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Bob Weir: un gregario di lusso
Bob Weir: un gregario di lusso
di [user #31206] - pubblicato il

Ben più di un semplice chitarrista ritmico, Bob Weir è da sempre braccio destro di Jerry Garcia e collante dei Grateful Dead. Ripercorriamo la sua vita dagli esordi fino agli ultimi progetti musicali.
Ricorre quest'anno il settantesimo anniversario della nascita di Jerry Garcia. L’occasione è buona per scrivere della sua spalla (mai mancante) fin dagli esordi: Bob Weir. Con lunghi anni passati fra le magic finger di Jerry Garcia e Phil Lesh e incastrato nei tempi impuri dei Rhythm Devils, credo che definirlo solamente la chitarra ritmica dei Grateful Dead suoni limitante.

Nasce a San Francisco il 16 ottobre del 1949, all’anagrafe Robert Hall Weir. Per una grave forma di dislessia viene presto espulso da scuola, dalla quale ha comunque appreso i primi rudimenti musicali (tromba e pianoforte), ma è presto affascinato dal blues e si avvicina così alla chitarra.
Il capodanno di un fatidico 1963 conosce un distratto insegnante di banjo di nome Jerry Garcia, che strimpellava in attesa dei suoi studenti, scordandosi della festività. I due fanno presto amicizia e cominciano a suonare insieme in una jug band, i Mother McCree Uptown Jug Champions, prodromi dei futuri Deads.
La svolta elettrica avviene alcuni mesi dopo a causa di una passione comune per i Beatles e la variante del rock’n’roll proveniente dall’Inghilterra. I Jug Champions abbandonano temporaneamente banjo e steel guitars per divenire Warlocks e trovare poi la loro forma elettrica definitiva in Grateful Dead agli acid test dell’amico Ken Kesey (il documento sonoro dell’epoca è Acid Test Reels, un box set di sei CD, pubblicato nel 2011, per veri deadheads!).
La sperimentazione psico-fisica dell’acido lisergico porta ad una nuova forma di musica “spaziale” declinata in lunghe improvvisazioni sonore che Garcia e la sua chitarra dominano e dirigono. Weir, dal canto suo, fa quel che può, raccoglie le briciole di polvere magica che lasciano Garcia e Lesh e le ritrasforma in brevi fraseggi ritmici, che a volte completano i riff di Garcia, creando il tappeto sonoro sul quale pulsano i tamburi di Kreutzmann. Poi Pig-Pen, all’epoca il vero leader della band (stando alle parole di Garcia), richiama tutti all’ordine per un paio di blues travolgenti e Weir può sfoggiare al meglio le proprie capacità di chitarrista ritmico e la caratteristica voce gutturale.

I Dead sono una band eclettica, che si muove fra le cromie psichedeliche di fine sixties e una viscerale passione per il folk blues ad Aoxomoxoa e Live/Dead, entrambi del 1969 che mostrano la “space band” sono contrapposti Workingman DeadAmerican Beauty (1970), dal suono più westcoast.
Questa doppia anima si fonde in un unico e inconfondibile sound Grateful Dead che li differenzia dai gruppi dell’epoca e concede loro un avvenire florido di concerti. È il live act la formula dove la band prospera, si crea una comunità che li segue in giro per l’America nei vari concerti, si chiamano deadheads e ogni live viene atteso come un evento unico tanto che c’è chi partecipa a centinaia di live set consapevole che "Dark star" o la "Space Jam" suoneranno sempre diverse.

Bob Weir: un gregario di lusso
 
E il nostro Bob?
Lo stile blues eclettico di Weir degli esordi si rafforza di anno in anno, i Dead durante le lunghe improvvisazioni sono più la band di Garcia e Lesh che meglio dominano la scena e il proprio strumento ma è lui che li guida fra un brano e l’altro e che raccoglie la vena marcatamente southern di Pig-Pen (morto nel 1970) e la trasforma in brani come: "Truckin’" o "Friend of devil".
Garcia e Robert Hunter scrivono quelli che saranno i classici della band ai quali Weir, in coppia con ex compagno di scuola John Perry Barlow (il suo paroliere di fiducia), risponde con brani più eclettici, che si faranno largo (soprattutto grazie alle lunghe tournee) nella testa dei deadheads, songs come: "Music Never Stopped" da finale di concerto, "Estimated Prophed", saltellante 7/4, o l’ottima westcoast ballad "Sugar Magnolia".

L’effetto dato dalla mescolanza delle chitarre di Garcia e Weir in continua rincorsa, dal basso in mutamento di Lesh e del fluire ritmico del double-drumming Kreutzmann–Hart crea una sorta di suono fluttuante, instabile carico di colori, armonie dense e pulsioni (come lo zampillio dell’acqua da una sorgente) poco matematico e molto espressivo che ipnotizza l’ascoltatore.
Weir è quanto di più atipico e in contrasto con in chitarrista ritmico tradizionale si possa trovare nella scena rock, suona di continuo microfrasi che si legano alle macro di Garcia per un continuum sonoro.
Ma quando devono scendere sul pianeta terra lo fanno con aggressivi blues o magiche ballad dall’esile suono tipicamente Dead.

Bob Weir: un gregario di lusso

Weir soffre per anni le attenzioni rivolte a Garcia ma riconosce anche l’indiscusso valore che gli arriva dal suonare in questa band. Il suo esordio, Ace (1972), in risposta a Garcia dello stesso anno inciso da Jerry, col passare del tempo viene considerato a tutti gli effetti un disco dei Dead, in quanto sono presenti tutti i componenti della band e le tracce contenute diverranno poi parte integrante del loro repertorio live.
La linea di demarcazione fra i Dead e Weir solista è molto sottile negli anni settanta tanto che il nostro decide, con l’inizio della decade successiva, di presentarsi con un progetto diverso.
L’occasione è offerta da una jam effettuata al NAMM come Ibanez & Tama All Stars, con musicisti del calibro di Billy Cobham, Alphonso Johnson, Bobby Cochran, che finisco in studio per Bob & the Midnites (1981). Ne seguirà un breve tour e un secondo disco Where the Beat Meets the Street (1984) con la band allargata a Jeff Baxter, Chuck Domenico e Paulinho Da Costa.
Weir firma alcuni dei brani dei Midnites e gli alterna agli impegni con i Dead e i Kingfish ensemble degli anni settanta e con il quale, alcune volte, si ripropone live nelle decadi successive.
A Weir viene assegnato il ruolo portavoce dei Dead, ruolo che Garcia gli cede stanco dei rapporti con i media, ma le droghe e gli estenuanti tour lasciano il segno e sono costretti a uno stop forzato a metà degli anni ottanta dovuto al coma diabetico di Garcia.
Il ritorno, sul finire degli anni ottanta, è accolto con un ovazione dai deadheads e una nuova serie di concerti si presenta all’orizzonte. Weir, forte delle nuove esperienze musicali, riorganizza i Dead e alleggerisce il lavoro di Garcia, decide le scalette e consapevole di un proprio ruolo compositivo inserisce alcuni suoi brani già rodati in repertorio.
Weir, da qui alla morte di Garcia avvenuta nel 1995, è chitarristicamente più dinamico e corposo e si ritaglia uno spazio maggiore fra chitarra solista e basso. Gli anni dopo il tragico evento lo vedono impegnato in quello che sa fare meglio, ovvero suonare live con band come RatDog, Further con l’amico Phil Lesh o The Dead con i vecchi compagni di viaggio.

Bob Weir: un gregario di lusso

Le compagne di molte avventure di Weir sono, nei primi anni, la Gibson ES-335 e la Gretsch Duo-Jet (che usa nelle prime incisioni dei Dead). A metà degli anni settanta comincia a inserire nel suo equipaggiamento le chitarre Ibanez modello 2681 che è utilizzata la prima volta nell’album Blues for Allah (1975). Weir ne sviluppa uno modello custom che chiamerà Fancy Cowboy” e rimane legato per alcuni anni al marchio asiatico. Una Casio MIDI Guitar compare nelle Space Jam di fine anni settanta (anche fra le mani Garcia). La scelta ricade poi sulle chitarre Modulus assieme alle Fender Telecaster che Weir utilizza spesso soprattutto in studio.
Il suono elettrico è filtrato attraverso a diversi rack (alcuni preamplificatori artigianali costruiti da Oswley “Bear” Stanley, audio engineer con i Dead fin dai primi tempi, anche se la definizione “LSD cook” forse è più azzeccata) che Weir porta in tour dal suo studio privato e ciò che ne esce è un suono basico, caldo e impuro.

Vi consiglio, oltre gli album già citati, l’ascolto di Europe ’72 (1972), Reckoning (1981), il Dead Set (1981) e, se avete molto tempo, dei Dick’s Picks (sono già più di trenta i volumi pubblicati, scegliete quelli che più vi attirano) che ripropongono i live act completi dei Dead e che documentano l’evoluzione chitarristica e sonora di Bob Weir.

Weir, invecchiato e con la barba lunga e grigia, sfoggiando un elegante frac e con la sua Modulus a tracolla, assieme agli altrettanto vecchi compagni di viaggio, suona nel 2006 per il neo eletto presidente americano Barack Obama. Una video intervista dal titolo How Barack Obama Reunited the Dead su YouTube racconta la vicenda.


Sicuramente ho tralasciato molti aspetti, sopratutto tecnici, di Weir e dei Dead, ma ripeto: molti anni di attività e la forma espressiva dilatata scelta dai Grateful Dead è difficile da riassumere a parole. Se volete allargare la conoscenza del Nostro, potete utilizzare come sempre il web a questo o quest'altro indirizzo, le lunghe interviste (anche video) rilasciate da Weir e gli altri componenti della band e la bibliografia che, sui Grateful Dead, è abbastanza nutrita.
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