Miti e leggende sono sempre qualcosa di estremamente avvincente, sia dal punto di vista del narratore che da quello dell'ascoltatore. Le atmosfere tipiche, le situazioni e i personaggi non fanno che incrementarne il fascino, infittendo il dubbio e rendendo il racconto ancor più esaltante. E allora, facendo appello ad una buona dose di fantasia, trasferiamoci nell'America dei primi del '900, addentriamoci quanto più possibile nelle tradizioni Voodoo dei neri-americani e condiamo il tutto con ciò che era il folklore importato direttamente dal cuore dell'Africa, cercando di tenere ben saldo in mente il pensiero delle crude e doloranti note del blues delle origini. Tutti conosciamo la storia degli schiavi afroamericani e probabilmente non ci sono dubbi nemmeno sulle origini dei loro canti, che ovviamente utilizzavano per esorcizzare la sofferenza provata durante quel lavoro massacrante al quale venivano costretti dai diavoli bianchi. E' abbastanza scontato ribadire quanto sia impossibile trapiantare un popolo in un altro continente senza che quello stesso popolo porti con se il proprio retaggio culturale. Così avvenne, e tutto ciò su cui potevano contare era proprio una religione fatta di rituali ancestrali, talvolta violenti e sanguinosi. Ancora oggi, nel visitare le zone del delta del Mississippi è possibile trovare dei tuguri costruiti dagli schiavi stessi in modo da potercisi rifugiare, e all'interno dei quali non mancavano di espletare quei determinati riti. Dunque quel loro retaggio religioso è senz'altro racchiuso nella vera essenza del blues, tramutatasi in qualcosa di meno definibile e certamente pregno di influenze cattoliche imposte dai proprietari terrieri. Di fatto la sensazione fu quella di non riuscire a controllare ancora a lungo quella popolazione, e quindi di dover mettere al bando l'unica cosa che ancora possedevano: il Voodoo. Così, dopo aver imposto una religione diversa, supponendo e ottenendo di fatto un controllo maggiore, anche la musica tipica ne risentì, e ne abbiamo la prova con i canti gospel, non c'è dubbio. In ogni caso quel retaggio, miscelato alla musica blues, creò una grandissima leggenda, impersonata nell'immagine di un solo uomo: Robert Johnson. L'antefatto vuole che una delle tante tradizioni afroamericane fosse stata quella di apporre offerte e richiami al dio Legba intorno ai crocevia, i classici incroci formati da quattro strade che si incontrano. In questo modo l'incrocio, il crossroad, prende un'importanza chiave all'interno di quella particolare visione, che lo considera come metafora del grande cambiamento, della grande scelta. L'unico problema è, per quanto fosse importante questo posto in quanto punto di contatto tra gli uomini e gli dei, quel tipo di società non conosceva un alter ego negativo del dio Legba, quindi, fatta di necessità virtù, iniziarono a credere nell'unico Dio della religione cattolica utilizzando i propri dei come demoni, e Legba come immagine del Demonio stesso. In questo modo il crossroad divenne l'unico posto dove incontrare il Diavolo, a mezzanotte in punto. Di Robert Johnson si racconta di quanto fosse incapace nel suonare la chitarra, partendo da armonicista, molti dei suoi amici e colleghi musicisti tentarono di dissuaderlo da quell'idea. Ma lui tutto d'un tratto sparì, e nessuno seppe più nulla per almeno un anno. Si racconta poi che una sera si fece rivedere un paesino vicino Robinsonville, proprio durante il concerto di due dei suoi amici che provarono a dissuaderlo nel seguire la carriera di chitarrista. Egli si fece notare e chiese di potersi esibire al loro posto, i due gli lasciarono lo stage schernendolo, certi della figura rovinosa che avrebbe fatto. Invece Johnson suonò in una maniera meravigliosa, quasi impossibile per il tempo, utilizzando la tecnica del fingerstyle. Suonava blues e lo faceva in maniera egregia. Ricordo di aver letto tempo fa, nella trascrizione di un'intervista, che Keith Richards non riusciva a credere fosse un solo chitarrista a suonare quando ascoltò per la prima volta un'incisione di Johnson. In ogni caso, tornando alla storia, dopo quell'avvenimento tutto il paese iniziò a mormorare sul come egli avesse raggiunto quel livello, e l'unica motivazione presa per buona fu quella del patto col Diavolo. In realtà questo chiacchiericcio veniva prontamente alimentato dal chitarrista stesso, che fece in modo di aumentare l'alone di mistero che lo circondava in maniera esponenziale. In uno dei suoi brani più famosi, Crossroad Blues, parlava appunto di questo crocevia, e raccontava qualcosa di strano che gli era successo in questo posto misterioso, lasciando intendere riferimenti abbastanza espliciti alla storia del patto col Diavolo. In questo modo egli non faceva altro che amplificare questo mistero, quasi confermando ciò che la gente diceva. Si creò quindi questa voce secondo la quale bastava recarsi presso questo crocevia, con la propria chitarra e attendere la mezzanotte. A quel punto un uomo enorme, il Diavolo in persona, si sarebbe manifestato e avrebbe suonato qualcosa con quella stessa chitarra, decretando la proprietà dell'anima di colui che chiedeva fama e successo. Questo è quello che probabilmente fece lo stesso Robert Johnson, che di fatto, in gran parte della discografia giunta a noi, composta da un totale di 29 brani, parla ripetutamente di questo avvenimento e del Diavolo. In Me and the Devil Blues, diviene evidente che per tutto ciò che ha ottenuto ci sia poi un prezzo da pagare, nel suo caso la propria vita. Infatti nel brano parla proprio del momento in cui il Demonio verrà a reclamare il suo compenso. Sta di fatto che Robert Johnson morì alla prematura età di 27 anni, in circostanze tutt'ora sconosciute, inaugurando una lista che nel corso della storia ha integrato svariati nomi di musicisti, per così dire, maledetti, da Jimi Hendrix a Amy Winehouse. I brani di Robert Johnson sono tutt'ora una miniera d'oro per qualsiasi musicista e, soprattutto chitarrista. Registrati nel giro di due anni in una, o meglio, due semplici camere d'albergo in Texas, racchiudono l'origine di una tecnica, quella del fingerstyle, che negli anni ha visto un'evoluzione magistrale. Nessuno dei più grandi musicisti al mondo ha mai denigrato il lavoro, seppur quantitativamente misero, di Johnson. Eric Clapton ne ha fatto un tributo incidendo gran parte di quei brani allo stesso modo, ovvero in acustico all'interno di una stanza d'albergo, per non parlare dell'interpretazione magistrale della stessa Crossroad Blues nel periodo con i Cream. Ma è possibile citare tanti altri, la lista sarebbe enorme, da Hendrix ai Rolling Stones, dai Led Zeppelin ai Red Hot Chili Peppers. Ma la parte più bella e interessante di tutta questa storia è che il dubbio su chi fosse Robert Johnson e in che modo riuscì a creare quel suo stile e quel suo virtuosismo in così poco tempo, resterà solo un mistero, anche se forse meno grande del dove sia situato esattamente quel crocevia. Carlo Romano Grillandini |