Premetto che sono un grande amante della musica blues, nonché chitarrista specializzato proprio in questo genere, e so per certo che c'è un nome che più di qualunque altro rimanda alle origini del blues moderno: Robert Johnson.
Robert Johnson è forse considerato il fondatore del blues e il fatto che della sua vita si sappia poco o niente ha di certo contribuito, col passare degli anni, a far sorgere miti e leggende metropolitane su di lui. Primo fra tutti il famoso patto col diavolo.
Per constatare che cosa possa esserci di vero in queso racconto occorre fare un balzo a ritroso nel tempo fino agli albori del secolo scorso e ripercorrere così la sua breve ma intensa vita.
Robert Leroy Johnson nasce l'8 maggio 1911 ad Hazlehurst, una piccola città del Mississippi. La sua infanzia non è certo delle migliori. La madre Julia Dodds, dopo essere stata lasciata dal marito, aveva intrapreso una relazione extraconiugale con un certo Noah Webster con il quale aveva dato alla luce il piccolo Robert.
Aveva cominciato a suonare l'armonica a bocca in seguito ad alcune lezioni dategli dal fratello ed era poi passato alla chitarra, seguendo gli insegnamenti di un certo Son House, ottenendo comunque scarsi risultati. Si era sposato all'età di 17 anni e sua moglie, la sedicenne Virginia Travis, era morta di parto l'anno successivo. Questo aveva fatto sì che Johnson iniziasse a frequentare locali, a ubriacarsi e ad avere rapporti con altre donne fino all'incontro con Calletta Craft avvenuto nel 1931, colei che divenne la sua seconda moglie. Inutile dirlo, anche questa storia non durò molto.
Robert Johnson sembrava più interessato alla musica che alla famiglia, così abbandonò il suo vecchio lavoro nei campi del Mississippi e cominciò a girovagare nella speranza di trovare il suo vero padre.
Non lo incontrò mai, ma si imbattè invece in un bluesman non molto conosciuto all'epoca, un tale chiamato Ike Zinnerman, personaggio avvolto da un alone di mistero ora come allora.
Fu proprio da qui che cominciò a circolare la leggenda del patto col diavolo.
Zinnerman era solito recarsi al cimitero per suonare la chitarra fra le tombe e non di rado raccontava che era proprio grazie agli spiriti che aveva imparato a suonare, al punto che alcuni lo credevano un emissario di Satana, o addirittura Satana in persona.
L'anno seguente, tornato a Robinsonville, Johnson riuscì a stupire tutti, compreso quello che era stato il suo maestro, Son House, mostrando come aveva imparato a suonare e vantandosi di come era riuscito a crearsi uno stile proprio, unico per l'epoca.
Nessuno seppe spiegare come questo cambiamento fosse stato possibile, dal giovane ragazzo che prendeva lezioni di musica con scarsi risultati, a quel bluesman talentuoso che ancora oggi conosciamo e appreziamo. Tutto questo nel giro di un anno soltanto.
Di lì a poco compose alcuni fra i brani considerati ancora oggi classici del blues, come "Love in Vain", "Sweet Home Chicago" - ripresa anche dai Blues Brothers nel primo film - e "Crossroad Blues".
Proprio quest'ultimo brano racconterebbe il suo incontro con una figura oscura a un incrocio per strada, una figura che secondo alcuni rappresenterebbe il diavolo, e secondo altri non sarebbe altro che Ike Zinnerman... il diavolo, appunto!
La sua vita cambiò e così nel giro di pochissimo tempo cominciò a suonare per professione e nel corso della sua breve carriera registrò circa una trentina di brani, alcuni dei quali ancora oggi molto noti, come i tre citati sopra.
All'apice della fama e del successo, tormentato dal blues, dalle donne e ovviamente dall'alcool, Robert Johnson morì il 16 agosto 1938 in circostanze ancora misteriose. La sua età: 27 anni.
Di lì a poco avrà inizio una catena di morti inspiegabili nel mondo della musica, tutti morti alla stessa età, dando origine a quello che oggi chiamiamo "Club 27", un club di cui oggi fanno parte trenta artisti, alcuni con solo l'età in comune, altri con una "J" nel nome. Robert Johnson, il primo di tutti.
Come si sa, le leggende sono sempre esistite, sin dagli albori della civiltà. Nascono semplicemente per spiegare l'inspiegabile, per cercare di capire come qualcosa sia possibile, per il semplice fatto che non riusciamo ad accettare la realtà così com'è, ed ecco che quello che a mio avviso è stato "solo" un genio, un rivoluzionario, un altro che ha dimostrato che dopotutto quando c'è passione per quello che si fa non occorre studiare musica per essere dei bravi musicisti è oggi ricordato come l'uomo che ha venduto la sua anima al diavolo in cambio di una sonorità e di uno stile unici, una sorta di Gesù Cristo che si sacrifica per l'umanità. L'uomo che ha dato via la propria vita per dar luce al blues, da cui come ben sappiamo nasce tutta la musica moderna: dal jazz al rockabilly, dal pop all'heavy metal, niente di tutto ciò esisterebbe se non grazie al blues.
Dobbiamo tutto a Robert Johnson, credo infatti che invece di stare a pensare se abbia davvero venduto l'anima al diavolo o se, come vuole la spiegazione più logica e razionale, abbia semplicemente appreso le nozioni del blues da Ike Zinnerman, dovremmo soffermarci di più sul fatto che senza di lui la musica per come la conosciamo oggi non ci sarebbe, perché se è vero che tutto nasce dal blues e se è altrettanto vero che Robert Johnson il blues lo ha creato, possiamo tranquillamente affermare che Robert Johnson ha creato la muisca moderna, dando via a una reazione a catena che parte con la nascita del blues e termina chissà dove.
Il fatto è che spesso preferiamo credere alle storie non perché vogliamo crederci, ma perché ne sentiamo il bisogno, e spesso chi vuole credere continua a credere anche di fronte alle prove. E allora? Se a qualcuno di voi fa piacere credere che Robert Johson abbia venduto l'anima al diavolo che ci sarà mai di male? Dimentichiamo forse che è proprio il mistero che alimenta la leggenda? In fondo non importa come abbia imparato a suonare la chitarra, o come riuscisse a esprimersi sempre in maniera brillante anche improvvisando canzoni al momento e non importa nemmeno se sia morto avvelenato o per altro, inutile anche starsene lì a fare ipotesi su ipotesi di continuo, tanto non lo sappiamo. Possiamo solo basarci sulle testimonianze che ci sono giunte e, credetemi, sono praticamente nulle.
Ciò che importa davvero, e non smetterò mai di ribadirlo, è che a Robert Johnson non dobbiamo soltanto il blues. A Robert Johnson dobbiamo la musica.