di Mariano C [user #45976] - pubblicato il 09 marzo 2017 ore 11:30
La musica sta bene, se noi la facciamo stare bene. Se si sa dove cercare, dietro lo strato di radio e televisioni esiste un sottobosco di artisti di livello eccelso e in costante crescita. Per trovarli, però, bisogna prima smettere di fossilizzarsi tra chitarre e chitarristi.
Da un po' di tempo seguo questo sito ricco di informazioni e ho spesso notato una serie di caratteristiche nel modo di intendere la musica che, al di là dell’insindacabile gusto personale, mi hanno spesso lasciato perplesso e anche curioso in quanto totalmente disallineate rispetto al modo in cui vivo la musica da studente, docente e (nel mio piccolo) performer.
La prima cosa che ho notato è una visione molto chittarrocentrica della musica che, se da un lato può essere comprensibile perché la storia del proprio strumento è importante, dall’altra la vedo ogni giorno come una caratteristica quasi esclusiva dei chitarristi in primis e degli appassionati di alcuni generi molto specifici come rock, metal, blues e affini poi.
Giornalmente parlo, suono e mi confronto con strumentisti di vario genere e stile, e quasi nessuno è così fissato sul proprio strumento, tranne singoli casi che non permettono di farla assurgere a tratto di un'intera categoria. Vedo sassofonisti (o trombettisti, o bassisti, aggiungete strumento a caso) studiare e trascrivere altri sassofonisti, trombettisti, pianisti e chi più ne ha più ne metta, ascoltare e comprare dischi dove il loro strumento non è presente e andare a vedere concerti di nomi più o meno importanti della musica in generale, indipendentemente da quello che suonano. I chitarristi lo fanno molto meno, quando lo fanno, sempre concentrati sulla chitarra tanto da ignorare gran parte dei nomi presenti e passati dei musicisti non direttamente legati alla chitarra o alla musica da essa prodotta.
Questo ha purtroppo creato anche una certo ristagno nel linguaggio, i grossi nomi della chitarra contemporanea (dai più giovani ma già affermati come Guthrie Govan, Greg Howe fino agli ormai storici ma sempre attivi come Frank Gambale, Steve Vai e molti altri che tutti conosciamo) vengono ascoltati solo dai chitarristi o quasi, fanno eccezione pochi nomi come Pat Metheny o Allan Holdsworth.
Personalmente, gli unici chitarristi che so per certo venire trascritti con una certa regolarità (ma non spesso) anche da altri strumentisti sono:
- Django Reinhardt, caso però a parte (è stata una delle figure capostipiti del jazz manouche, stile che fa ampio uso di chitarra, violino e fiati quali sax alto e clarinetto)
- Charlie Christian, ormai purtroppo caduto in disuso e uno dei primi veri chitarristi elettrici della storia, in passato studiato per l’ispirazione data ai musicisti di una generazione successiva alla sua che portarono alla rivoluzione bebop
- Wes Montgomery, autore di alcuni standard rimasti di uso comune alle jam in giro per il mondo come "West Coast Blues", "Full House" e alcuni altri
- il sempreverde Jim Hall, che ha davvero trasceso il suo strumento, dal punto di vista del linguaggio.
So che questa può sembrare in contraddizione con quanto affermato prima, cioè che gli altri strumentisti studiano tutto (quindi anche la chitarra in teoria), ma è più chiaro se si prende in considerazione il ristagno del linguaggio a cui accennavo: trascrivete un assolo di Govan o Howe e confrontatelo con una trascrizione di Michael Brecker (faccio un esempio fra molti) in uno dei dischi dei Brecker Brother. Le frasi sono le stesse, solo che Brecker le faceva trent'anni fa. Per questo a nessuno importa. A nessuno a parte i chitarristi, che ascoltano solo i dischi dei chitarristi, e siamo da capo.
Questo ovviamente si riflette anche sul modo in cui vengono concepiti i dischi: prendete un disco di un chitarrista a caso e togliete le parti di chitarra. Nella gran parte dei casi avrete un disco fatto di un tappeto di accordi e di una ritmica piuttosto stagnanti sulla quale il chitarrista fa dei voli dall’inizio alla fine di ogni brano. Prendete un disco di Miles Davis e togliete le parti di tromba: avrete comunque un disco fantastico con momenti magici di interplay tra i musicisti e grandi assolo fatti dal piano, dal sax, dalla chitarra, dalle tastiere o dalla batteria.
La seconda cosa che ho notato, strettamente legata alla prima, è un’attenzione quasi totalizzante a un numero molto ristretto dei prodotti che la musica ci ha dato nei secoli, o anche solo nel '900, che non sia rock, blues o metal, generi dove appunto la chitarra ha avuto un ruolo di largo consumo. Ovviamente sto volutamente generalizzando, perché non posso conoscere la storia personale o gli ascolti giornalieri degli utenti, e mi baso quindi su quello che leggo negli articoli e nei messaggi, ma mi sembra davvero che molti presenti ignorino quanto sia stato fatto prima, durante e dopo l’epoca d’oro del rock, e sopratutto che tendano a ignorare quello che si fa ai giorni nostri.
Non c’è dubbio che la produzione massificata della musica (che non è esclusiva del 2000 in poi comunque, ma c'era anche negli anni '50) produca un enorme sottofondo di "rumore" di poca consistenza, ma mai come oggi dove tutto è a portata di click è possibile scoprire continuamente musica e musicisti fantastici. Cosa che mi capita di fare con gran soddisfazione su base quasi giornaliera. Certo, se si pretende di informarsi tramite canali quali televisione o radio allora c’è poco da lamentarsi secondo me: non ho la tv da oltre dieci anni, non ho una radio, tramite passaparola, internet e letture specializzate scopro continuamente cose prodotte l’altro ieri che non scambierei neanche morto con molti dei dischi o dei musicisti del passato che vedo idolatrare qui dentro. La preparazione media dei musicisti si è enormemente alzata, e questo si vede spesso anche nei risultati.
A questi due punti se ne aggiungono altri che mi sembrano più un operazione amarcordiana e di legame verso la musica della propria adolescenza piuttosto che uno sguardo effettivamente critico delle opere in esame. Un interesse smodato a suoni e tecnologie vintage, che portano anche a lamentarsi del poco interesse delle giovani generazioni verso la musica che può piacere a noi, dimenticandosi che gli strumenti sono appunto "strumenti", un mezzo e non un fine, e che i suoni passano di moda come tutto, e invece si trovano strumenti e tecnologie moderne (non necessariamente chitarra, e siamo di nuovo lì) che hanno enormi potenzialità che effettivamente molti musicisti sfruttano con gran creatività.
Per usare una similitudine, le lamentele di molti mi sembrano equivalenti a quelle che un ipotetico appassionato di impressionismo potrebbe fare lamentandosi che l’arte è morta perché nessuno usa più l’impressionismo (il rock) come linguaggio e le sue tecniche sull’uso del colore (la chitarra distorta e le pentatoniche) non piacciono più e quindi non ci sono più grandi artisti e pittori (band e solisti). E invece no, perché all’impressionismo sono seguiti molti sviluppi dell’arte e molti artisti che nulla avevano da invidiare a Claude Monet, come Picasso, Dalì o Kokoschka. E nella musica vale la stessa cosa.
Dopo questa lunga premessa veniamo a qualcosa di un po' più concreto, cioè quali sono i musicisti contemporanei di gran qualità e successo che tendono a innovare il linguaggio e ad avere un seguito piuttosto consistente, tanto da non poter essere considerati strettamente di nicchia, insomma che arrivano anche a vincere un Grammy Awards. La lista è lunga, e prima di farla voglio fare due precisazioni: la frammentazione e la liquidità del mondo contemporaneo rende impossibile al giorno d’oggi raggiungere lo status leggendario di alcuni musicisti o gruppi del passato, quindi alcuni dei nomi che faccio potranno risultare sconosciuti ai più perché hanno meno visibilità dei grossi nomi del pop, ciononostante hanno sulle spalle carriere solide con premi grossi come Grammy e vendite consistenti (anche nell’ordine dei milioni di dischi), infine è una lista che ovviamente risente in maniera pesante del mio gusto e della mia formazione, ma proprio per i punti espressi sopra ho cercato di essere obbiettivo. Non è una classifica, quanto più che altro una serie di consigli di musicisti che non ho mai visto citati (o pochissimo e di sfuggita) su questo sito. E, specifico, secondo me ce ne sono vagonate di altri. Voglio solo fornire alcuni esempi.
Snarky Puppy
Gli Snarky Puppy sono una band jazz, fusion e progressive rock di Brooklyn guidata dal bassista, compositore e produttore, vincitore di un Grammy Award Micheal League (fonte: Wikipedia). Formatosi a Denton in Texas nel 2004, il gruppo è composto da circa quaranta musicisti che suonano numerosi strumenti inclusi chitarre, pianoforti e tastiere, percussioni, sassofoni e flauti. Molti dei membri attuali erano studenti alla University of North Texas. Nelle fila di questo collettivo militano musicisti che ormai si sono ritagliati un loro spazio di un certo peso come Cory Henry, Bill Laurence o Chris McQueen. Li trovo molto interessanti sia per la presenza di due batteristi e tre percussionisti, sia per il turn over di session man e collaborazioni con importanti nomi che riescono a rendere il loro prodotto complesso e apprezzabile al musicista navigato ma anche easy listening per gli ascoltatori meno smaliziati. Hanno appena vinto un Grammy per il miglior disco di musica strumentale dell'anno. Qui un paio di esempi, prima un pezzo più pop ma magistralmente arrangiato.
Poi in una collaborazione col fenomeno Jacob Collier, di cui parleremo in seguito.
Marcus Miller
Marcus Miller (New York, 14 giugno 1959) è un bassista, compositore e produttore discografico statunitense. Considerato uno dei maestri del funk per il suo modo personale di suonare il basso, Miller viene soprannominato "the superman of soul". Numerose sono state le sue partecipazioni al fianco di famosi artisti, come il trombettista Miles Davis, il cantante Luther Vandross e il sassofonista David Sanborn. Viene annoverato tra i maestri della tecnica slap che utilizza in maniera eccellente ed è messa al servizio della melodia e del groove. Oltre al basso elettrico, Miller suona il clarinetto (strumento che gli ha dato una vera e propria formazione musicale), il clarinetto basso, le tastiere, il sassofono soprano e la chitarra (fonte: Wikipedia). Una leggenda ormai anche a livello discografico, al pari di Stevie Wonder si circonda sempre di musicisti eccellenti e le sue performance dal vivo sono mindblowing per il livello tecnico e il groove che riescono a dare, cariche di energie. Ha una produzione ormai sterminata e variegata.
Hiatus Kaiyote
Gli Hiatus Kaiote sono un gruppo australiano etichettato come neo-soul, ma trovo che le etichette per questo gruppo siano veramente strette. A volte nei pezzi c’è più jazz, a volte più rock, a volte più pop, molta poliritmia e attenzione agli arrangiamenti. Hanno realizzato un album l’anno scorso per me veramente stupendo, e sono già apprezzatissimi in giro per il mondo. Io conosco solo gente che li adora. Voglio proporre un brano da ognuno dei due dischi da loro realizzati.
Il primo è più rock, il secondo è il mio preferito.
Jacob Collier
Concludo questa mia breve disanima con Jacob Collier. Il termine "genio" viene spesso abusato nel mondo della musica e attorno a esso si è davvero fatto un marketing, ma se c’è un genio della musica contemporanea, questo è lui.
Jacob Collier è semplicemente disumano: compositore e polistrumentista, suona il piano e canta a livelli di un jazzista internazionale navigato a soli 23 anni, ed è famoso per le sue capacità di armonizzazione che lo hanno fatto notare nientemeno che da Quincy Jones e Herbie Hancock, che ha prodotto il suo primo disco composto, arrangiato e realizzato da Jacob completamente da solo a casa sua, dove ha registrato le tracce di tutti gli strumenti coinvolti.
Se vi siete presi la briga di ascoltare il brano proposto prima in collaborazione con gli Snarky Puppy, avrete notato il suo livello esagerato (quel brano è stato arrangiato da lui fino all’ultima nota per gli Snarky Puppy), sia come compositore e arrangiatore sia come solista. Nel suo disco c’è una vena pop che rende tutto molto ascoltabile, ma se provate ad analizzare gli arrangiamenti c’è da rimanere stesi. Ha cominciato anche a fare concerti totalmente da solo con l’uso di molti strumenti e sequencer, alcuni costruiti appositamente per lui.
Chiudo dicendo che questi quattro esempi sono, appunto, solo esempi. Il mondo è pieno di musicisti, chitarristi e non, preparatissimi e pieni di fantasia che stanno portanto avanti la musica e il linguaggio. Li ho scelti perché secondo me esemplificano bene quelo che è la "musica contemporanea" di qualità, ovvero musica che ha le sue radici nella musica del passato, dalla classica al jazz al rock, ma che sta cercando forme nuove e nuovi modi di esprimersi, anche dal vivo.
Non chiudiamoci nel nostro piccolo mondo a sei corde e ai nostri gusti codificati, e cerchiamo di guardarci intorno senza pregiudizi. La musica sta bene, se la facciamo stare bene noi.