di dadoneri [user #37987] - pubblicato il 07 gennaio 2015 ore 13:00
Basso. In questa lezione parliamo di groove e cercheremo di pensare come batteristi. Prima ancora di preoccuparci delle note, ci concentreremo sul disegno ritmico di quello che suoniamo. L'obiettivo sarà avere chiaro in testa - come stampato su uno spartito - quello che dobbiamo suonare. Solo a quel punto metteremo le mani sul basso.
Oggi affrontiamo la costruzione di un groove dal punto di vista strettamente ritmico.
Per rendere interessante e funzionale una ritmica dobbiamo sempre ragionare anche un po’ da batteristi; non basta pensare solo ed esclusivamente alle note che suoneremo ma è necessario concentrasi anche sul ritmo che intendiamo dare al nostro groove. Bisogna cercare di far sì che il ritmo scelto sia sempre intelligibile e chiaro all’ascoltatore. Questo non significa che la figura ritmica deve essere sempre e per forza molto semplice: può trattarsi anche di un’idea ritmica molto complessa ma questo non deve pregiudicare la sua chiarezza e definizione.
Nel primo groove ci serviamo delle ghost notes per creare una ritmica intensa e incalzante. Il sistema è lo stesso che usano i batteristi sul rullante per rendere più interessante un loro portamento. Come potete vedere, usare le ghost ci permette di non suonare strettamente su l'uno della battuta. Dopo due ghost, la prima nota suonata arriverà sul levare e per la precisione sul terzo sedicesimo creando, in questo modo, una figura ritmica particolare.
Bassisti come Jaco Pastorius, Tony Levin e Pino Palladino hanno creato delle basslines memorabili utilizzando questo concetto.
Una raccomandazione tecnica. Praticate le ghost anche a bpm molto bassi per acquisire il loro classico suono, lo stoppato. Questo deve essere perfettamente bilanciato con il suono normale del fingerstyle altrimenti, il rischio è di creare figure non ben definite e intellegibili che vanificano il senso del groove che si sarebbe voluto creare.
Per essere sicuri di creare una ritmica solida e davvero efficace con la batteria, dobbiamo sempre avere estremamente chiaro tutto quello che suoniamo, come se fosse scritto su uno spartito.
Può sembrare ovvio ma nella realtà spesso questa attenzione è trascurata. Certo, finché ci limitiamo a suonare degli ottavi o dei sedicesimi sempre uguali (tipo giri in loop) il problema non si pone. Ma non appena variamo per rendere ancora più interessante la nostra parte, e ci spingiamo verso soluzioni ritmiche più complesse… ecco che arrivano i disastri!
Nel prossimo esempio, un'altra idea per rendere più scorrevole una bassline. Sposteremo gli accenti ogni tre sedicesimi invece che ogni quattro, come da inizio battuta. Per agevolarci, sullo spartito ho evidenziato in rosso gli accenti principali. Sarà più facile seguire la pulsazione che si sposta ogni tre sedicesimi.
Questo espediente ritmico, permette di creare un groove meno statico e ovvio per l’ascoltatore. E’ necessario però stare concentrati sul fatto che sulla quarta battuta, invece, l’accento torna a cadere proprio sul primo colpo; perciò il mio micro fill deve essere suonato su quattro sedicesimi e non su tre.
Se poi si volesse rendere il fill di due battute, basterebbe calcolare bene dove far cadere gli accenti delle battute precedenti, così da non trovarsi spaesati mentre lo si sta suonando.
Tutto questo per farvi capire che ogni figurazione ritmica che suoniamo va, prima di ogni cosa pensata, capita e interiorizzata in testa e sullo spartito; e, solo a quel punto, provata e riprovata sul basso.
Questa è la pratica e la palestra necessaria perché - quando vi troverete a creare dei groove estemporanei - siate in grado di continuare a suonare senza fermarvi ogni volta che infilate un’idea ritmica diversa rispetto a quella portante.
Practice, practice, practice!
Le chitarre nei video sono suonate da Gianni Rojatti.