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Simone Gianlorenzi: meraviglioso bipolarismo a sei corde
Simone Gianlorenzi: meraviglioso bipolarismo a sei corde
di [user #17404] - pubblicato il

Conosco Simone da una vita. Da quando, giovinastri, si scriveva entrambi per la rivista Chitarre. Lui curava un sacco di recensioni: libri, dischi, Dvd e metodi didattici...e mi colpiva che la stessa meticolosità e passione che investiva per scrivere dell'ultimo disco di Satriani la riservasse nel recensire il debutto di qualche esordiente sconosciuto. Con la stessa cura e serietà, Simone ha costruito - supportato da un talento strumentale eccezionale - una carriera superlativa. Session man, didatta, solista, oggi Simone Gianlorenzi è una delle chitarre più versatili e dotate del panorama italiano. Ci siamo fatti raccontare l'elenco, sconfinato, di cose che fa con la chitarra al collo.

Da diversi anni, sei molto impegnato nel mondo dei musical: cosa ti ha conquistato di questa dimensione artistica e lavorativa?
Lavorare in un musical è un’esperienza unica, molto diversa dal suonare in un concerto. Nel musical ogni più insignificante pausa o nota sullo spartito è legata direttamente ad un movimento del corpo di ballo, ad una battuta degli attori, ad un movimento scenografico, all’accensione o allo spegnimento di una luce. Sono diverse squadre (musicisti, attori, performer, tecnici) che lavorano all’unisono per mandare avanti un meccanismo perfettamente incastrato al millimetro. Questa è in assoluto la cosa che più mi affascina del contesto del musical.
 
Simone Gianlorenzi: meraviglioso bipolarismo a sei corde

Un impegno corale che coinvolge un intero Team...
Esatto. Perchè in un concerto i musicisti sono gli unici performer, insieme all’artista con cui si lavora. Sei in prima linea, l’applauso è solo per le cinque o sei persone sul palco. Spesso in un concerto c’è anche un certo margine di libertà per potersi esprimere in maniera diversa, sera dopo sera. Nel musical sei parte di un ingranaggio. Il musicista non è il vero performer dello spettacolo. Ci sono prima gli attori, poi l’ensemble. I musicisti, pur facendo il lavoro più duro di tutti, non sono i principali attori dello spettacolo...
 
E l'aspetto più duro di questo duro lavoro qual è?
Serve molta attenzione e concentrazione perché nel musical nulla è al caso. Per i motivi spiegati prima, si è molto legati alla partitura che va rispettata in ogni nota e pausa e, dopo qualche decina di repliche consecutive, è molto difficile mantenere alta la soglia dell’attenzione.
Devo riconoscere di essere stato molto fortunato a lavorare sempre in musical in cui noi musicisti siamo in scena, siamo parte integrante dello spettacolo. Inoltre ho sempre avuto ruoli di primo piano che mi hanno molto impegnato ma anche onorato e gratificato...
 
Per esempio?
Suonare per oltre sessanta repliche il solo di "Bohemian Rhapsody", nella produzione olandese di WE WILL ROCK YOU, di fronte ad Anastacia oppure aprire JESUS CHRIST SUPERSTAR suonando il tema iniziale, da solo, sul palco buio, con un occhio di bue puntato sulla testa... sono esperienze che, in qualche modo, ti segnano la vita.


 
Che strumentazione hai trovato più idonea per suonare in questi contesti?
La soluzione più ovvia e pratica è andare in diretta con un sistema digitale: non c’è storia. Quando suoni in scena, su un palco dove ogni sera sono aperti trenta o quaranta microfoni, la parola d’ordine è: "non rompere le scatole"! Il palco dev’essere necessariamente il più muto possibile. 
 
Tu cosa utilizzi?
Da sempre utilizzo principalmente Helix di Line 6 ma ho optato anche per qualcosa di diverso, a seconda del tipo di suono richiesto. In WE WILL ROCK YOU, per esempio, ho usato una mini testata Vox con tecnologia nutube (MV50AC) boostata con un treble booster signature di Brian May. 
 
Simone Gianlorenzi: meraviglioso bipolarismo a sei corde

Quindi usavi una cassa microfonata?
No, anche in questo caso andavo in diretta nel mixer tramite l’uscita dedicata della testata e ho utilizzato HX stomp di Line 6 per tutta l’effettistica. Oppure,
in JESUS CHRIST SUPERSTAR - per avere un suono più seventies e adatto - ho utilizzato una testata Marshall da 20watt hand wirede pedali analogici. Ma - di nuovo - ho evitato di usare un cabinet vero.
 
E come uscivi?
Ho utilizzato l’Amp Central di Red Seven che è un lettore di IR a cui si collega una testata valvolare. Sono stato molto felice del risultato; la perfetta integrazione analogico digitale.
 
Viceversa so che sei fresco di studio di registrazione: ci parli del lavoro fatto con Paolo Vallesi? 
Il lavoro in studio è una cosa che mi ha sempre affascinato molto. In questo caso, ho avuto la fortuna di registrare quattro duetti di Paolo Vallesi con Gianni Morandi, Gigi D’Alessio, Enrico Ruggeri e Amara. Ho registrato nel mio studio e devo ammettere che, la mattina in cui mi sono arrivati i file, mi sono emozionato molto: sentire la voce di Morandi che canta “La forza della vita” e registrarci sopra le chitarre è stato davvero un bel momento.

Simone Gianlorenzi: meraviglioso bipolarismo a sei corde

Che tipo di chitarrismo serviva nei pezzi in cui sei stato coinvolto?
Tendenzialmente servivano acustiche e suoni attuali, moderni. La parola d’ordine in questi ultimi anni è, quasi sempre, Coldplay: il sound del mio cuore e che conosco bene per fortuna. 
 
Sintetizzalo in una riga...
Riverberi, delay, suoni puliti sporchi ma anche, qua e la, qualche bel distorto.
 
La didattica ha sempre avuto uno spazio importante nella tua attività...
L’insegnamento è davvero una parte del mio lavoro imprescindibile. Anche quando sono in tour o impegnato con altri lavori, continuo sempre ad insegnare, non appena riesco. 
 
Cosa ti appassiona così tanto nell’insegnamento?
Dell’insegnamento mi ha sempre affascinato la condivisione delle informazioni, il trasmettere, il tramandare l’arte del suonare la chitarra e l’esperienza maturata. Ho sempre cercato di diventare per i miei allievi l’insegnante perfetto, quello che avrei voluto per me ai tempi. Mi impegno molto per farli diventare il meglio che possono diventare.
 


So che sei di ruolo al Conservatorio di Milano...
Esatto! Ho insegnato per cinque anni al Conservatorio di Salerno e, contestualmente, tre in quello di Monopoli. Da un anno e mezzo sono a Milano e sono molto felice di questo prestigioso incarico. 
 
Per adeguarti agli standard di un contesto accademico, hai dovuto affinare alcuni aspetti del tuo programma, del tuo metodo?
Tendenzialmente ho dovuto adeguare il mio programma e il mio metodo a quello di un Conservatorio con un livello di Docenti e allievi molto alto. Oggi i Conservatori rilasciano delle Lauree a tutti gli effetti, titoli accademici con cui si possono fare i concorsi, entrare in graduatorie, insegnare. Quello che cerco di fare è di prepararli al meglio su tutti i fronti: lettura, teoria, tecnica, improvvisazione, ritmica, versatilità stilistica, chitarra acustica, chitarra classica. Insomma, di tutto di più. Sono gli insegnanti di domani, non devono avere lacune!
 
Gli scorsi anni hai pubblicato un disco solista, ABOUT HER. Quali sono gli spazi e le opportunità che hai trovato per promuovere e far ascoltare un lavoro di chitarra strumentale? 
ABOUT HER è uscito nell'ottobre 2015 e mi ha dato tanta gioia e soddisfazione pubblicarlo. È stato accolto con grande affetto e ha portato nuova linfa vitale al mio modo di rapportarmi con la musica, con il lavoro, con la chitarra. Mi ha fatto mettere in pace l’anima con me stesso e ha placato quella sensazione di dover sempre dimostrare qualcosa a qualcuno.
Ho avuto spazio su riviste di settore, blog online, fiere di settore e anche club in cui l’ho proposto live...
 
Fare un disco strumentale è un investimento nel quale continui a credere?
È uscito in un periodo storico in cui, ancora, erano in voga i CD. Oggi, onestamente, non so se sia un investimento in cui continuo a credere. Negli ultimi otto anni è cambiato tutto. Non ci sono più riviste di settore, la musica live sembra scomparsa, i CD non esistono più, esiste lo streaming… non lo so. Ho pronti tre album, devo solo fare il mix e mastering ma non trovo il coraggio di farlo...
 
Simone Gianlorenzi: meraviglioso bipolarismo a sei corde

Perchè?
Perchè fare un album - fatto bene - è un impegno economico e mentale molto grande. Serve un grande entusiasmo per supportarlo e divulgarlo al meglio. Quell’entusiasmo non ce l’ho più. Non come nel 2015. Oggi siamo schiavi di un algoritmo che, da un lato ti fa credere di essere alla portata di chiunque e, dall’altro, fa di tutto per non farti arrivare a nessuno. La cosa terribile è che questo algoritmo lo continuiamo ad alimentare noi!
Ha senso far uscire un disco che nessuno ascolterà mai? E per quel poco che verrà ascoltato, non riuscirei nemmeno a pagarci la spesa di tenerlo online sulle piattaforme di streaming. Perché di questo stiamo parlando…almeno nel mio caso. La verità è che dovrei farlo solo per me e fregarmene… staremo a vedere...
 
Se penso a Simone Gianlorenzi, penso ad un musicista perfettamente in bilico tra l'approccio più new wave del rock anni '80 (Depeche Mode, U2) e quello virtuosistico  - sempre dello stesso decennio - di Vai, Satriani, Kotzen, Gilbert...ti ci ritrovi?
Assolutamente si: sono io al 100%! La musica che scrivo esprime bene questo mondo, questo mio bipolarismo chitarristico. Una volta ho aperto un concerto di Guthrie Govan a Roma e Lui mi ha detto che, la mia musica,  è il figlio di The Edge e Joe Satriani che hanno fatto l’amore. Figo no?
 
Meraviglioso! Ma di questi due mondi (quello del rock mutuato dalla new wave e quello dello shred) qual è il meglio che pensi di avere preso?
Ho imparato da The Edge a stratificare le chitarre, arrangiarle, usare il delay e creare quei paesaggi sonori che da ragazzino mi facevano sognare. Da Brian May ho preso tutta la parte del rock più classico, il bending, il vibrato, la qualità vocale del suo modo di suonare. Da Eddie Van Halen ho preso il fuoco, la tecnica, l’esplosività, la modernità, l’essere chitarrista con la C maiuscola, la ritmica. Loro sono in assoluto i miei tre idoli...
 
Simone Gianlorenzi: meraviglioso bipolarismo a sei corde

Gli ultimi progetti nei quali sei stato coinvolto?
Ho appena lavorato a due impegni importanti. Prima il tour del Musical MAMMA MIA! che è durato da ottobre a metà febbraio. Quindi, sono stato a Napoli, per registrare sei puntate della trasmissione televisiva “Dalla Strada al palco” condotta da Nek e in onda per sei martedì di fila su Raidue, in prima serata. 
 
E adesso?
Continuerò con l’insegnamento e inizierò a dedicarmi a qualcosa di mio. Che sia un metodo, o il nuovo album....

Ci hai messo poco a ritrovare l'entusiasmo?
(Risate! NDR) ...Ho molte cose nel cassetto che dovrei fare uscire.
 
Lasciamoci con una domanda da nerd.
Devi partire per il tour della vita, 6 mesi on the road. Puoi portarti una chitarra, un amplificatore e una pedaliera con 5 pedali...spara!

Che cattiveria! Va bene, ci provo: sicuramente mi porterei una Stratocaster e un combo Fender valvolare. I cinque pedali, invece, non possono che essere il Vemuram Jan Ray, il JHS AT 1, HX stomp di Line 6, lo Strymon Timeline e il Klon Centaur.

Siamo arrivati ai saluti...
Grazie di cuore a te Gianni e a tutta la famiglia di Accordo per avermi dato questo spazio: un caro saluto a tutti i lettori di Accordo!

didattica intervista simone gianlorenzi
Link utili
Il profilo Instagram di Simone Gianlorenzi
Il sito di Simone Gianlorenzi

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