Dunque, nel mio caso il salto temporale è di circa 25 anni. Concentriamoci insieme: state visualizzando voi stessi a 16 anni? Eccovi, siete proprio voi: è pomeriggio, in tasca avete diecimila lire, eppure anche oggi, come ogni sabato, siete lì. Se chiudete gli occhi riuscite ancora a sentire l’odore di quel grande negozio, quello da cui non sareste mai usciti, nonostante i commessi fossero, per dirla in modo gentile… respingenti. E che casino c’era, in quei negozi. Erano dei suq del chitarrismo, dei giardini zoologici in qualche modo democratici. Frequentazione? Eterogenea al massimo livello: dal maestro di jazz con la L5 attaccata al Roland che giocava con ostentata scioltezza su una scala bebop al death metaller in jeans elasticizzati che provava il Metal Zone per cinquanta minuti, violentando la B.C. Rich Warlock a colpi di palm muting. In mezzo, di tutto: il timidissimo alle prime armi, che “provava” una chitarra senza capire quanto fosse scordata, frastornato perché le bionde trecce e gli occhi azzurri l'altro giorno suonavano diversi; il fenomeno dalla camicia medievale a sbuffi che stampava sessantaquattresimi furibondi con odiosa e improbabile nonchalance; l'incontentabile con fidanzata al seguito in stile Magda che pretendeva di provare tutte le American Standard esposte per scegliere la migliore.
Una delle scene mitiche di Fusi di Testa (Wayne's World) con uno strepitoso Mike Myers
Che fauna ragazzi, quant’era bello, non fosse stato per i commessi e per quei nostri modi troppo gentili che ci penalizzavano ogni singola volta: forse ci si leggeva negli occhi che anche quel giorno ce ne saremmo andati da lì avendo comprato solo qualche plettro e una muta di D'Addario in offerta. Lo so, suona sbilenco quello che sto dicendo: perché mai dovremmo rimpiangere quegli stronzi che non ci calcolavano, così palesemente assurdi da finire cristallizzati in film e fumetti? Il punto è che adesso hanno più bisogno loro di noi che noi di loro. Brutto a dirsi, mi rendo conto. Ma il giovane medio suona meno, molto meno: le nuove generazioni sono meno interessate delle precedenti alla chitarra, anche semplicemente e rusticamente a quel “fare un po’ di casino con la chitarra” che prima era considerato figo da ogni sedicenne e oggi, più di allora, soltanto una delle mille cose che un ragazzo può fare. E non la più sexy. E poi ci siamo noi, che magari qualcosa in tasca per comprare uno strumento ce l’abbiamo, ma che sempre più spesso compriamo online, magari non la sospirata custom shop ma quei prodotti “standard” che non richiedono prove: pedali, cavi, corde, strumenti entry level, custodie. È triste a dirsi, amici miei, e so che la mia è una semplificazione (giusto anche dire che qualche segnale pop per rendere cool le sei corde agli occhi dei giovani c’è, per esempio ), ma il commesso affabile e carino è un inquietante segno dei tempi. Ci dice che i negozi sono più vuoti e infatti molti hanno chiuso i battenti negli ultimi dieci anni. Ci dice che a considerare un Santo Graal quella Les Paul ’59 eravamo tanti ieri ma siamo pochi oggi. Ci dice che certamente una riflessione profonda va fatta, ma vi chiedo ad aiutarmi a farla insieme perché la faccenda è complessa.
E voi che esperienze avete con i commessi dei negozi di strumenti? Rimpiangete i tempi in cui vi facevate defenestrare per aver accennato "Stairway To Heaven" e "Smoke On The Water"? Ma soprattutto, comprate ancora in negozio o vi siete buttati sull’online? Voglio sapere tutto nei commenti! |