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L’AI resuscita i morti e ammazza l’arte?
L’AI resuscita i morti e ammazza l’arte?
di [user #17844] - pubblicato il

L’intelligenza artificiale riesce a far cantare brani inediti ad artisti scomparsi da tempo, ma potrebbe mettere in difficoltà i futuri musicisti. È catastrofismo o una minaccia reale?
Pittori e illustratori sono stati i primi a rizzare le antenne: le intelligenze artificiali rischiano di rimpiazzare figure che hanno lavorato sodo per costruire la propria professione fino a rubare agli uomini ciò che li rende unici, come l’arte. Un proclama simile può sembrare catastrofista, ma è sotto gli occhi di tutti come una semplice app possa oggi generare disegni, scrivere testi, persino produrre musica con risultati sempre migliori. Tutto ciò è stimolante ma, è inevitabile, si teme possa ridurre il lavoro che solo poco tempo fa si sarebbe commissionato necessariamente a persone in carne e ossa. Magari i risultati non ottimali spingono chi desidera un lavoro ben fatto a rivolgersi a un professionista, ma sarà sempre così?

Le tecnologie spaventano e affascinano ogni giorno di più.
Qualche tempo fa, la celebre ChatGPT ha progettato un Tube Screamer in versione software. Il risultato poco credibile ha fatto sorridere i più, ma è impressionante ciò che l’intelligenza artificiale è riuscita a ottenere semplicemente basandosi sulle informazioni e le descrizioni trovate in rete. Se si lavora a un’intelligenza più mirata, nata con un preciso scopo, l’esito cambia profondamente: si pensi a IK Multimedia Tonex, un ecosistema creato ad hoc per virtualizzare strumentazione reale, con una resa talvolta impressionante.

Si tratta del tipico “utilizzo virtuoso del mezzo”. Il programmatore di VST diventa un tecnico progettista di AI e a guadagnarci c’è l’utente finale. Non è lo stesso, qualcuno potrebbe obiettare, quando si tira in ballo l’arte pura e semplice. Quando si fanno quadri, si creano video, si fa cantare “Thriller” di Michael Jackson a Freddy Mercury.



Video del genere diventano sempre più diffusi sul web, esperimenti assai interessanti, per lo più davvero credibili, come quello di un Frank Sinatra che fa una cover di “Video Games” di Lana Del Rey, apparentemente con tutti i vibrati, gli intercalari e - perché no - i cliché del suo personaggio messi al posto giusto.



Qui il desiderio dei fan di continuare ad ascoltare la voce dei propri beniamini è evidente. Un po’ morboso forse, ma tutto sommato condivisibile. È ancora aperta la ferita della scomparsa di Chester Bennington, e la versione di ”My Immortal” cantata da una intelligenza artificiale con la sua voce e il suo stile potrà avere qualche sbavatura stilistica, ma fa venire i brividi.



Dinnanzi a prodotti simili si può parlare di semplice interesse scientifico, magari anche di nostalgia. Volendo malignare, si realizza che le mosse commerciali sono dietro l’angolo.
Qui si va oltre la pubblicazione di brani e album postumi, oltre l’impiego di ologrammi per trascinare gli artisti sul palco anche dopo la loro morte. Qui si vanno a creare contenuti musicali inediti sfruttando il timbro e lo stile di un musicista che non c’è più.
Viene da chiedersi se un prodotto simile abbia davvero un valore artistico, se sia onesto nei confronti dell’utilizzatore finale e, non da meno, quanto rispetti la memoria di un cantante che di certo non ha avuto modo di prestare il proprio consenso all’operazione.

Ma la tecnologia avanza veloce e c’è da giurarci che non è questo il traguardo. In un futuro non troppo lontano è facile immaginare che si arriverà a creare persino artisti che non esistono nella realtà: qualcuno, seppure molto sintetico, c’è già… ovviamente in Giappone. Ma un giorno saranno del tutto credibili all’orecchio, generati dalla fusione degli aspetti prediletti nei musicisti più grandi di sempre, oppure persino del tutto nuovi, slegati da ogni altro riferimento.
Forse, proprio come accade oggi in sistemi di dialogo come ChatGPT, basterà chiedere cordialmente a una schermata di creare una nuova canzone per vedersela bella e pronta in pochi minuti. D’altra parte ne sono già in grado da tempo con strumenti come il Compose della DAW Flow Machines.
Sta accadendo in ogni settore. Le intelligenze artificiali rischiano di rimpiazzare sceneggiatori, fotografi, disegnatori, persino intere troupe pubblicitarie, sebbene con risultati ancora acerbi se non addirittura inquietanti.



Andiamo per iperbole e immaginiamo uno step ancora più avanzato: con la profilazione degli utenti sempre più approfondita, tramite i social e qualsiasi altro sistema che oggi coinvolge le tecnologie, in teoria un’intelligenza artificiale potrà un giorno creare musica su misura per ognuno, basandosi sui suoi gusti e interessi. Un mare di musica che nessuno ha pensato né suonato davvero, tutta bellissima, che manderà in estasi chi l’ascolterà perché sarà esattamente ciò che desiderava ascoltare. Intanto i musicisti chissà in che modo si saranno adeguati, semmai lo avranno fatto.
Bello, no?
… No?
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