I mesi passano ma il web continua a discutere. Quelle chitarre sono sulla bocca di tutti ancora un anno più tardi, quando .
Stavolta tornano tutti i modelli originali, con qualche immancabile chicca inedita ma anche con tutti i canoni di casa Gibson di nuovo al proprio posto. Tornano le meccaniche vintage, gli intarsi acrilici, il manico dello spessore originale e il capotasto plastico, nello specifico in TekToid.
A ben vedere le particolarità della linea 2015 non spariscono, ma diventano ora un'opzione, parte di una nuova fascia denominata HP: High Performance. A tutte le innovazioni introdotte l'anno scorso, questa aggiunge anche tacchi del manico smussati. Non mancano particolari di pregio come jack con contatti dorati e intarsi in vera madreperla. Anche la custodia è diversa: per i modelli che ne prevedono una rigida, alla classica nera si affianca una valigia metallizzata.
Chi desiderasse una Gibson "come la facevano una volta" può ora rivolgersi alla fresca battezzata linea Traditional, da non confondere con il modello Traditional, che non sparisce dal catalogo e si divide - come gli altri - in Traditional T (Traditional... Traditional) e Traditional HP (Traditional High Performance). Curioso.
Comunque sia, i fanatici del vintage hanno di nuovo le loro chitarre storicamente corrette e gli innovatori possono ancora scegliere uno strumento "diverso". Tutti sono contenti.
Se si analizza ciò che è successo, però, viene da chiedersi alcune cose. Innanzitutto, se Gibson abbia cambiato idea in corso d'opera, se si sia accorta di aver fatto un passo falso analizzando eventuali dati di vendita o se abbia solo voluto ascoltare le richieste dei propri fan più accaniti.
Conclusa la stagione 2015, una cosa è sicura: certi chitarristi che mai avrebbero imbracciato una Les Paul vecchio stampo hanno imparato, nel corso dell'anno, a conoscere un universo differente fatto di innovazioni audaci unite a suoni storici. Così un nuovo pubblico volge lo sguardo verso Gibson, forse per la prima volta. Ancora, viene da chiedersi se non fosse questo lo scopo degli alfieri del mogano-acero: aprirsi a nuovi mercati, a costo di sacrificare un bacino d'utenza già consolidato nei decenni.
Una politica del genere potrebbe apparire rischiosa, avrebbe potuto allontanare più musicisti di quanti non ne avrebbe conquistati. Ma anche qui si può fare una considerazione.
Alcuni anni fa, Paul Reed Smith è stato a Napoli per presentare nuovi modelli al pubblico.
Durante l'incontro avvenuto in un noto negozio del posto, qualcuno chiese a Paul perché la tanto amata Custom 22 fosse sparita dal catalogo. Senza scomporsi, il liutaio del Maryland ammise che le vendite erano calate e quindi era stata ritirata, ma non era una scelta definitiva: l'obiettivo era renderla di nuovo desiderabile proprio a causa della sua assenza dai listini per poi reintrodurla qualche anno più avanti. "Così va il mercato, domanda e offerta, e se la domanda scarseggia la crei" spiegava col massimo candore. Così è stato e la Custom 22 è tornata con una nutrita lista di varianti e reinterpretazioni più o meno classiche, tutte capaci di incuriosire gli amanti del marchio PRS.
Con l'interruzione della linea tradizionale per un anno, Gibson potrebbe aver spronato - volontariamente o meno - il desiderio di portarsi a casa una chitarra come quelle fatte in passato, mentre con la presentazione di strumenti del tutto diversi avrebbe potuto solleticare in modo efficace se non addirittura un po' forzato le voglie di un mercato inesplorato o stimolare un'audience ormai annoiata dai classici: i proverbiali due piccioni con una fava, per i quali avrebbe programmato fin dall'inizio tutta una manovra durata due anni. Oppure sono solo congetture al pari di certe teorie del complotto. Di questi tempi, è meglio andarci piano e parlare per condizionali.