Che direzione sta prendendo la musica? In particolare, qual è il futuro della chitarra? William Stravato, uno dei maggiori esponenti del chitarrismo moderno in Italia, può dare un contributo per venire a capo della questione.
Chi siamo? Da dove veniamo? Dove stiamo andando? Sono domande che ogni uomo si è posto almeno una volta e alle quali ha tentato di dare una risposta.
Ma cosa succede se spostiamo il punto focale di queste domande nello specifico del chitarrista? Avendo scelto proprio questo come percorso di vita e lavoro, mi sono chiesto cosa è stata la figura del chitarrista nel passato, cosa ha rappresentato e soprattutto in quale direzione si sta muovendo ora. E in questo periodo di crisi generale, dove neanche la musica ha subìto sconti, mi sono rivolto a uno dei maggiori esponenti del chitarrismo italiano, William Stravato, in cerca di risposte che hanno dato vita poi a quest’articolo, sperando di schiarire un po’ la mente non solo a me ma anche a tutte le altre persone che ne possono avere bisogno.
Chi è per te il chitarrista oggi?
W.S.: Il chitarrista moderno è diverso rispetto a quello di un tempo, deve essere necessariamente più aperto, stilisticamente parlando. Non ci sono più le differenze che distinguevano nettamente un chitarrista rock/blues da uno jazz a uno country o addirittura punk.
Secondo te è un fatto negativo o positivo?
W.S.: Direi entrambi. Purtroppo oggi stiamo assistendo a quella che è una vera e propria globalizzazione musicale sempre più in vasta scala. Questo è dovuto sicuramente all’esplosione delle potenzialità del web. Tutto ciò che accade oggi, se non accade sul web, sembra non avere importanza e questa è una cosa terribile. D’altra parte, però, questa diffusione così allargata ha fatto sì che qualsiasi persona, o chitarrista in questo caso, possa accedere a una quantità enorme di informazioni e tutto anche in brevissimo tempo.
Dobbiamo quindi considerarci più fortunati dei nostri colleghi del passato?
W.S.: Né sì, né no. Apparentemente sembra che si imparino più cose ma molto spesso a questi nuovi e giovani chitarristi manca la parte relativa all’esperienza e alla dinamica di gruppo cosicché, se contestualizzati in una ensemble di musicisti, scompaiono totalmente.
Cosa deve fare quindi un chitarrista moderno che vuole intraprendere una carriera musicale?
W.S.: Imparare più stili possibili, sapersi destreggiare in diverse situazioni. E questo riguarda non solo il punto di vista tecnico/stilistico, ma anche quello della strumentazione, come amplificatori, chitarre etc. Ma attenzione! Purtroppo non basta solo questo. Molto spesso mi è capitato di vedere bravi chitarristi che sanno fare un po’ di tutto ma che mancano di carattere. È importante intraprendere una specializzazione in qualche settore.
Secondo te, verso quale direzione sta andando la figura del chitarrista?
W.S.: Il chitarrismo in generale è arrivato a livelli tecnici molto elevati. Ovviamente dipende dai generi suonati, ma ormai la chitarra non ha più il ruolo emblematico che occupava negli anni ’70 e ’80. Specialmente nel pop sta occupando un ruolo via via sempre più marginale.
Molto spesso sento dire che ormai nella musica sia stato già detto e fatto tutto. Soprattutto la chitarra sembra essere in una sorta di impasse dal quale è difficile uscire. Come può uno strumento così giovane, se paragonato per esempio a un pianoforte, avere già detto tutto quello che c’era da dire? Qual è la via da seguire?
W.S.: Il progresso non è che non sia stato fatto. Come ho già detto a livello tecnico sono stati raggiunti livelli altissimi. Vero è, però, che tutte le basi sono state già gettate e molto è stato già detto. Ma in ogni piccolo settore e in ogni genere ciò che comunque è arrivato a noi si può sviluppare ulteriormente e personalizzare, per esempio, dal punto di vista timbrico e dal punto di vista dell’esecuzione, inter-scambiare tecniche appartenenti ad altri generi in modo da creare nuovi ibridi. Fondamentalmente bisogna sperimentare. Per esempio tecniche come fingerpicking o hybridpicking, che da sempre vengono accostate a generi come il progressive blues o il country, potrebbero trovare spazio nel jazz. E infatti, guarda caso, oggi molti chitarristi lo stanno facendo.
Ecco, io penso che la via da seguire per raggiungere il progresso possa essere questa.
Dopo aver salutato e ringraziato William per il tempo che mi ha concesso, mi sono immerso nella riflessione, analizzando le sue parole e il loro significato. La costante che attraversa ogni epoca è di sicuro la sperimentazione, la ricerca continua di qualcosa di innovativo mai tentato prima. Perché sono le idee a vincere. Chissà quando, un giorno, qualcuno tirerà fuori un’idea tanto geniale quanto semplice e tutti esclameremo: “Come ho fatto a non pensarci prima?”. La certezza è comunque che le cose sono ormai cambiate. L’inarrestabile ascesa del web apre nuovi orizzonti ma ne chiude inevitabilmente degli altri. Dobbiamo essere bravi a sfruttarne le potenzialità senza rimanerci intrappolati. Così come dobbiamo essere altrettanto bravi e intraprendenti a cercare nuove soluzioni e terreni inesplorati, avere il coraggio di osare e guardare oltre ciò che è stato.
“Se volete diventare dei grandi chitarristi ed essere come me, non dovete far altro che considerarmi cosa vecchia e guardare oltre Steve Vai”.
E se a dirlo è proprio lui, uno dei chitarristi più idolatrati di sempre dopo Jimi Hendrix e Eddie Van Halen, c’è da starne certi.
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