di Pietro Paolo Falco [user #17844] - pubblicato il 26 novembre 2015 ore 11:00
Non avranno il fascino vintage delle barrette di ottone su una Telecaster d'epoca, ma le sellette GraphTech String Saver assicurano un upgrade consistente per più di una necessità. Ecco perché le ho montate su una Squier Cabronita e cosa è cambiato nel suono.
Sono un fervente sostenitore delle chitarre economiche. Per quanto la liuteria sia una cosa seria e uno strumento valido richieda investimenti importanti, una chitarra da pochi euro può rappresentare uno sfizio, può aprire gli orizzonti verso una tipologia che altrimenti non si prenderebbe in considerazione e può fare da banco di lavoro per la fame di customizzazioni e miglioramenti fai-da-te. In fondo, si dice che il primo aspetto da ricercare in una chitarra sia la stabilità dell'insieme e solo dopo bisogni pensare al suono, che si può correggere in mille modi. A volte, però, componenti economiche non garantiscono a lungo termine le performance che sembravano poter promettere in prima battuta.
Da diverso tempo una Squier Telecaster Cabronita è entrata a far parte del mio parco chitarre. Incuriosito dall'accozzaglia di Bigsby e Fidelitron, l'ho acquistata alla cieca preventivando diversi upgrade fin dall'inizio, per lo più stilistici. Tuttavia, esattamente come una vecchia automobile dietro la quale non si smette mai di spendere in riparazioni, la Cabronita ha cominciato a rivelare una debolezza nelle sellette del ponte. Sono di tipo Jazzmaster, non proprio le più comuni sul mercato e, dopo essersi arrugginite quel tanto che basta per essere definite vecchiotte, hanno cominciato a causare fastidiose vibrazioni nelle viti di regolazione, a perdere il setup di conseguenza (le viti tremano, la selletta si abbassa, l'action si incasina e l'ottava si stona) e ad annaspare con la tenuta d'accordatura. Era arrivato il momento di sostituirle. Negli anni ho messo le mani su hardware di ogni genere, ma non ho mai avuto una chitarra con ponti sintetici tipo GraphTech. Dopo una ricerca durata alcuni mesi, lo scorso SHG ho acquistato un set di sellette GraphTech String Saver allo stand Music Gallery.
GraphTech produce sellette in un materiale sintetico proprietario che promette maggior vita per le corde, più sustain, suono equilibrato, miglior tenuta d'accordatura. Le String Saver esistono sia in versione Original, interamente nel materiale omonimo, sia nella versione Classic, con sellette in acciaio e solo un inserto in materiale String Saver dove la corda appoggia. Per esigenze di catalogo e per godere a pieno delle caratteristiche del materiale, ho optato per le Original, nere e dall'aspetto plasticoso, un vero pugno in un occhio specie se montate su uno strumento di estrazione vintage. Ma in fondo lì ci va poggiato il palmo e, se l'occhio vuole la sua parte, l'orecchio ha la precedenza.
La mia prima necessità era di avere una selletta solida. Quasi qualunque sostituto sul mercato avrebbe fatto al caso mio e le GraphTech non sono da meno. Un altro punto a cui tenevo era la buona tenuta d'accordatura. Sellette roller sarebbero state la scelta più ovvia, ma questo 500% di "scivolosità" in più pubblicizzato dalle String Saver rispetto al già ottimo coefficiente del Tusq era troppo appetitoso per non provare.
Le sellette sono trattate con una sostanza indicata come PTFE, un lubrificante permanente che riduce l'attrito della corda permettendole di scorrere più liberamente durante l'accordatura, i bending e l'uso della leva, riducendo gli stress e quindi i rischi di rottura. Sul sito ufficiale si leggono dati tecnici piuttosto precisi a riguardo: per rompere una corda con una selletta String Saver servono 7093,5 plettrate, contro le 3458,25 dell'ottone e le sole 1086,75 dell'acciaio. Non sono uno che rompe spesso le corde né mi convince l'idea che esista un numero X di plettrate dopo le quali la corda inevitabilmente fa "pop", ma minore attrito vuol dire anche che la corda non si incaglia contro la selletta e quindi non rischia di produrre quel "cling!" a ogni bending o uso più intensivo della leva che vuol dire solo una cosa: era incagliata e ora è scivolata un po' più in là tutta d'un botto, quindi devi fermarti, accordare di nuovo e stretcharla per evitare che lo rifaccia a breve. Anche su questo aspetto, GraphTech non delude. Finora gli unici rumori molesti sono arrivati dagli string-tree, prontamente bypassati in attesa di valutare se rivolgersi allo stesso produttore per un pit stop.
Uno dei punti su cui GraphTech insiste spesso è la particolare resa timbrica dei suoi materiali. A differenza del metallo, le sellette String Saver non causerebbero un picco poco piacevole intorno ai 2KHz che sarebbe invece tipico dell'acciaio. In effetti, se si analizza il segnale e lo si confronta con uno equivalente registrato prima della sostituzione (un accordo di Sol nell'esempio), si nota un risultato più ricco, più aperto sulle acute oltre i 2KHz e meglio distribuito sulle varie frequenze, compresa quella esatta gamma che prima forse era un po' più in evidenza e che rappresentava il tetto massimo di armoniche emesse dall'accordo. Con un confronto A/B la differenza è evidente, mentre si tratta di poca roba se non si può rapportare il suono ottenuto con quello originale, e i cambiamenti risultano comunque entro i limiti di gestione di un comune equalizzatore.
Le frequenze intorno ai 2KHz sono quelle che rendono un po' più nasale il suono di una chitarra. Ora in effetti la Cabronita ha un suono meno "honky", più aperto sugli acuti e con bassi più dettagliati, dove prima sembravano un po' gommosi (di certo le corde lisce non aiutano a restituire bassi definiti e metallici). Il risultato potrebbe fare la felicità degli amanti dei timbri più moderni, mentre devo ammettere che quella voce un po' "telefonica" delle vecchie sellette di metallaccio non mi dispiaceva affatto. Il tutto è salito di livello senza dubbio, il segnale prodotto è semplicemente più completo, forse è suggestione ma anche il sustain sembra migliorato e la vibrazione più poderosa. Tuttavia non mi sorprenderei se dovessi sentire il desiderio di lavorare di EQ durante una post produzione per recuperare il lo-fi perduto. Di certo però non mi mancheranno i "rattle rattle" delle viti che ballonzolano o i "cling" delle corde che scattano dopo un colpo di leva, né mi mancheranno le filettature delle vecchie sellette, ora che ho i miei bei solchi profondi e sicuri, dai quali sono tranquillo che nessuna corda salterà via neanche dopo una plettrata più violenta, di quelle che inesorabilmente ti avvicinano alla fatidica settemilanovantatreesima e mezzo.