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Traynor YCS 50 Custom Special
Traynor YCS 50 Custom Special
di [user #35588] - pubblicato il

Grazie alla canadese Traynor, il clean americano è a portata di mano e i crunch british sono a uno switch di distanza. Il pannello dell'YCS 50 dà pieno controllo su quello che è un all-tube versatile ma dal carattere forte.
Grazie alla canadese Traynor, il clean americano è a portata di mano e i crunch british sono a uno switch di distanza. Il pannello dell'YCS 50 dà pieno controllo su quello che è un all-tube versatile ma dal carattere forte.

Conclusa la felice esperienza con un Fender Hot Rod Deluxe III che ho salutato e ringraziato da poco più di un mese, mi sono lanciato alla ricerca dell’amplificatore su misura, quello che mi rispecchia, ovvero il meno peggio che puoi trovare con i pochi soldi che hai a disposizione.
Una vera e propria avventura fatta di riduzione drastica delle spese non necessarie, nottate passate a guardare prove su YouTube o a leggere recensioni, commenti e schede tecniche sui siti specializzati e, infine, un pizzico di brivido per il rischio di aver preso un abbaglio colossale. Una avventura finita bene, per fortuna.

Premessa doverosa: ho acquistato il Fender Hot Rod III circa un anno fa, spinto dalla pressione per una serie di imminenti date estive all’aperto (in quel momento possedevo solamente una testata Blackstar da 1W), e dalla poca voglia di affrontare l’incertezza di un acquisto a distanza. Sapevo benissimo che non si trattava esattamente dell’amplificatore più adatto alle mie esigenze, ma si trovava a pochi chilometri da casa mia, il prezzo rientrava nelle mie possibilità (circa 700), il nome e i luoghi comuni erano dalla sua parte, unite a recensioni tutto sommato positive per le poche migliorie apportate e soprattutto l’aspetto rivendibilità. Ma non è questo l’amplifcatore che mi trovo a recensire, quindi eviterò di dilungarmi su particolari di questi mesi passati insieme al magia-pedali di casa Fender. Lo userò piuttosto come termine di paragone insieme ad altre due o tre cosette per rendere più largamente digeribili le parole che mi appresto a spendere a proposito del nuovo arrivato.

Traynor YCS 50 Custom Special

Il Traynor YCS 50 è un amplificatore valvolare (all-tube) costruito interamente in Canada che eroga la potenza di 50W in classe AB e 15W in classe A, con due canali più boost completamente separati, inclusi i controlli del riverbero Accutronics e del livello di EFX loop in uscita.

Monta tre valvole 12AX7A nel pre, una coppia di 5881 nel finale (supporta il passaggio a una coppia di EL34) e un cono Celestion Vintage 30.

Sul pannello frontale sono presenti inoltre:
- standby switch con LED
- channel switch (clean/dirt)
- controllo master volume
- boost switch (attivabile solo sul canale distorto)
- controllo del livello di boost
- tre diversi voice switch per il canale clean (Bright, USA/Brit, Expander)
- due voice switch per il canale distorto (Modern, Scoop)
- un voice switch generale che attiva alternativamente i controlli Presence e Resonance.

Sul Pannello posteriore sono presenti:
power (acc/speng)
amp mode (15W/50W)
uscita bilanciata D.I. Dyna-Sound speaker emulator
EFX (send/return)
EFX send level
preamp out / amp In
ingresso footswitch per selezionare riverbero e EFX loop
ingresso footswitch per selzionare canale e boost (incluso)
uscita speaker esterno (4ohm/8ohm)

Traynor YCS 50 Custom Special


Nonostante l’evidente complessità del pannello frontale possa far pensare a un amplificatore di stampo moderno votato alla versatilità (il classico tutto e niente), l’YCS 50 appartiene in realtà a una serie di versioni speciali basate sulla produzione Traynor di carattere vintage, nel caso specifico si fa riferimento all’ottimo YCV 40.
Mantenendo quindi intatte le sonorità calde e profonde di partenza, tipicamente USA, l’YCS 50 permette al chitarrista di apportare una serie piccole ma determinanti modifiche che garantiscono un livello ulteriore di personalizzazione della resa sonora e della compatibilità con il setup entro il quale l’amplificatore va a inserirsi.

L’impressione che si ha a prima vista è quella di un oggetto solido e ben piazzato, gli ingombri in larghezza e profondità (64 - 27 cm) sono nello standard della categoria mentre, probabilmente anche a causa della doppia linea di potenziometri, tende a espandersi molto in altezza (55cm), caratteristica che unita alla scelta cromatica contribuisce a donargli un tipico look da modernariato radiotelevisivo tutt’altro che anonimo e abbastanza gradevole. Di profilo è ben visibile la leggera inclinazione del cabinet, per dirigere il suono dal basso verso l’alto. A dispetto delle dimensioni generose, il peso si attesta sui 22 kg e, complice una ottima distribuzione dei pesi, il trasporto risulta agevole. La prima volta che l’ho sollevato mi è sembrato addirittura più leggero dell’Hot Rod.

Gli strumenti usati per la recensione sono:
PRS SE CUSTOM 24 (Seymour Duncan SHPR 1 P-rails manico/ Seymour Duncan JB ponte)
Fender Mexico Standard Stratocaster (Seymour Duncan Hot Rails ponte)
Rothwell Hellbender - Overdrive
RNGg (D.i.Y) – (Booster Germanio)
Multi Rat (D.I.Y) (gentilmente prestato)
Metal Muff Top Boost (gentilmente prestato)

Traynor YCS 50 Custom Special

Channel 2 (clean)
Con tutti gli switch in posizione OFF, si avverte subito l’alta qualità della sezione clean. Il modello di riferimento, senza girarci troppo intorno, è ovviamente Fender, caldo e profondo, leggermente bassoso, ma in questa configurazione risulta completamente privo dell’arroganza e della spazialità tipiche dell’Hot Rod. Il risultato è un suono molto dolce e naturale, leggermente chiuso e fin troppo perfettino. Selezionando l’humbucker al ponte sembra quasi di suonare una chitarra acustica.
La riserva di headroom è veramente alta anche grazie alle molteplici opzioni di modulabilità offerte dalla combinazione Gain canale più Volume Canale più Master Volume.
Questo settaggio è ottimo come insetticida per i distorsori tendenti al suono zanzaroso (lavoro che svolge egregiamente anche l’Hot Rod). Il Metal Muff, con gain a metà, ha una resa molto credibile e wet acquista quasi un sapore vintage.

Tasto Expander ON
Questa è la modalità che più mi ricorda l’Hot Rod, è un po’ come il tasto Surround nei vecchi Hi-Fi. Il volume si abbassa leggermente mentre la spazialità aumenta a dismisura e con essa il livello di "umanità" del suono. L’armonia generale diventa molto più invadente, il suono si scalda e acquista ulteriore profondità, evidenziando le note alte e basse, si torna a sentire distintamente il fruscio delle dita sulle corde e tutti gli altri rumorini che ci piacciono tanto. Inutile dire che con la Stratocaster è una goduria.

Tasto Bright ON
Qui finiscono le similitudini con caro vecchio Hot Rod. Questa modalità, a differenza di quanto succedeva sul Fender, cambia sensibilmente faccia al suono, la presenza di frequenze alte cresce drasticamente e il volume cresce leggermente aumentando la penetrazione sonora e la definizione. Ottimo per dare spicco alle sonorità scure di base.

Tasto USA/Brit – Brit ON
Questa modalità posiziona la sezione gain del canale davanti alla sezione equalizzazione. Questo fa aumentare moderatamente la saturazione mentre il volume rimane invariato. Sinceramente non so quanto l’effetto possa essere realmente british, ma di certo risulta molto utile in più di una situazione: a bassi livelli di gain questo tasto svolge una funzione simile al Bright dell’Hot Rod, schiarendo e incattivendo leggermente il suono, mentre ad alti livelli di gain si può usare come dolce overdrive per le parti che richiedono un pizzico dirt.
Gli overdrive di qualità ci vanno a nozze, l’Hellbender ti arriva letteralmente in faccia conservando tutta la profondità, mentre con il booster in posizione Full Boost si ha un vero e proprio clean lead corposo.

Channel 1 (dirt)
Sin dal primo colpo di plettro, si avverte distintamente la chiara ispirazione british del comparto drive. Mi rendo conto che un termine di paragone è necessario in questo caso e vista la difficoltà e il margine di errore troppo alto nel tornare con la memoria delle orecchie ai tempi in cui possedevo una magnifica mini testata Blackstar. Mi appellerò all’unico riferimento attendibile attualmente in mio possesso:
il Rothwell Hellbender è un overdrive boutique multistadio, da molti considerato come una delle migliori simulazioni analogiche del sound distorto Marshall, particolarmente vicino (dicono) alla JTM 45. Ho effettuato una prova confrontandoli in parallelo e ho trovato molte similitudini tra le due sonorità, con alcune differenze date soprattutto da motivi di carattere ambientale.
La prima differenza che salta subito all’orecchio riguarda le frequenze alte di base, che nel Traynor sono molto più alte (va tenuto in considerazione che il clean molto profondo dell’amplificatore conferisce al all’Hellbender un ulteriore smorzamento sugli alti), questa differenza può essere tranquillamente appianata con un po’ di lavoro sulle manopole Treble e Presence.
L’Hellbender sembra inoltre avere maggiore pastosità e presenza nelle frequenze basse, (sempre aiutato dalla profondità del clean), per fortuna gli ingegneri Traynor hanno pensato anche a questo, con un voice switch di cui parlerò poco più avanti.
Un’altra differenza sta nella la riserva di gain disponibile, sensibilmente più alta nel Traynor. Da notare come questa sia completamente sfruttabile da 0 a 10 senza mai imballarsi o comprimersi e soprattutto senza mai perdere le proprie caratteristiche di base.

Tasto Modern ON

A dispetto del nome, questa lieve ma utilissima modifica di voicing non apporta nessun cambiamento al carattere di base del drive, men che meno in direzione di sonorità tipicamente moderne. La sua funzione è solo quella di aggiungere un moderato quantitativo di low end, ovvero frequenze basse, talmente moderato e discreto da non dover essere considerato un Bass Boost e soprattutto senza aggiungere alcun tipo di compressione. Il suono rimane aperto, acquistando più profondità.

Tasto Scoop ON
Potrebbe sembrare inutile l’aggiunta di uno switch di compressione che potrebbe avere la sola funzione di minare il carattere essenzialmente classico dell’ampli. In realtà l’ho trovato comodo a livelli di gain molto bassi, dove con un piccolo tuning dell’equalizzazione può risultare molto utile per tenere bene uniti i pezzi del suono che naturalmente tende a disgregarsi leggermente.

Tasto Boost ON e relativo controllo
Come tutti gli altri controlli presenti nel pannello del YCS 50, anche questo ha il pregio di essere estremamente modulabile. Sotto la soglia del 50% non c’è aumento di volume percepibile, solo un arricchimento graduale in favore della definizione che rende il suono un po’ più "appuntito". Superata la metà, l’aumento di volume comincia a farsi sentire, lo sbalzo non è mai eccessivo neanche al massimo, mentre la saturazione aumenta sensibilmente, conservando la definizione, ma senza diventare mai gracchiante.

Riverbero
Lavora ottimamente ed è facilmente gestibile, può anche raggiungere una discreta lunghezza, mi sembra un po’ meno ampio e metallico di quello presente nell’Hot Rod (che mi piaceva moltissimo), ma non sono un intenditore. Comodissimo il fatto di poterlo dosare diversamente per i due canali, soprattutto per chi come me non ne abusa.

Tasto Presence/Resonance e relativi controlli
Il controllo Presence fa il suo dovere, non ho trovato sostanziali differenze rispetto ad altri ampli che mi è capitato di provare, qualche parola in più merita la modalità Resonance, che ho ribattezzato "modalità Surf": il suo funzionamento è a metà fra Treble Boost e compressore, liberando (con il giusto livello di riverbero) le sonorità tipiche di quel genere musicale. La manopola controlla solo il livello di compressione, mentre il livello di boost sulle frequenze alte rimane sostanzialmente invariato. Molto efficace, consente di cambiare radicalmente equalizzazione con click.


Il Traynor YCS 50 riesce nell’intento di unire una ottima interpretazione di genuino american clean con un canale distorto credibile e soddisfacente. Molti altri brand hanno già raggiunto questo traguardo, ma nessuno per un prezzo così accessibile (pagato 699 euro).
È un amplificatore con un proprio carattere ben definito e fondamentalmente classic. La grande versatilità offerta è auto-limitata alla rifinitura di un sound di base che rimane coerente e riconoscibile anche con il settaggio più estremo. Nonostante la grande quantità di gain a disposizione, non ne varranno mai fuori suoni moderni da metalcore, se non utilizzando aiuti esterni.
La parentela con i cugini più famosi si sente, ma non è gemello di nessuno. Come ho già detto, è un’altra interpretazione con un’anima propria e riconoscibile, chi cerca un Fender o un Rivera non speri di trovare nell’YCS 50 un loro clone.
Non ha difetti gravi o castranti, se non quello di non possedere un nome altisonante, cosa che soprattutto dalle nostre parti ne pregiudicherà fortemente la rivendibilità, svantaggio che però viene più che adeguatamente compensato da una compatibilità praticamente illimitata con qualsiasi pezzo di pedalanza. Un valido antidoto alla noia che, come ben sappiamo, inevitabilmente prima o poi sopraggiunge.
50 custom special amplificatori premio accordo-gibson 2013 traynor ycs
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