gli AC/DC, i Metallica e tutta l’ondata thrash (americana e tedesca), in generale nutro una venerazione per chi ha partorito i grandi riff del rock e dell’hard rock. E poi suono molto l’acustica in fingerpicking, Dave Van Ronk, Johnny Cash, Merle Travis, mi diletto con il delta blues. Ecco sintetizzato il mio background.
Ma alla fine, questa Stratocaster Player Plus l’ho suonata? Sì, e mi è pure piaciuta. Ho solo avuto bisogno di un po’ di tempo per adattarmi al suo suono così come al suo Belair Blue, uno sfumato “verticale”, con la cosa di un blu intenso che scolora gradualmente fino a un grigio. Il mio primo pensiero vedendola è stato “ma perché?”, poi invece mi sono ritrovato ad apprezzare molto questa colorazione.
Ma veniamo al suono: partiamo dal concetto che queste chitarre noi di Accordo le abbiamo già provate e che potete ascoltarle, con le sempre attente considerazioni di , e . Quello che posso aggiungere sono le mie sensazioni: se è vero che è “moderna”, è vero anche che i suoni “da Strato” si tirano fuori tranquillamente da questa Player, soprattutto per il rock. L’impronta timbrica e il feeling ci sono in tutte le posizioni del selettore pickup: particolarmente centrati mi sono sembrati i suoni che si ottengono, sia in clean sia in leggero overdrive, in seconda e quarta posizione, suoni eminentemente “stratocasteriani” per gli arpeggi pop e rock. Niente male la risposta del Noiseless al manico, nel senso che la nasalità del suono è conservata ma se i colori che avete in mente sono quelli di John Mayer, di Hendrix o dello stesso Vaughan vi mancheranno all’appello un po’ di basse frequenze. L’humbucker mi è sembrato aggressivo “il giusto”, ottimo per tutte le declinazioni del rock e molto azzeccato per una chitarra che fa della versatilità il suo cavallo di battaglia. Intendo dire che, effettivamente, con la Stratocaster Player Plus ci puoi suonare tutto, mi viene da pensare che, se io fossi il chitarrista di una di quelle cover band con 200 pezzi in repertorio che vanno dalla Pausini a Bon Jovi, da Vasco ai Pink Floyd, da Cristina D’avena ai Metallica di "Nothing Else Matters", questa potrebbe essere la mia unica chitarra. E sarebbe una Fender, particolare non trascurabile.
Aggiungo un paio di riflessioni sulla sorella Telecaster Player Plus, che ho avuto tra le mani nello stesso periodo. Per lei valgono le medesime considerazioni, visto che pau ferro, radius 12”, autobloccanti e Noiseless sono presenti anche qui. Ecco, di sicuro non le manca la “botta” ma complessivamente mi è piaciuta più da spenta che da accesa, forse perché - per i problemi di tradizionalismo e per il background di cui sopra - mi è parsa un po’ troppo aggressiva e poco “twangosa”. Se siete indecisi tra le due, consiglio certamente la Strat.
A proposito di Fender, se non lo avete ancora fatto io vi consiglio di approfondire la conoscenza con la storia e la tecnica di queste chitarre straordinarie comprandovi il libro “Fender, Cent’anni di uomini, chitarre, bassi, amplificatori”: si tratta di un vero best-seller, scritto da Maurizio Piccoli nel 1985 e poi aggiornato e ampliato. E vi segnalo che chi lo compra riceve vari gadget di Nashville e Accordo. . |