Ieri, mentre cucinavo il mio piatto di pasta, sudato come un facocero in amore, dopo aver corso per 6 Km sull'argine del Reno, mi metto a guardare Brasile-Korea: è stata una partita esemplificativa di come il calcio non sia più uno sport, ma un sistema economico autoreferenziale.
Il tecnico del Brasile è obbligato, dai fan, ma probabilmente in misura maggiore dagli sponsor, a far giocare Kakà, un giocatore esploso nel Milan ma che da anni arranca, afflitto da una pubalgia cronica da cui difficilmente guarirà.
Io sono milanista, e ho visto il 90% delle partite di Kakà nel Milan, che, non da qualche mese, ma da quasi tre anni è un lontano ricordo del fuoriclasse che trascinò la squadra di Ancelotti alla vittoria della Champions e dello scudetto. Verrebbe quindi da lodare, una volta tanto, la dirigenza del Milan, perchè ha piazzato un'inchiappettata imperiale al Real Madrid, vendendogli un giocatore rotto per quasi 70 milioni di euro.
Invece, assodato che i tecnici ed i medici del Real Madrid sono molto più qualificati ed esperti di me, e che quindi sapevano di star per comprare un bidone, rimane da pensare solamente a come le banche, le multinazionali, ed i media, siano in grado di pilotare la percezione della realtà della gente, vendendo un prodotto (perchè ormai i giocatori di calcio questo sono) difettoso, per ottimo.
Digressione numero 2: l'altro giocatore che ha fatto stracagare, come per tutto il campionato passato, è stato Felipe Melo, ribattezzato da alcuni miei amici juventini "Felipe Melo Succhi". Quest'anno è stato l'analogo calcistico di Cartman di South Park. Finchè il Brasile giocherà in 9 contro 11 se la potrà prendere solamente con la Korea...
Digressione 3: Ieri sera il secondo commentatore, Beppe Dossena, l'ha smenata 15 volte con la storia che il giocatore più rappresentativo della Korea ha pianto durante l'inno nazionale. Beppe, ok che i sentimenti per la patria sono sempre nobili (beh, sempre no, chiedere a Goebbels o a Pavolini, fior di patrioti...), non mi sembra il caso di sperticarsi in lodi al patriottismo verso una delle dittature più feroci del mondo, tanto che la partita, in Korea, veniva trasmessa in differita per censurare eventuali immagini "scomode". Ma forse ad un ex calciatore è chiedere troppo...
Digressione quarta ed ultima: il calcio africano è uno spettacolo multilivello: non vincono mai ma i tifosi sono sempre felici, sugli spalti i fan sono coloratissimi, festanti, e canterini, i giocatori hanno la preparazione tattica di una squadra da oratorio, ma dei fisici incredibili, per cui giocano in maniera deliziosamente fantasiosa ed anarchica, nel bene e nel male. Dovremmo (ri)imparare da loro come ci si diverte. Ah, è vero, noi abbiamo l'I-phone e i commercialisti...