Ciao a tutti cari accordiani, è il primo post che scrivo e lo scrivo per rendervi partecipi di uno scambio di idee che ho avuto ieri sera con il mio maestro di chitarra.
Si parlava di come i maestri d'oggi insegnano ai propri allievi la nobile arte di suonare la sei corde.
Su una cosa eravamo pienamente d'accordo: spesso, troppo spesso, imparare a suonare uno strumento è paragonabile al raggiungimento di una laurea.
Fin dalla prima lezione si viene sommersi da scale, accordi, rivolti, modi, diteggiature, etc...e col passare del tempo la cosa non migliora.
Lo studente pensa: "Suonerò prima o poi quello che pare a me?", "Avrò modo di applicare ciò che mi è stato insegnato?", e alle volte tutto questo è demotivante.
Quello su cui bisognerebbe concentrarsi, secondo me ,è cosa serve per andare a suonare nel "mondo vero", quali sono le basi teoriche e tecniche che danno a un chitarrista la flessibilità necessaria per suonare stili differenti, per comprendere la musica che suona, per improvvisare una jam tra amici, per esprimersi come vorrebbe, etc...
Questa riflessione mi porta a dire che non abbiamo bisogno di troppe nozioni, troppe regole, altrimenti ne rimaniamo impantanati; serve invece una solida (ma compatta) base teorica, e tanto, tanto lavoro svolto su questa piccola base.
Prendiamo ad esempio le triadi, uno dei primi argomenti che solitamente si affrontano e che vengono liquidate in poche lezioni; quanto lavoro si può fare sulle triadi?
Se ne può fare davvero tanto: si può analizzare un brano e provare a rivoltarne alcuni accordi per gustarne le differenze, si può provare a comporre diversi giri armonici creando linee di basso interessanti sfruttando i rivolti, si può provare la sovrapposizione di triadi (che porta alla creazione di armonie anche molto complesse).
Non tutte le scuole di chitarra pongono l'attenzione sull'applicazione pratica di cosa è stato insegnato, soprattutto le accademie, che sommergono lo studente con un carico davvero eccessivo di nozioni.
Non è mio obiettivo infamare le accademie di musica, anche io ne ho frequentata una, ma solo farvi riflettere su cosa abbiamo realmente necessità di sapere per essere buoni chitarristi.
Ogni tanto fermatevi, guardatevi indietro e chiedetevi quante cose avete solo studiato e non capito, o capito e non applicato.
Trovo che un modo molto interessante per esercitarsi sia la composizione, che si parli di triadi, cadenze, modi, dominanti secondarie o chicchessia, mette davvero lo studente davanti a ciò che sa e cosa non sa.
Spero di essere riuscito a trasmettervi la positività di questo messaggio, perchè non è importante finire i cinque anni o più di scuola di musica, ma entrare davvero nella musica, suonare il più possibile, viverla col cuore e non preoccuparsi troppo di cosa non si conosce ancora.