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L'inaugurazione del Centro Culturale Giuseppe Verdi di Segrate è stata l'occasione per vedere una serie di strumenti da sogno e non mi riferisco a violini e oboe, ma a Fender, Gretsch, Rickenbacker, Hofner, Gibson e altra paccottiglia più in linea con la musica a cui siamo avvezzi noi accordiani messi a disposizione da Alberto Venturini. Li potete ammirare nella gallery inclusa. |
L'inaugurazione del Centro Culturale Giuseppe Verdi di Segrate è stata l'occasione per vedere una serie di strumenti da sogno e non mi riferisco a violini e oboe, ma a Fender, Gretsch, Hofner, Gibson e altra paccottiglia più in linea con la musica a cui siamo avvezzi noi accordiani. Ancora una volta, tutto nasce dalla generosità di Alberto Venturini, vecchia conoscenza di chi frequenta , uno dei più noti e importanti al mondo che ha messo a disposizione i suoi oggetti di sogno, che potete ammirare nella gallery acclusa all'articolo.
La collezione di Alberto è centrata sull'epoca d'oro del rock and roll e del beat, quel decennio magico che va dalla fine degli anni '50 alla fine degli anni '60. Su questo tema la collezione comprende strumenti di indubbio valore intrinseco (principalmente le chitarre americane e in bassi Hofner) e altri di enorme interesse storico. Tra queste ultime le chitarre e i bassi Vox usati dai gruppi anglosassoni (per esempio Stones e Yardbirds), ma anche da alcuni dei più noti complessi beat italiani, Equipe 84 e New Dada, come le visionarie Eko a freccia dei Rokes.
Le chitarre e gli amplificatori visti a Segrate costituiscono una panoramica straordinaria, in grado di affascinare anche chi non è un libidinoso dello strumento come noi. Si vedevano padri che erano giovani con i Beatles e i Rokes raccontare la loro passione a figli interessati e curiosi, persi nelle forme sinuose delle chitarre nate in anni di creatività mai più eguagliata.
C'è poco altro da dire, parlano le immagini della gallery allegata all'articolo. Quando si tratta di dare una mano alla cultura della nostra musica, Alberto Venturini è sempre in prima linea. Un grazie a nome di tutti è d'obbligo. |