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Che suono utilizzare negli esercizi?
Che suono utilizzare negli esercizi?
di [user #116] - pubblicato il

Esercitarsi con il nostro suono solista preferito o con gli stessi suoni che utilizziamo dal vivo può aiutare a migliorare la resa della nostra performance live, perché possiamo ottimizzare con tutta calma la regolazione degli effetti e calibrare su questi il nostro playing. Inoltre, senza dubbio, rende più divertenti e suggestive le nostre sessioni di studio. Ci sono però anche delle controindicazioni...
Facciamo alcune considerazioni.
Continuiamo le nostre riflessioni circa la scelta del suono migliore da utilizzare in fase di studio ed esercizio. La volta scorsa si era discusso circa vantaggi e svantaggi dell’utilizzo di un suono pulito, senza effetti magari solo leggermente crunch. Oggi ci muoviamo su un versante diametralmente opposto: 

Esercitarsi con lo stesso suono che si utilizzerà dal vivo.

 Lavorare in questa maniera è senz’altro molto impegnativo perché affianca allo studio tecnico e strumentale una continua attenzione al suono. Dal vivo non usiamo sempre lo stesso suono e così dovremo fare anche in fase di studio: di conseguenza servirà adeguare e ritoccare di continuo il suono in conformità a ciò che stiamo suonando e studiando. Non avrà senso, per esempio, avere attaccato il delay mentre si provano delle party di chitarra funk (le ripetizioni vanificherebbero la cura nel rispettare le pause) ma sarà perfetto per studiare delle parti solistiche. Chorus e modulazioni ci aiuteranno a rendere più intrigante lo studio degli accordi, ma potrebbero ingolfare e togliere mordente ai nostri esercizi di pennata alternata. Il vantaggio immediato di studiare in questa maniera è che aiuta il chitarrista a entrare davvero nella dimensione della performance live dove l’esecuzione strumentale è sempre indissolubilmente legata alla qualità e cura del suono. Esercitarsi in questa maniera, con un orecchio rivolto alla precisione degli esercizi e l’altro all’appropriatezza del suono, permette di ottimizzare in tempi dilatati e con la massima serenità l’utilizzo del proprio gear e di adeguarlo in maniera meticolosa alle esigenze del nostro playing. Ovviamente un tipo di studio di questo tipo, con un suono finito e processato, decisamente non sembra rivolto a chi deve affinare carenze tecniche o imparare nuovi concetti ma è destinato a chi, oramai consapevole del proprio playing, deve studiare e preparare un repertorio live: provare pezzi, canzoni, parti. O magari lavorare all’improvvisazione mettendo al centro della propria pratica timing, tocco, scelte armoniche ovvero elementi per cui la piacevolezza del suono che stiamo utilizzando può essere un incentivo a lavorare più a lungo e in maniera più ispirata. 


PRO: lavorando sempre con il nostro suono ne avremo un controllo e una consapevolezza totale. Scongiureremo quella tremenda abitudine di programmare pedaliere e multieffetto nell’angoscia più totale a pochi giorni - se non ore - dal live. Faremo diventare i nostri effetti realmente uno strumento tecnico ed espressivo in più del nostro modo di suonare. Spesso per esempio si aggiunge il delay quasi a caso, per gonfiare il suono nel live aiutandoci magari a mascherare imprecisioni. Lavorando invece ogni giorno con il delay, si potrà affinare il controllo delle ripetizioni: sentire come queste diventano uno strumento espressivo meraviglioso sui vibrati presi con la leva, i bending, gli stop improvvisi del fraseggio. Cose che sarebbe impensabile scoprire così, accidentalmente, dal vivo o nel marasma delle prove con la band al completo.

CONTRO: studiare così presuppone che in teoria dovremmo ogni volta avere tutto il nostro gear apparecchiato per ogni sessione di studio. Finche questo si limita a un combo e una pedaliera di dimensioni contenute, la cosa è ancora, ancora fattibile. Ma se iniziamo a essere i fortunati possessori di una 4x12, magari abbinata a un rack e una super testata valvolare pensare ogni volta di montare e smontare tutto, diventa improponibile. 


Si potrebbe pensare allora di esercitarsi direttamente in sala prove, ma di certo non sarà pensabile sostenere una sessione di studio - magari di un paio d’ore e nella quale si provano unicamente un paio di assolo e ritmiche – con gli stessi volumi del live. Ne va delle nostre orecchie. Così si finisce per suonare ed esercitarsi a volumi ridotti che inevitabilmente portano a sfasare equilibri di equalizzazione ed effetti precedentemente settati. Nella programmazione di effetti e eq lavorare senza la band è sempre come fare i conti senza l’oste. La soluzione potrebbe essere allora lavorare a casa, magari con un set up ridotto, magari un piccolo multieffetto che ci permette di ricreare le sonorità di cui abbiamo bisogno e che il nostro faraonico gear offre: un suonetto chorus più delay; uno con compressore e chorus, un super solista con distorsione, più flanger, più delay…il rischio, però, è viziarsi e abituarsi troppo a questi suoni casalinghi che poi non saranno mai così accomodanti e docili quando li ricreeremo in sala prove. Così con la nostra plexi, tube screamer d’annata, cabinet artigianale e il delay digitale d’ultima generazione ci troveremo, con un nodo in gola, a rimpiangere il preset Lead del nostro multi effettino da 150 euro. Da ultimo, nel suonare con gli effetti, tutto quello che si guadagna in gradevolezza di suono e divertimento nell’esecuzione, rischia di tornarci contro in pulizia e cura nell’esecuzione. Piccoli difetti di pronuncia nella pennata e nel legato - che magari abbiamo sanato con lunghe sessioni d’esercizio - diventano a fatica percepibili in un ‘esecuzione con gli effetti e possono riaffiorare e peggiorare se non tenuti sotto controllo.
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