Cesareo sul Kemper: "Pappa pronta ma non impari a cucinare"
di redazione [user #116] - pubblicato il 31 agosto 2016 ore 17:30
E'un momento di grande popolarità di apparecchiature digitali che permettono ai chitarristi di suonare in diretta e di lasciare l'amplificatore in sala prove. Così, stiamo chiedendo a tanti giganti della chitarra elettrica italiana cosa ne pensano di questo trend. Per capire se è una semplice moda, quali sono i vantaggi e gli svantaggi e, soprattutto, se può essere d'aiuto o meno per i musicisti meno esperti, ancora alla ricerca del loro suono. La parola al nostro amico Cesareo, immensa sei corde di Elio & Le Storie Tese.
"Durante quest’estate ho fatto parecchi concerti e chiacchierando con backliner e tecnici mi hanno raccontato che oramai, su tanti palchi, vedi sempre più chitarristi andare in diretta solo con la pedaliera o, appunto, con il Kemper. Niente più amplificatori insomma. Ti dirò: lo trovo un po’ triste.
Ovviamente è una considerazione che non è rivolta a tanti stimati colleghi. Penso a Chicco Gussoni, Luca Colombo professionisti che si trovano a suonare in situazioni come San Remo. Lì ci sono produttori che per ogni canzone si aspettano suoni totalmente diversi. In quei casi, macchine come il Kemper sono una preziosa necessità.
Penso però ai musicisti più giovani, ai chitarristi che si affidano a queste macchine senza un’adeguata formazione.
Il paragone più facile che mi viene in mente per chiarirti la mia perplessità è Youtube. Lì, se vuoi imparare a suonare c’è tutto ed è indubbiamente utile. Ma se ti affacci a questa offerta didattica impreparato, senza capacità critica, senza le basi necessarie può essere addirittura deleterio. Rischi di imparare cose a pappagallo, senza conoscerne la genesi e così non ti servono: non hai le basi per capire come utilizzarle a dovere. Puoi imparare una cosa incredibile, suonare come Steve Vai ma se non ti è chiara la tonalità del brano su cui inserirla, il contesto stilistico in cui potrebbe funzionare, come modificarla, allora è tutto inutile.
Soprattutto perché, ripetendo meccanicamente cose imparate a memoria e in maniera asettica, si azzera la possibilità di avere una propria voce, una propria personalità. E la stessa cosa vale per il Kemper: ti fornisce la pappa pronta senza aver capito come si arriva a cucinarla. Perché il punto non è che il suono sia bello o brutto. Il problema è che utilizzi un suono che non è il tuo, che non arriva da una tua ricerca, dalla sperimentazione, da un percorso fatto anche di errori. Il Kemper offre accesso a tutti a una banca di suoni sconfinata, uno più bello dell’altro.
Il fatto però, è che un suono non è bello in senso assoluto: deve funzionare nel contesto in cui è calato. E allora cosa succede se un giorno un fonico dovesse dire a un giovane chitarrista con il Kemper: “Il suono è stupendo però non esce nel mix, non buca”. Probabilmente sarebbe un guaio, perché se non hai fatto la gavetta con ampli e pedalini, non saprai dove mettere le mani. E’ lì che vedi chi ha esperienza e chi nel tempo ha lavorato al suo suono, smanettando su Eq e settaggi. Lì vedi chi effettivamente possiede un suono suo, del quale è consapevole e del quale ha il pieno controllo.
Proprio per questo, io nei live ho sempre privilegiato la semplicità. In studio è diverso, lì devi portarti qualunque chitarra, ampli, effetto perché devi essere sempre nella condizione di avere sotto mano ogni suono possibile. Ma dal vivo, voglio una situazione che mi permetta di avere accesso in tempo reale, a ogni parametro del mio suono. Per questo non ho mai avuto frigoriferi. Gli unici rack che ho posseduto sono un G Major, un accordatore e un noise gate…"