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Cos'è il boutique? Lo spiega CostaLab
Cos'è il boutique? Lo spiega CostaLab
di [user #17844] - pubblicato il

Come si distingue un vero pedale boutique da un qualunque prodotto fatto a mano? I costi per averne uno sono davvero giustificati? Abbiamo chiesto questo e altro a Costantino Amici di CostaLab, creatore di alcuni tra i pedali boutique made in Italy più apprezzati dagli Accordiani.
Come si distingue un vero pedale boutique da un qualunque prodotto fatto a mano? I costi per averne uno sono davvero giustificati? Abbiamo chiesto questo e altro a Costantino Amici di CostaLab, creatore di alcuni tra i pedali boutique made in Italy più apprezzati dagli Accordiani.

Quando si parla di prodotti boutique, un certo alone mistico si forma intorno a pedali e amplificatori. Dietro quel look a volte rustico e quei cartellini dalle cifre importanti, alcuni ci vedono il proprio personale graal del suono, altri degli ottimi strumenti per le tasche di pochi, altri ancora una semplice moda.
Qui su Accordo, qualcuno paragonava la crescente curiosità verso il boutique a quella per il vintage, con dispositivi che devono suonare meglio solo perché bollati come tali, senza motivazioni chiare.

Con le informazioni che internet mette a disposizione, al giorno d'oggi è facile sedersi dall'altra parte del saldatore e realizzare dei circuiti suonanti, e diventa sempre più difficile distinguere il vero boutique dai semplici prodotti artigianali con qualità pari se non inferiori a un qualunque altro pedale in commercio per poche decine di euro.
Qualora gli elettronici improvvisati non bastassero, le recenti rivelazioni sulla genuinità degli effetti Vertex hanno contribuito smantellare il "mito del boutique", infliggendo un duro colpo anche alla credibilità di molti professionisti del settore che, con fatica e passione, offrono il loro contributo al competitivo mercato dell'amplificazione ed effettistica per chitarra.

Tra questi, CostaLab rappresenta senz'altro uno dei marchi italiani più affermati e apprezzati dal pubblico.
Incuriositi dai recenti accadimenti (vedi la storia del Vertex Axis Wah a questo link) e dai confronti che ogni volta scaldano i commenti degli articoli su Accordo riguardo il made in Italy, abbiamo fatto due chiacchiere con Costantino Amici di CostaLab per sbirciare più da vicino il lavoro del progettista di effetti artigianali.

Costantino sarà anche a SHG Milano 2014 il prossimo 9 novembre insieme ad altri esponenti del miglior made in Italy in campo musicale. Se avete altre curiosità su ciò che batte sotto i loro chassis, quella sarà l'occasione ideale per porre i vostri quesiti direttamente ai professionisti.

Una volta per tutte: che cos'è un prodotto boutique?

La mia personale interpretazione è questa: direi che un prodotto è boutique quando esso deriva da criteri di progettazione, tecnica costruttiva e scelta dei materiali migliore rispetto a un prodotto industriale. La progettazione di un prodotto boutique richiede una buona dose di personalità, di originalità sonora (passatemi il termine) che discosta in meglio un prodotto così definito da un prodotto costruito serialmente e a basso costo.

Come faccio a distinguere un prodotto di fine artigianato da un semplice clone fatto in casa?
Direi non certo solo dai componenti installati. Siamo ormai invasi da prodotti che, nelle spiegazioni del costruttore, hanno riportato tra le prime voci descrittive "realizzato con componenti di qualità". Questo è certamente un elemento importante (uno switch scadente per esempio è e resta tale, in un prodotto di livello non deve esserci), ma non è il solo né il più determinante.
Mi spiego meglio: potrebbe capitare di aprire un prodotto boutique costosissimo e trovare, tra gli altri, un semplice condensatore ceramico (tra i più economici in commercio). Si potrebbe pensare di essere stati presi un po' in giro per la presenza di questo componente non "di lusso". Molto più semplicemente, il costruttore potrebbe aver riscontrato che in quel determinato punto del circuito quel tipo di condensatore, non di livello come gli altri, produce totalmente quello che aveva intenzione di realizzare, meglio di altri.
Altri elementi da notare sono la tecnica costruttiva e la qualità dell’assemblaggio generale.
Indipendentemente dal tipo di tecnologia utilizzata (circuito stampato professionale, circuito stampato fatto a mano, terminal strip, scheda mille fori o anche componenti "appesi" tra un potenziometro e l’altro) l’aspetto del prodotto la dice lunga sul tempo impiegato per mettere insieme tutte le parti. In quest'ottica va notata la qualità delle saldature (che possono essere più o meno lucenti), l’ordine del cablaggio, la pulizia interna (assenza di macchie di prodotti di vario genere, schizzi di solder ecc.) e l’ordine "architettonico" dei componenti istallati all’interno. Tutti elementi che richiedono ore di impegno e molta competenza e perizia. Quello che purtroppo non si può vedere, ma che in prodotto di livello normalmente c’è, è un collaudo attento e minuzioso, che permette all’utilizzatore finale di avere un assemblato che difficilmente avrà problemi nel tempo.

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Nel tuo lavoro, quanto è importante sapersi rinnovare e quanto essere fedeli ai suoni della tradizione?
Sono un estimatore delle timbriche legate alla musica del passato. La tradizione mi attira moltissimo, semplicemente perché fa parte della musica con cui sono cresciuto. Sono però molto attratto anche dall’innovazione e ne subisco il fascino. Spesso compero per me gli ultimi ritrovati della tecnologia chitarristica, semplicemente per capire a cosa sono riusciti ad arrivare i grandissimi progettisti delle aziende più conosciute al mondo.
Mi stupisco della loro bravura e provo una invidia positiva nei loro confronti.
Dentro di me questi due elementi coesistono e mi hanno fatto fare delle scelte che partono senza dubbio dalla tradizione, ma contengono il tentativo di darne una interpretazione anzitutto personale e più moderna.

Quale pedale ti ha impegnato più tempo per la progettazione e quale meno? Di quanto tempo parliamo?
Sono rimasto per circa quattro mesi a lavorare intorno al Custom Muff.
In rete ci sono migliaia di schemi elettrici di questo pedale che vanno dalle versioni ufficiali Electro-Harmonix fino alle più disparate interpretazioni di semplici appassionati di elettronica.
Io, all’epoca forse con un pizzico di presunzione, volevo fare una versione che fosse mia in qualche modo. Ho lavorato a braccetto con un amico chitarrista professionista che si è portato il prototipo in diversi concerti, dandomi ogni volta al suo ritorno impressioni e suggerimenti molto importanti che io usavo per apportare dei cambiamenti.
Un giorno venne e mi disse che, secondo lui, potevamo smettere di cercare. Io ero dello stesso parere e chiusi la sperimentazione.
Il pedale più semplice di tutti è stato il mio Booster, che è stato anche il primo della serie che produco. Il circuito è quasi banale, la sua configurazione si trova sui libri di scuola (nel mio ovviamente c’è qualche piccolo accorgimento in più). Il mio lavoro in quel caso, fu più che altro di selezione, cioè cercare la "ricetta" giusta di transistor e condensatori per fare il suono che avevo in mente.
Penso di aver impiegato in tutto circa un mese di tempo.

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Quando si parla di prodotti artigianali, alcuni criticano il divario tra il prezzo del pedale e il costo dei materiali. Tra prototipi, tasse e costi accessori vari, quanto ti viene a costare produrre professionalmente un pedale che contiene, per esempio, 20 euro di componenti elettronici?
Per quel che mi riguarda, dato che faccio tutto a mano da solo (tolti i circuiti stampati che faccio realizzare professionalmente) a me costa tantissimo.
Penso di aver già spiegato un po' il perché rispondendo alle domande precedenti.
Parlando di collaudi, per esempio, io applico una procedura lunga, forse un po' maniacale, ma che mi permette di consegnare i prodotti e dormire sonni tranquilli perché difficilmente potrà capitare un problema per mia responsabilità. Questo ovviamente ha il suo costo.
Lo stesso vale per la fase sperimentativa che, come detto, richiede tempo e un discreto spreco di materiali.
Mentre un artigiano costruisce un solo pedale, in una fabbrica se ne assemblano a decine nello stesso tempo.
Tolti i materiali e tutti i costi a cui ti riferisci, il resto del prezzo finale è determinato fortemente dai tempi di realizzazione.

Diversi produttori di pedali di qualità vantano l'uso di componenti a bassissima tolleranza. Ciò vuol dire necessariamente che un pedale è migliore? È possibile che un pedale economico mi piaccia di più perché, a parità di progetto, abbia componenti dai valori leggermente diversi e quindi un suono differente?
In parte ho già risposto a questa domanda. Io non credo che un pedale con i migliori componenti del mondo (fatto di per sé già relativo perché bisognerebbe stabilire migliore rispetto a cosa) suoni necessariamente meglio di uno con componenti più economici. Mettere per esempio un condensatore in mica argentata sul controllo di tono può avere un senso, ma non è certo una necessità. Il mica argentata si usava sui controlli di tono degli amplificatori valvolari per via delle tensioni di lavoro che riusciva a sopportare. Metterlo oggi su un pedale potrebbe essere più che altro una scelta di gusto e di "amalgama" col resto del circuito. Questo però non esclude che si potrebbero trovare strade diverse "accontentandosi" di un componente meno raffinato.

In molti presentano interpretazioni personali di progetti classici, spiegando ogni volta di aver aggiunto qualcosa di speciale, ma non sempre si chiarisce di che si tratta. Cosa cambieresti in un fuzz stile vintage e in un overdrive stile Tubescreamer per giustificare l'acquisto del tuo pedale piuttosto che dell'originale?
Personalmente, nel Fuzz (e qui intendo un circuito tipo Fuzz Face e simili) mi piacerebbe
poter implementare la dinamica in modo che sempre il pedale, abbassando il volume della cchitarra, si comporti come un amplificatore tirato al massimo volume.
Sembra una cosa banale, ma nelle decine e decine di riproduzioni, questa caratteristica che giudico personalmente primaria spesso viene a mancare.
Molti di questi circuiti suonano infatti un po' "duri" già alla massima saturazione. Abbassando il volume dello strumento, si chiudono e diventano insuonabili. Ho avuto la fortuna di provare qualche rara eccezione con grande piacere. Purtroppo questa è una caratteristica che difficilmente si può garantire serialmente, per una serie di problematiche tecniche.
Proprio per questa ragione mi piacerebbe poterci riuscire.
Riguardo al TS9, gli toglierei quel velo che ha e che lo rende sì un pedale che buca il mix, ma un po' confuso a volte (almeno in certe versioni). Una maggiore trasparenza gli darebbe una migliore intelligibilità delle note.

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Soprattutto quando si parla di artigianato, il true-bypass è tra i sistemi più usati. È una scelta di qualità e trasparenza o di semplice praticità, in quanto si risparmia l'aggiunta di un buffer? Com'è, secondo te, il tipo di bypass ideale per un pedale di qualità?
All’inizio della mia carriera lavorativa ero convinto che il TBP meccanico fosse il sistema più giusto.
Come detto, vengo da una formazione classica rispetto ai suoni. Nelle ere passate, la presenza di due o tre pedali a terra era già considerata una cosa eccezionale.
Andando avanti e crescendo inevitabilmente la complessità delle catene di effetti, mi sono reso conto che il TBP perdeva seriamente colpi. Lentamente e per piccoli passi ho rivisto la mia posizione, convincendomi che la presenza dei buffer, in sistemi di effetti complessi, è secondo me necessaria.

Se io domani volessi cominciare a costruire i miei pedali, che consigli o avvertimenti mi daresti?
Ti direi di imparare l'elettronica anzitutto, possibilmente in modo costruttivo. Penso che sia davvero poco utile imparare mille formule e teoremi se non si è capito davvero a cosa servono.
C’e un pezzo di Ivan Graziani che si intitola "Pigro". Il teso inizia dicendo "Tu sai citare i classici a memoria, ma non distingui il ramo da una foglia". Capito il senso?
Poi ti direi di usare il tuo gusto. Si parlava prima del TS9, c’è chi lo adora e chi lo odia. Ti direi di cercare prima di tutto di costruire quello che piace a te, quello che suona giusto nelle tue orecchie.
Ti direi di imparare più che puoi con gli occhi, guardando attentamente tutto ciò che ti capita a portata di mano.
Cerca di capire le tecniche costruttive, quelle di cablaggio, impara a saldare in modo accettabile, a utilizzare gli utensili in modo appropriato e senza farti male, a saper distinguere una vite Phillips da una Pozidriv, il passo metrico dal passo whitworth.
Ti direi di usare tanta umiltà nei confronti del lavoro altrui, perché anche da un pessimo prodotto si riesce a imparare qualcosa se lo si guarda con la prospettiva giusta.
Cerca sempre e comunque di divertirti imparando.

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costalab effetti e processori interviste shg milano 2014
Link utili
La verità sul Vertex Axis Wah
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