Era notte fonda ormai, le luci del locale si erano spente già da diversi minuti,
Il parcheggio enorme si era svuotato,
Solo il buio e qualche stella nel cielo, facevano da cornice sullo sfondo di quella sera di primavera.
Dopo che tutti si erano salutati, con le orecchie che ronzavano dal forte rumore, provocato dal potente volume degli amplificatori, e dall’assordante frastuono della batteria, a far compagnia al buio e al silenzio, c’erano rimasti solo loro due, e la Fiat Punto di colore bianco, che illuminata dal chiarore della luna, risplendeva e luccicava come un faro nella notte.
Quei due soggetti, erano Luca e Stefano, che stavano fumando le loro ultime Marlboro della serata, circondati dal buio, dal silenzio, e dai loro strumenti musicali, che avevano raggruppato vicino al bagagliaio della vettura di Luca.
Erano molto stanchi Luca e Stefano, stanchi si, ma anche molto fieri e felici,
La serata era andata a meraviglia, gli S.H.A.S.S che era il gruppo dove suonavano Luca e Stefano, fecero faville, poiché suonarono molto bene quella sera, erano piaciuti sia al pubblico in sala, sia ai giudici del Contest, e la loro performance convincente li aveva portati a passare il turno di quel concorso, per poter così esibirsi ancora una volta su quel palco,
Ma Stefano non pensava solo alla serata in musica, aveva ancora in mente lo sguardo, il sorriso, e i lineamenti di lei.
La barista del locale era giovane e carina, si chiamava Barbara, aveva la carnagione chiara, i capelli color rame, di bassa statura ma con una forte personalità.
Stefano era sempre li da lei, attaccato al bancone, ordinando dei drink, uno dopo l’altro, cercando sempre di attaccare bottone con lei, quella splendida ragazza, la barista dalla pelle chiara e dai capelli rossi.
Cercava sempre il suo sguardo Stefano, e grazie al suo carattere intraprendente, rinforzato dall’euforia dell’alcool in corpo, riusciva a coinvolgere in lunghe chiacchierate la giovane barista, senza importunarla e infastidirla, ma coinvolgendola anche in discorsi musicali.
Tu cosa suoni? Chiese lei a Stefano.
La chitarra elettrica! Rispose lui fiero e pieno di orgoglio.
Sai, disse lei, anch’io suono uno strumento musicale.
Davvero? Rispose lui un po’ stupito.
Suono il sax, disse Barbara a Stefano, il sopranino in SI bemolle.
Ma nella vita che fai? Chiese Stefano per continuare la conversazione, suoni per campare, o fai altro?
Lei gli sorrise, poi disse a lui, no, faccio la psicologa, e per diletto suono il sax in una banda del paesello in cui vivo.
Caspita! Esclamò Stefano, sono qui davanti con il mio terzo bicchiere di whiskey in mano, , a conversare con una psicologa che suona il sax soprano, chissà cosa penserà di me, pensò Stefano tra se e se, poi di impeto, non riuscì a frenare la lingua, e istintivamente disse a Barbara:
Sono qui da mezz’ora a parlare del più e del meno, raccontando storie della mia vita a una perfetta sconosciuta, bevendo un drink dopo l’altro, poi senza nemmeno farlo apposta, mi ritrovo davanti a me una dottoressa che ascolta le mie paturnie!
Cavolo, sono proprio messo male secondo te? Chiese in tono scherzoso Stefano alla giovane barista.
No! Tutt’altro, disse Barbara al chitarrista mezzo sbronzo.
Sei molto simpatico e carino, disse lei a lui, e proseguendo nel discorso Barbara replicò:
Poi non mi sembri affatto messo male, ovvero non mi sembri quel tipo di persona che sta a piangersi addosso, insomma per me sei un tipo ok, stimato dai suoi amici e colleghi, con molta voglia di scherzare e stare in compagnia.
Meno male! Esclamò Stefano, poi concluse dicendo a lei:
Ed io che pensavo invece che avessi veramente bisogno di andare in terapia da una psicologa!
No ti sbagli replicò Barbara, chi ne ha veramente bisogno è gente totalmente diversa, chiusa in se stessa, che non riesce a tirare fuori i propri problemi, tu sei l’opposto, uno che parla e sa raccontarsi senza alcun problema.
Intanto i due continuarono la loro conversazione, mentre li adiacente ai due giovani, in un altra stanza del locale, qualcuno imprecando si mise ad urlare e chiamare con impeto:
Sanny, Sanny, dove cazzo sei finito?
Avevano smarrito il chitarrista, e il resto della band lo cercava con ansia chiamandolo con il suo nomignolo, Sanny appunto, , era quasi il turno degli S.H.A.S.S. per salire sul palco ed iniziare la loro esibizione, ma il resto della band non riusciva a trovarlo, mentre ad un certo punto, Stefano si sentì strattonare per un braccio, ed il batterista della band, Emanuele, lo trascinò via dal bancone, e sbuffando gli disse:
Guarda che dobbiamo iniziare a suonare!
Siamo in ritardo, ci stanno chiamando sul palco e tu te ne stai li a fare i cazzi tuoi?
Si, ma era per una giusta causa, hai visto che sventola la barista?
Ma a proposito, continuò Stefano, mi avete già acceso l’ampli e collegato la chitarra?
Si, pronunciò a denti stretti Emanuele, poi pensò, sempre il solito, servito e riverito il signorino.
Intanto il pubblico in sala e i giudici del Contest, avevano puntato gli occhi addosso al batterista, gli S.H.A.S.S. avevano iniziato il loro show, con un intro di batteria tra tom e doppio pedale sulla grancassa tirata a cannone, stava spettinando tutti i commensali, poi c’era quella chitarra di Stefano, che con un riff incalzante a volumi estremi, aveva dato il via al loro live subito senza pietà, come un assassino che si getta sul corpo della sua vittima sferragliando con un coltello affilato un colpo dietro l’altro.
Mentre continuava a fumare nel parcheggio al fianco di Luca, a Stefano continuavano a riaffiorare tutti i ricordi e le immagini della serata, la barista, il whiskey, la sua chitarra che gli ha procurato un altra serata emozionante, ma pensava anche che era stanco da una giornata passata in fabbrica per guadagnarsi lo stipendio,
un misero salario da operaio nel settore cartotecnico,
Ma Stefano non pensava solo al lavoro che non gli piaceva granché e al misero stipendio,
Lui era stanco e provato dalla sua patologia,
Una bruttissima retinopatia degenerativa, che da circa 4 anni gli avevano diagnosticato, e che pian piano lo stava logorando anche dentro nell’animo.
Chissà ancora per quanto tempo potrò lavorare in fabbrica, pensava Stefano aspirando dal filtro della sua Marlboro gli ultimi tiri prima di consumarsi fino al filtro definitivamente,
Sarebbe stato bello fare come lavoro il musicista, pensava Stefano, lo avrebbe sempre voluto fare nei suoi sogni nel cassetto, ma per raggiungere quel traguardo bisognava fare molto di più, studiare molto, impegnarsi tantissimo, e pensare di fare solo quello e niente altro.
Ma lui veniva da una famiglia proletaria, i genitori che da giovani erano contadini, poi emigrati dall’Umbria all’Emilia Romagna per fare gli operai anch’essi in una fabbrica di piastrelle,
Non avrebbero mai fiancheggiato questo desiderio,
Per loro era importante che lui lavorasse in regola in una fabbrica, non importa per quale salario, ma che riuscisse a portarsi a casa la pagnotta, quanto bastasse per mantenersi e per i suoi divertimenti.
D’altro canto, i suoi genitori non gli avevano mai chiesto una lira per utenze e alimenti, però in cambio loro volevano che non spendesse tutto lo stipendio, ma che una parte di esso venisse trattenuta in un conto, per ritrovarsi poi in futuro qualche gruzzolo da parte.
Erano rimasti li a pensare Luca e Stefano, mentre lanciarono sull’asfalto color antracite i due mozziconi di sigaretta giunti al termine,
La brace scintillava sul manto stradale come stelle cadenti nella notte di San Lorenzo,
I due giovani erano pronti, presero il case rigido della Jackson King V di Stefano, e la misero con accuratezza incastrata tra i sedili anteriori e quelli posteriori.
Poi presero la custodia morbida della Gibson LesPaul di Luca, e la adagiarono con dolcezza sui sedili posteriori.
Infine aprirono il cofano posteriore della Fiat Punto di Luca, vi misero poi dentro un Marshall valvestate 80W, lo zaino con i cavi e pedaliera, il flight case di color azzurro pastello contenente il sistema a rack di Stefano,
Sembrava non mancasse nulla, tutto era stato smontato dal palco e riposto alla meglio all’interno del veicolo.
I due giovani ventenni salirono in automobile, pronti a tornare alle proprie dimore a riposare le loro stanche membra.
Luca mise in accensione il motore della Fiat Punto, con un gesto inserì la retromarcia e senza pensare lasciò con dolcezza la frizione,
La vettura muovendosi a marcia indietro fece uno strano rumore, tipo qualcosa come quando sbagli ad ingranare la marcia e senti un grat grat generale, ma la marcia fu inserita bene, purtroppo c’era qualcosa all’esterno del veicolo, posizionato sulla traiettoria dietro l’auto.
Cazzo è! Esclamarono all’unisono Luca e Stefano.
Luca uscì a guardare fuori dalla sua automobile, poi esclamò:
Cazzo Sanny! La tua cassa Marshall, l’abbiamo lasciata fuori e non ci siamo ricordati di metterla dentro al baule!
Porca troia! Esclamò Stefano, la cassa era un piccolo cabinet 1x12 della Marshall, il modello 1912 da un cono, pratico e comodo da portarsi appresso, la 4x12, che Stefano custodiva gelosamente nella sua cameretta, era troppo scomoda da sballottare e caricare in un utilitaria, tenendo anche conto che lui non guidava, e doveva per forza adattarsi alle automobili dei ragazzi che lo scorrazzavano.
Li per li il cabinet, non sembrava riportare gravi danni, una lieve sgrattugiata, insomma Stefano aveva sempre avuto amplificatori Marshall, non solo perché adorava quel suono roccioso e graffiante, ma li ha sempre considerati dei carri armati.
Quel cabinet rimase con lui altri 13 anni, e le ferite riportate sulla parte ricoperta del legno della cassa nel pannello chiuso posteriore, furono rimarginate grazie alle manine da fata di mamma Marisa, la madre di Stefano che era anche una brava sarta tuttofare, che con calma e pazienza, armata di ottima colla e un apposito pennarello nero, aveva riportato ad uno stato ottimale quella cassa 1912 della Marshall.
Nel 2010, Stefano volle sbarazzarsi di quell’oggetto, che per circa quindici anni, lo accompagnò fedelmente per tante prove e concerti in giro tra palchi e locali.
Andò quindi a far valutare la sua cassa, presso un negozio di strumenti musicali, era il suo preferito, piccolo ma accogliente, dove si trovava molto bene, fece vedere l’oggetto per fare una permuta,
Lui era abituato così, non vendeva mai privatamente la merce di cui voleva sbarazzarsi, ma andava direttamente in negozio a permutare il vecchio per acquistare il nuovo.
Con molto stupore, Stefano non credette a quello che sentivano le sue orecchie, infatti, gli venne valutata 180€, quella cassa che tredici anni prima aveva ricevuto un brutale trattamento,
Ma che la sua grandissima e dolcissima mamma, aveva saputo con maestria, riportare ad una condizione estetica ottimale.
Anche se quel cabinet ora non appartiene più a Stefano.
Anche se quel gruppo, gli S.H.A.S.S. non esiste più, ma l’amicizia tra i membri di quella band è rimasta viva e loro si incontrano ancora tutti gli anni per le loro rimpatriate tra pizza e birra.
Anche se gli anni sono passati purtroppo troppo in fretta, per fortuna ci rimangono i ricordi,
Quelli che non distruggeremo e venderemo mai.
Questo racconto narra di fatti realmente accaduti, anche se la storia è un po’ romanzata,
I personaggi sono veri, i fatti sono realmente accaduti,
E quello Stefano, manco a farlo apposta, sono io, ahahahah, saluti:) |