di Pietro Paolo Falco [user #17844] - pubblicato il 09 aprile 2015 ore 08:00
Dopo vent'anni negli Adels, Twang Kitchen è il primo album solista di Diego Geraci. Mai nome fu più azzeccato per un insieme di rockabilly old school, inciso a suon di twang tra il boogie e lo swing, e nato... in una cucina!
Dopo vent'anni negli Adels, Twang Kitchen è il primo album solista di Diego Geraci. Mai nome fu più azzeccato per un insieme di rockabilly old school, inciso a suon di twang tra il boogie e lo swing, e nato... in una cucina!
Twang Kitchen è il primo disco da solista di Diego Geraci, alias Don Diego. Dopo vent'anni di militanza negli Adels, il chitarrista siciliano ha sentito il bisogno di proporre un progetto che lo coinvolgesse in prima persona. Il risultato è un mix esplosivo per qualunque appassionato di Telecaster, bassi alternati e, manco a dirlo, twang a profusione.
Quando si schiaccia il tasto play, quella che arriva dalle casse è una voce radiofonica che sembra introdurre una trasmissione immaginaria di musica "da camionisti", come spiega lo speaker. Ciò che segue sarà poi una collezione di undici inediti capaci di attraversare ogni tendenza del rockabilly e dello swing più quattro cover di classici del genere, che Diego illustra così: "Ho scelto quattro pezzi di alcuni miei idoli indiscussi, ossia "Red Hot Mama" di Ronnie Dawson (il texano che nel modo migliore ha mischiato rockabilly con blues), Hank Williams (un gigante della musica country che ha influenzato milioni di artisti, del quale ho coverizzato "Your cheatin' heart" in maniera totalmente acustica e solitaria, ispirandomi alla tecnica di Merle Travis per l'esecuzione e alla versione di Ray Charles per l'arrangiamento armonico del brano), Johnny Horton, con la sua "Honky tonk mind" (un altro mostro sacro della musica americana, assolutamente credibile sia quando faceva rockabilly sia quando eseguiva il suo honky tonk country) e Red Foley (artista poco conosciuto in Italia, ma amatissimo in America specie per quel suo stile a cavallo tra western swing e country tradizionale) ripreso nella sua "Chattanooga shoe shine boy", brano che è stato un must per noi dal vivo nell'estate 2014, che ho provato a registrare ed eseguire in maniera totalmente fedele al pezzo originale."
Il disco è stato completamente registrato a casa, per la precisione in cucina, spiega Diego, e il titolo non avrebbe potuto essere più azzeccato. In seguito è stato accolto da Rydell's Records e affidato al mastering dello studio francese SAVI. Fin da subito è caratterizzato da una forte componente live, a partire dal sound naturale e a momenti sporco della band fino all'assenza quasi totale di sovraincisioni, con una gradevole sensazione di "buona la prima". D'altra parte è chiaro che i musicisti sanno il fatto loro, e ciò che viene trasmesso è un insieme goduto e "sentito", dove più che di sbavature si può parlare di genuinità del prodotto.
Il Don Diego Trio è completato da Sandro Pittari alla batteria (e agli... schiaffi sulla pancia in "Chattanoogie shoe shine boy") e Luca Chiappara al contrabbasso. Si accodano anche ospiti speciali, come la voce femminile di Micky Paiano (ex Bambole Di Pezza e NoRelax) sulla rovente "El Mamba" e quella di Patrizia Capizzi sulla divertente escursione ai limiti del gipsy jazz di "I Hate You".
Mentre le dodici misure girano, il disco tocca tutte le sfumature del rock n' roll, country e rockabilly, ora con toni più gravi e a tratti marpioni, ora più allegri e scanzonati, purché ci sia twang ovunque, che sia di un passaggio di Telecaster, slide guitar o chitarra acustica. Il fraseggio di Diego è perfettamente immerso in quell'universo, privo di esperimenti stilistici all'avanguardia che potrebbero apparire fuori tema, ma tuttavia mai noioso. Come insegnano i maestri del genere, la chitarra saltella di pentatonica senza perdere un colpo e lasciando scorrere i brani con leggerezza, accompagnando il cantato in un ottimo equilibrio e senza mai sovrastarlo né rischiare di finire in quell'autocelebrazione tanto rischiosa quando si ha a che fare con il primo lavoro solista di un chitarrista. Gli anni trascorsi a far divertire le folle col suo rockabilly hanno permesso a Diego di arrivare già maturo al suo primo album, e non possiamo far altro che augurarci di sentirlo presto di nuovo all'opera, senza promettere stravolgimenti ai canoni stabiliti ormai mezzo secolo fa, ma con tanta buona chitarra per le nostre orecchie e per quel piede che non potrà smette di battere il tempo per 45 minuti buoni di tracklist.