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In Between: intervista a Phil Mer
In Between: intervista a Phil Mer
di [user #17404] - pubblicato il

Phil Mer è uno dei volti più brillanti del nuovo batterismo italiano: si fa conoscere, giovanissimo, con Pino Daniele per poi negli anni accompagnare Enrico Ruggeri, Red Canzian e Pooh, Francesco Renga e tanti altri...Su Accordo lo conosciamo bene anche grazie al progetto - tra jazz contemporaneo e avanguardia - The Framers con Andrea Lombardini. Intervistiamo Phil Mer per approfondire il suo metodo didattico "In Between".

Edito da Volontè&Co, il metodo di Phil Mer si intitolata "In Between” ed è un testo che si prefiggersi di educare lo studente alla massima precisione, fornendogli - al contempo - gli strumenti per un playing capace di essere stravagante e addirittura impreciso; ma sempre in maniera funzionale e soprattutto musicale!
 
In Between: intervista a Phil Mer

Nell'introduzione al tuo libro fai una metafora che ho molto apprezzato: paragoni il drumming organico e l'attitudine con cui questo posiziona i colpi sul tempo "all'apparente spontaneità e disordine dei rami che nascono da un albero"...Aiuteresti i meno esperti a considerare questa percezione del tempo?

Grazie innanzitutto per l'interesse nei confronti di questo argomento che è più difficile da spiegare con le parole che da dimostrare con la musica. Ritengo che, dovendole spiegare ad un bambino, siano più difficili da capire le quantizzazioni della griglia, in quanto sono una convenzione, una razionalizzazione della musica, che dunque va appresa, studiata, capita, ripetuta. Veniamo da decenni di accademismo sullo studio della batteria e dunque ci siamo abituati a certi schemi tipici del pensiero occidentale, però basterebbe ascoltare un assolo di Elvin Jones degli anni '60 per capire subito cosa intendo con drumming organico...un drumming in cui la concezione dell'elasticità espressiva del beat è più simile a quella della musica classica, in cui la gestione del tempo, con i suoi trattenuti e rubati, è uno dei valori espressivi più significativi: provate a quantizzare una Sinfonia di Mahler! Questa elasticità del tempo può però essere sovrimposta ad un beat costante e risulta dunque come una sfumatura interpretativa all'interno di un tempo solido, basti pensare al portamento della cabasa brasiliana in cui i sedicesimi rotolano in maniera elittica ma costante: una figurazione che la notazione occidentale non riesce a trascrivere e codificare in maniera semplice e funzionale ma che riconosciamo al primo ascolto! Il drumming meccanico è un solido geometrico, quello organico una forma fluida.
 
In Between: intervista a Phil Mer

Alla spontaneità con cui i rami si dispongono sull'albero, paragoni la logica studiata e ragionata con cui un architetto, invece, progetta e dispone le torri di un palazzo. Logica a cui riconduci un batterismo più tradizionale. Ma lo studio di questo secondo batterismo, più accademico, tradizionale e basato su quantizzazioni più regolari (quarti, ottavi, terzine) resta comunque imprescindibile per accedere allo studio del drumming organico o sono due percorsi musicali e cognitivi che possono essere indipendenti, disgiunti?

Lo studio accademico basato su quantizzazioni regolari (quarti, ottavi, sedicesimi) e irregolari (terzine, quintine, settimine) è il vero ed insostituibile “studio” della batteria, necessario e imprescindibile. Una volta che abbiamo confidenza con questo rigoroso studio possiamo cercare strade nuove e quella organica è un'alternativa che completa e non sostituisce quella tradizionale. Il mio sistema di notazione di frecce e vettori, per scrivere ciò che finora non si poteva trascrivere, completa quello tradizionale, non lo rimpiazza. Una volta che abbiamo imparato a suonare gli ottavi e le terzine di ottavi, possiamo pensare di concepire le vie di mezzo tra gli ottavi e le terzine di ottavi: senza una profonda comprensione degli schemi non li possiamo infrangere! Se posso permettermi un esempio fuori luogo e fuori misura ma utile per capire il concetto: Picasso prima di rompere completamente gli schemi della pittura attraverso il cubismo aveva imparato a dipingere in maniera accademica, come Raffaello. Prima ha studiato fedelmente la tecnica per riprodurre realisticamente un corpo, un volto, un paesaggio...tecnica maturata in secoli di storia dell'arte. Poi ha rivoltato tutto questo sapere per tornare a dipingere come farebbe un bambino o un pittore rupestre. Talvolta ciò che all'apparenza sembra istintivo e semplice nasconde un percorso creativo lungo e tortuoso per poter esistere. Insomma sulla batteria ci possono volere centinaia di ore di studio per imparare a suonare storti come un principiante, un principiante con la consapevolezza del professionista che mette ogni colpo, specialmente quelli fuori griglia, nel punto del tempo che vuole.
 
In Between: intervista a Phil Mer

Parlando di pronuncia ritmica, in relazione a quanto scrivi "tutta la scrittura è un'approssimazione, il tentativo occidentale di razionalizzare un linguaggio astratto" ho pensato a quella che - soprattutto per gli strumenti solisti come la chitarra o il sax è le blue note. Il tentativo di imbrigliare sul pentagramma un'inflessione che sentivamo nella musica afroamericana e volevamo codificare nelle regole del blues...

Hai detto bene: ci sono aspetti musicali importantissimi che la nostra notazione occidentale non può rendere in maniera efficace...le note blues e i portamenti sono un esempio, le pronunce ritmiche sono un altro esempio. Ho cercato di sopperire per la parte ritmica che mi compete inventando un sistema di notazione che aggiunge delle frecce alla notazione che conosciamo, frecce che indicano uno spostamento di quella nota verso un'altra nota. Questo codice è un'approssimazione perché non tiene conto di una suddivisione matematica del tempo e dunque è fortemente condizionata dal bpm e dalla figurazione che suoniamo. Non ho voluto creare un metodo di notazione che fosse scientificamente infallibile (sempre che fosse stato possibile senza ricorrere ad astrusità matematiche) ma che ci aiutasse, in breve tempo, a decodificare, a trascrivere e dunque a suonare ciò che finora era destinato solo alla trasmissione orale dell'ascolto. Ci sono moltissime musiche legate ad una matrice africana che necessitano di un'interpretazione di pronuncia negli ottavi o nei sedicesimi, questo perché l'elemento poliritmico è fondamentale nella musica africana, e la poliritmia genera sempre un effetto sonoro molto lontano dalla scansione meccanica delle note.
 


Altro aspetto interessante di questo libro è poter scandagliare il tuo approccio al microtime; approccio alla base dei tanti "beat storti" che ho apprezzato nel tuo lavoro con i Framers. Ma questo batterismo così libero che spazio ritieni possa avere in generi più tradizionali come il pop e la musica italiana in generale?

Ti ringrazio per il complimento ma ritengo che l'aspetto di suonare beat storti, complessi, intricati (per quanto espressivi ed interessanti all'interno di progetti sperimentali) sia solamente un'estremizzazione di un concetto ben più radicato nella musica che suoniamo e ascoltiamo tutti i giorni. Personalmente riconosco pronunce ed interpretazioni del beat nella maggior parte dei generi musicali che nel metodo sono oggetto di studio e che ora ti cito: samba, bossanova, reggae, son cubano, gnawa, second line, blues, rock n roll, jazz, funk, nu soul...l'elenco potrebbe estendersi anche alla musica elettronica e al pop contaminato. Parlando di musica italiana, per farti degli esempi, con Pino Daniele mi è capitato di suonare del blues, della bossa, con Mario Biondi del jazz e del soul; con Malika Ayane mi è successo di dover imitare sonorità anni 50 e 60, con Annalisa di suonare brani reggae, per non parlare di tantissime trasmissioni televisive, da The Voice a Name That Tune, in cui mi è capitato di suonare di tutto in orchestra. Ho sempre cercato di mettere in tutti questi stili le pronunce adeguate che li facessero suonare autentici e non di maniera. Altre volte mi capita di suonare su dei loop programmati un po' storti: in quel caso la flessibilità di modellare il mio groove a seconda degli appuntamenti sottostanti è fondamentale. Poi sai, lo studio di queste tecniche ti da il controllo, ed il controllo è precisione...il margine di errore si riduce, impari a suonare variate interpretazioni di una quartina di sedicesimi, così quando devi suonare la quartina di sedicesimi precisa, in griglia, non puoi sbagliare, perché conosci la strada principale e tutti i sentieri secondari che la incrociano.

phil mer volonté&co
Link utili
"In Between" sul sito dell'editore Volontè&co
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