di paoloanessi [user #32554] - pubblicato il 09 gennaio 2014 ore 14:30
Con Far as I can see, Matt Schofield dedica un tributo ai grandi nomi del blues, proponendo un prodotto legato alla tradizione ma fresco allo stesso tempo, ideale per gli amanti del genere quanto per chi ci si sta ancora avvicinando.
Con Far as I can see, Matt Schofield dedica un tributo ai grandi nomi del blues, proponendo un prodotto legato alla tradizione ma fresco allo stesso tempo, ideale per gli amanti del genere quanto per chi ci si sta ancora avvicinando.
Nell'arte si dice: tutto si evolve, niente o poco in realtà si crea dal nulla. Bene, Matt Schofield raccoglie appieno l'eredità di Robben Ford, il sound di Detroit, ma si rifà anche alla scena del Chicago blues e, non da meno, Buddy Guy scorre nelle sue vene influenzandone lo stile. Rispettoso della tradizione blues urbana, non disdegna ma anzi rafforza incursioni jazz snocciolando assolo ficcanti, cantabili e mai ripetitivi.
Annoverato nella scena inglese tra i primi dieci chitarristi di sempre, insieme a giganti come Clapton o Peter Green, Matt Schofield è anche autore e produttore della propria musica. Dotato di grande tecnica, precisa ma sempre al servizio delle song, strapazza la sua Stratocaster sporcando solo dove serve per aggiungere patos e verve agli undici brani che compongono Far as I can see. Vocalmente dotato, dal timbro ruffiano e leggermente nasale, non stanca anche dopo diversi ascolti grazie all'alto grado musicale, premesso l'interesse al genere.
L'album scorre veloce, aprendo con una mid tempo. "From Far Away" è diretta, forte e muscolare, si scivola poi nella calda "Clean Break" per tornare ad aprire in velocità, forza e dinamica con "Getaway". Da segnalare la decima traccia, un piccolo cameo tributo rock and roll ai magnifici anni '50/'60, patria natale del genere, che sprizza energia da ogni nota dell'arrangiamento. Non da meno l'ultima traccia, con un magnifico suono di Stratocaster. Sbucano gli echi di Hendrix, quasi volerlo salutare attraverso la bellissima "Red Dragon".
Brano dopo brano ci troviamo di fronte a un disco classico che incredibilmente non suona vecchio, visto il genere, ma semplicemente rispettoso della tradizione assorbita in anni di palchi live e infinite jam. Far as I can see avvolge e appassiona come i veri dischi blues sanno fare. Imperdibile per gli amanti del genere, consigliatissimo a chi poco conosce, per cominciare da un gigante dei nostri tempi votato a entrare nella leggenda del blues.