di Gianni Rojatti [user #17404] - pubblicato il 08 aprile 2016 ore 13:00
Power chord, ottavi distorti, riff in drop D, palm muting: sembrerebbe il manifesto programmatico del perfetto chitarrista punk. E invece, è quello che è venuto fuori quando abbiamo chiesto a Capitan Fede di insegnarci le chitarre del suo ultimo singolo, “Nero” uscito proprio oggi. Una lezione di chitarra ritmica bella tosta.
Per suonare il riff di chitarra di “Nero” è necessario accordare la chitarra in Drop D e quindi abbassare di un tono la corda più bassa: il E deve diventare un D.
Il riff sembra costruito sulla pentatonica di Dm (D, F, G, A, C) di cui compaiono praticamente tutte le note. (Il A fa capolino solamente come quinta del power chord di D sgranato sulle prime due corde a vuoto).
L’insidia esecutiva di questo riff non è la velocità o la complessità tecnica ma l’intenzione. Perché tutto suoni così tosto, groovy e ignorante bisogna rispettare tanti decisivi accorgimenti: prima di tutto serve tenere sotto i controllo i vibrati. Sulle note da un quarto e un quarto puntato non bisogna esagerare con vibrati troppo ampi e drammatici: farebbero immediatamente suonare il riff troppo hard rock e metal facendo perdere alla parte quella grezza fierezza punk, rock e garage. Anche la distorsione va dosata: e questa è la parte più difficile. Ne serve tanta e pure bella sporca, marcia, ma equalizzata e regolata in maniera tale da non impastare il riff, rendendone altrimenti meno nervosa e intellegibile l’esecuzione. In questo, giocherà un ruolo fondamentale anche la pennata: più sarà decisa, precisa e marcata più la parte uscirà aggressiva e definita.
Cimentarsi nello studio e nell’esecuzione di riff del genere, può essere un aiuto prezioso per tanti chitarristi immersi nello studio della tecnica e della teoria. Agilità tecnica, padronanza delle scale e del materiale armonico più disparato, abilità meccanica non necessariamente coincidono con il fatto di possedere un buon suono, un tocco accattivante, timing e un’intenzione efficace sulla chitarra. Imparare riff del genere, suonarli, registrarli e ascoltarli potrebbe riservare qualche brutta sorpresa: una parte apparentemente facile potrebbe essere dannatamente difficile fa far suonare altrettanto credibile. Accorgersene durante un’audizione importante o in una prima convocazione in studio di registrazione, potrebbe essere un bel guaio…
Sempre da “Nero” abbiamo estrapolato anche la parte di chitarra suonata nella strofa: una serrata ritmica punkeggiante, tutta in ottavi.
Gli ottavi sono un portamento fondamentale nella chitarra rock. E saperli suonare bene, con la giusta attitudine è una delle qualità più richieste per i chitarristi che ambiscono a lavorare come turnisti o session man. Federico ci fa sentire due approcci all’esecuzione degli ottavi.
Nella prima, gli ottavi sono suonati aperti, senza stoppare le corde, con una chiara intenzione punk.
Nella seconda, con un leggero palm muting e con un tiro più rocckeggiante.
In entrambi i casi, si apprezza la solidità ritmica, la pulizia e scorrevolezza nei cambi di posizione, l’uniformità del suono; una correttezza formale ed esecutiva che però non inficia il risultato finale: questi riff suonano comunque sporchi e cattivi come si confà a una parte di chitarra rock e punk. Un’alchimia per niente facile da ottenere.