Oggi si tende a una visione molto romantica della Golden Age della chitarra, in realtà anche allora il volano che muove tutto è Sua Maestà il Dollaro e a lui si devono tante innovazioni - buone e cattive - di quegli anni. Per capire le ragioni che nel 1960 portano Leo Fender a progettare e poi a mettere in produzione uno strumento radicalmente diverso da Telecaster e Stratocaster - e parecchio diverso anche dalla cugina Jazzmaster - bisogna calarsi in quel periodo storico. Assodato che la chitarra elettrica non è una moda passeggera come pensavano alcuni, ma è destinata a durare nel tempo e influire pesantemente sulla musica, la competizione tra i grandi produttori per conquistare quote di mercato si fa serrata. Bisogna buttar fuori modelli sempre nuovi e vistosi.
Gibson - tradizionalmente legata alle chitarre con cassa armonica - decide che la sua Les Paul è obsoleta e mette in cantiere la SG, una chitarra radicale, che nonostante la defezione di Les Paul dopo pochi mesi dal lancio ottiene un buon successo, anche grazie alla nutrita serie di varianti, dalla ricca Custom alla Junior minimalista. Fender arranca: Telecaster e Stratocaster sono ben consolidate nel mercato, ma nel 1961 compiono rispettivamente 10 e 7 anni e appaiono "vecchie" rispetto alla SG. La Jazzmaster - nata nel 1958 come top di gamma per catturare i jazzisti dotati di arch-top Gibson che costano il triplo di una Stratocaster - non sfonda e non sfonderà.
Chiuso nel suo antro di Fullerton, distaccato dal mondo reale dei musicisti, pressato dai commerciali, Leo persegue caparbiamente visioni la cui traiettoria si allontana sempre di più da quella imboccata dai musicisti. Dal corpo offset della Jazzmaster estrae , ponendosi al vertice della gamma. Bella non è, soprattutto se paragonata alla perfezione di Telecaster e Stratocaster, con quelle piastre cromate a contenere ben otto tra switch e manopole. Ha circuiti separati per lead e rhythm, schermature attorno ai pickup, floating tremolo e scala da 24" con 22 tasti. Nonostante le chiare differenze, è evidente che Leo non trascina più come nel 1950, ma insegue Gibson. La chitarra è destinata alla musica surf, che all'epoca dilaga, ma il primo commento di Dick Dale frena gli entusiasmi: "l'unica vera chitarra surf è la Stratocaster!". In realtà altri musicisti sono meno negativi, ma certo a Fullerton ci si aspettava ben altro.
Come per la Jazzmaster il punto più debole è il floating tremolo, in cui la lunghezza delle corde dietro il ponte e l'angolo di incidenza aperto uccidono il sustain. C'è anche uno "string-mute" di gomma, a far inorridire i musicisti esperti, e un pickup con poca personalità, sempre sconfitto sia dalla brillantezza dei classici single coil Fender, sia dagli humbucker della concorrenza. Ovviamente la potenza commerciale di Fender riesce comunque a portare le vendite a livelli accettabili, ma certo la Jaguar non diventa il modello trainante che ci si aspettava.
La prima incarnazione, con vari upgrade (binding alla tastiera, segnatasti a blocco, colori custom e perfino un'opzione - davvero brutta - con maple neck e tasti neri a blocco), dura fino al 1975, anno in cui esce dal catalogo in silenzio. Come a volte accade, il successo arriva poco dopo, quando la Jaguar viene scoperta dai generi emergenti, punk e new wave, i cui artisti cercano look nuovi e rifiutano con sdegno i costosi strumenti mainstream. La Jaguar è una chitarra top di gamma, fatta bene, a cui il tempo regala il fascino che le mancava all'inizio. E quei pezzi di corde tra attaccacorde e sellette, suo peccato originale, diventano uno strumento nello strumento, percossi e pizzicati producono i suoni acidi cercati dagli artisti indie.
La consacrazione avviene grazie a Kurt Cobain, i prezzi delle vecchie Jaguar salgono e la rinata Fender post-CBS di Bill Schultz la rimette in produzione in Giappone a partire dal 1986. Il corpo è in basswood e le piastre in acciaio, anziché cromate. Seguiranno varie versioni, tra cui ovviamente la replica della chitarra modificata di Cobain e poi la Jag-Stang.
Nel 1999 torna una Jaguar americana nella serie Vintage Reissue. La componentistica è in linea con la versione originale, la vernice alla nitro e le parti cromate. Seguiranno infinite varianti, pesantemente modificate nell'estetica e nell'elettronica, sia Fender sia Squier, prodotte in tutte le fabbriche e collocate in tutte le fasce di prezzo. Tra tutte, volendo comprare una Jaguar, da segnalare la splendida "50th Anniversary" del 2012, che alcune modifiche poco appariscenti - ma importanti - rendono più efficiente dell'originale. Manico in acero a C con tastiera di raggio 9,5" in palissandro, tasti jumbo, segnatasti a blocco mother-of-toilet-seat (pearloid).
Quel che più conta è la modifica dell'angolo del manico, che unitamente a un piccolo spostamento del ponte e a una variazione dell'incidenza delle corde sulla selletta migliora il sustain ed elimina il fastidioso spostamento delle corde nelle pennate più vigorose. A trovarne una vale la pena di farci un pensiero. |