Melissa, Meli per gli amici, Mela per i più intimi giocava a volley.
Era arrivata presto ad un buon livello, ma poi s’era un po' fermata, le mancava qualcosa per sfondare.
Già, le mancava qualcosa, ma precisamente cosa?
Eppure Mela era alta, non altissima ma comunque centoottantadue centimetri senza tacchi erano un bel pass anche per la serie A, aveva un buon braccio per battere e schiacciare, a muro saltava alto e aveva polsi d’acciaio per murare anche le palle più potenti, certo, forse in difesa non era un mostro di bravura ma… insomma quello non era il suo ruolo quindi… Eppure non era soddisfatta, sapeva che poteva dare di più e andare avanti, magari in proprio serie A, gia la serie A il suo sogno. Ma non sapeva cosa precisamente le mancasse, in fondo apparentemente aveva tutto, era perfetta per il volley, eppure qualcosa non andava, lo sentiva, lo vedeva ma non capiva cosa mancasse.
Il papà di Mela, ovviamente il suo fan N°1 era un ex batterista, roba antica s’intende, lui Mario aveva suonato nei complessi anni settanta e qualcosa anche negli ottanta, poi si sa la famiglia, il lavoro, i figli… aveva dovuto smettere di suonare però…, però non aveva mai smesso di vivere la vita andando sempre a tempo. Nel lavoro, nella quotidianità Mario ex batterista era sempre andato a tempo perfetto, non aveva mai perso il ritmo e di questo ne era fiero. Mario in testa aveva un metronomo che l’aveva aiutato a superare ogni difficoltà scandendo perfettamente i tempi.
Sembrerebbe niente invece aiuta, e come se aiuta!
Una sera Mela chiese al padre:
-Papà, secondo te cosa mi manca per diventare una campionessa?
-Vedi Mela io vorrei tanto dirti niente, invece qualcosa che non va c’è. Per carità tu giochi bene, hai grinta, determinazione, fisico, testa! Ma quel che ti manca è il ritmo.
-Il ritmo? E che vuol dire?
-Vuol dire che tu in partita sei troppo tesa, sembri un ciocco di legno! Hai lo sguardo fisso, l’espressione spaventata, non ridi mai, ti arrabbi per nulla, se perdi un punto maledici il mondo intero e se invece fai punto non accenni al benchè minimo sorriso.
-E allora?
-E allora rilassati! Prova a pensare ad una canzone che ti piace e ripetila nella mente muovendoti a tempo.
-Già, e che consiglio è? Mica posso mettermi a ballare in campo! L’arbitro mi sbatterebbe fuori subito.
-Ma non devi mica ballare! Basta che muovi un piede, una mano, un braccio e mantieni il tempo, vivi la partita come un ballo, libera la mente dalle nuvole, cerca la gioia, il divertimento, la leggerezza e per fare questo c’è una cosa sola che ti può aiutare: andare a tempo. Pensa a una coppia di ballerini, volano in pista leggeri come se fossero senza peso, sembra che non facciano nessuna fatica, nessuno sforzo e sai perché?
-No.
-Perché vanno a tempo, se solo uno dei due perdesse il ritmo sarebbe una tragedia, la magia scomparirebbe e tornerebbero a essere comuni mortali in lotta con le forze di gravità. Solo mantenendo il ritmo, solo seguendo perfettamente il tempo riescono a sfiorare leggerissimi la pista coi passi di danza, è il tempo che ti permette di annullare ogni fatica, di superare ogni ostacolo anche il più alto. Quindi ricorda, se vuoi vivere leggera come una piuma, tieni il tempo e non perderlo mai.
Finale play-off di campionato, ultima partita da vincere a tutti i costi per passare in serie D, Mela era in panchina, l’allenatore l’aveva fatta giocare poco, lei aveva risposto giocando molto male, quasi tutti i suoi attacchi erano stati murati, aveva anche fatto cadere qualche palla regalando almeno tre punti alle avversarie, insomma un mezzo disastro… Sulle gradinate del palazzetto dello sport c’erano alcuni osservatori inviati da squadre di A e di B giunti fin li per scovare giovani talenti, lei lo sapeva come lo sapevano tutte le altre ragazze in campo, chissà, forse era per quello che la mente di Mela era ancora più grigia del solito, piena di nuvole nere e tempestose.
Perchè proprio quel giorno così importante, lei non riusciva a fare bene quello che avrebbe sempre voluto fare benissimo. Eppure lo sapeva che li, proprio lì in mezzo a tutte quelle ragazze lei, la Mela era l’unica da serie A, ma cazzo! Non le riusciva dimostrarlo. Ora le squadre stavano sul due a due e si andava al tie-breack, quindici punti da giocarsi in apnea. Il tie-breack è a tutti gli effetti una sottilissima raffinatissima tortura: sei stanco, i riflessi non sono più lucidi come prima, vorresti saltare ma il tuo corpo non si solleva da terra eppure non puoi sbagliare niente! Se una delle due squadre va in vantaggio di almeno tre punti, statisticamente ha vinto perché è quasi impossibile riagguantarla, e tu hai perso.
-Mela vai tocca a te!
Mela seduta in panchina con lo sguardo perso nel vuoto nemmeno sente l’allenatore che la chiama per mandarla in campo. Meno male che una compagna la sveglia con una gomitata fenomenale.
Il punteggio è otto a cinque per le avversarie, situazione disperata.
Mela si alza ed entra in campo, oltretutto le tocca stare in difesa, brutto, bruttissimo affare…
Ma a peggiorare la situazione c’è che a battere per le avversarie tocca a Wilma.
Già Wilma, una virago da centonovantacinque centimetri per ottanta chili di peso, brutta come la fame, un incrocio tra una Punk e una Kapò, fisico da lottatore, niente di femminile, l’unica a scendere in campo con un trucco pesantissimo, piena di tatuaggi e piercing, sul braccio destro ha disegnato un teschio e una saetta, e c’è un perché:
Ogni battuta di Wilma è punto certo, questa specie di fenomeno da baraccone nel braccio nasconde un vero e proprio cannone, difatti in squadra la chiamano amichevolmente: La grande Berta… Ma non finisce qui, Wilma si accorge che in difesa c’è Mela e lei la conosce, sa benissimo che in quella posizione l'avversaria zoppica un po’, ovviamente subito la punta, batterà su di lei, il mirino del cannone è tarato su Mela.
Mela per usare un eufemismo: se la sta letteralmente facendo sotto, con lo sguardo scruta le gradinate quasi a cercare aiuto da qualcuno, ha paura ma non può permettersi di regalare quel punto, non può! Ruota lo sguardo a destra e sinistra anche se non sa cosa cerca ma, improvvisamente, incrocia la figura del padre che con un braccio le fa il segno del metronomo: destra sinistra, uno due tre quattro, uno due tre quattro, uno due tre quattro… Già! Andare a tempo! E subito mentalmente incomincia a battere il tempo: un due tre quattro, un due tre quattro, un due… e così che involontariamente, inconsciamente comincia a muovere il culo a destra e sinistra. Che scena! Braccia semitese in posizione di bagher, ginocchia flesse, posizione in avanti, sguardo fisso verso l’avversario e… il culo che va a destra e sinistra, destra e sinistra, un due tre quattro, un due tre quattro, un due tre quattro... Mela sta ballando.
Le compagne, l’allenatore, il pubblico tutti se ne accorgono e non capiscono, un vago brusio si spande nel palazzetto, uno solo tra tutti i presenti sa veramente cosa sta succedendo: è papà Mario ex batterista rock anni settanta, grandissimo fan di Charlie Watts la mitica batteria dei Rolling Stones, il ritmo fattosi persona umana. E il culo di Mela va… destra sinistra, destra sinistra e più si muove più si sente leggera, più si muove meno sente la paura, più il culo va e più sente che ce la può fare, che quella specie di caricatura, quella sottospecie di cartone animato, quell’abbozzo mal riuscito di donna non passerà, quella non le farà punto! No!
Wilma però guardandola non la prende per niente bene, pensa: Ma quella sfigata vuole prendermi per i fondelli? Ma io la sfondo!!!
L’arbitro fischia, Wilma lancia la palla in alto fino a sfiorare il soffitto del palazzetto, poi si lancia in avanti, tre passi e l’impatto della mano di Wilma con la palla è terrificante, emettendo un boato spaventoso come un colpo di cannone la palla schizza velocissima addosso a Mela, lei ha solo il tempo di buttarsi in avanti col bagher, l’impatto è terribile, talmente è forte e veloce quella palla da piegarle le braccia ma è un bene perché così riesce miracolosamente ad ammortizzare il tiro che, con una parabola perfetta va verso Debby l’alzatrice la quale la vede e le urla: vai Mela è tua! E gliela alza.
Questo è il momento perfetto, l'attimo tanto atteso, pochi secondi che valgono una partita, e anche una carriera, la quintessenza del volley, il gesto atletico in cui si distingue il vero campione: la schiacciata.
Ma una schiacciata perfetta ha bisogno di un senso del ritmo prodigioso, devi avere Charlie Watts che ti pulsa nelle tempie, e in effetti, non a caso Mela è figlia di un batterista. Tre passi, un due tre, tre passi di valzer, salto e giù una martellata. Ed è così che fece Mela: tre passi, salto da sessanta centimetri, tanto da trovarsi con le spalle al disopra della rete, prodigioso! Si prodigioso perché se uno salta così alto è perché si sente leggero come una piuma, e se ti senti così leggero, leggero come una piuma è solo perché sei andato a tempo perfetto. Mela non era mai stata così in alto e un po' si stupì di se stessa, poi da lassù si sentì come sospesa a mezzaria, potè vedere per un attimo le sue avversarie disposte in campo di cui due con le braccia disperatamente distese in un improbabile muro, ma lei si sentiva come se si muovesse al rallentatore, vedeva tutto e aveva tutto il tempo per decidere dove e come mettere quella palla, le era tutto chiaro, tutto semplice, lineare, tanto che sul volto le si accese un sorriso radioso ebbe anche il tempo di pensare: grazie papà. Poi alzò il braccio portandolo più indietro possibile e colpì la palla forte come fosse un martello, veloce come un fulmine, precisa come un raggio laser e la schiacciò, si certo la schiacciò, ma direttamente in serie A.