Premettendo che io stesso sono stato colto da un dubbio amletico una volta ricevuta questa richiesta di un mio parere personale e che non sono mai stato un geek o, come alcuni direbbero scherzosamente, un nerd, del mondo digitale, della diatriba con il mondo analogico e dell' elettronica in genere, mi reco incuriosito sul luogo dell' appuntamento per il test: l' intrigante ed accogliente studio Red Bull nel cuore vibrante di Tokyo, il quartiere di Shibuya.
Proprio lei, la Red Bull, in un palazzo tutto suo che nel basement ospita un ottimo studio recante numerosi richiami alla famosa bibita, compresa la console SSL marchiata con il logo dei due tori!
Prima di continuare nel racconto, due cenni sull' uso e necessità (per molti inutile) di avere una unità dedicata al clocking li devo fare.
Conscio io stesso del mal di testa che per molti possa generare la teoria Analogico/Digitale cercherò di essere il più leggero possibile.
Come sappiamo nel processo di digitalizzazione di un segnale analogico, il cosidetto campionamento agisce come una sorta di macchina fotografica del segnale continuo analogico, generando microscopiche foto del suono in singoli istanti di tempo infinitesimali ("foto" sempre più precise con l' aumentare del coefficiente di sampling).
Questo campionamento avviene, quindi, nel tempo, in real time: sia in acquisizione, quindi in digitalizzazione di un segnale audio, ma anche in playback, riportando il messaggio digitale nel dominio analogico acustico.
Diventa -per i puristi- quindi di fondamentale importanza la precisione della gestione del tempo cronologico in cui questo processo avviene e qui fa, o dovrebbe fare, la sua parte da leone, il master clock.
Una unità non necessariamente adibita alla sincronizzazione di più elementi di un studio (come molti possono pensare) ma solamente nella gestione di questo scopo.
Test hanno evidenziato che un clock impreciso (anche detto jittering, se diventa cronico) e discontinuo genera distorsioni armoniche, cambiando la forma d'onda e quindi il suo contenuto musicale.
Questa la teoria.
Domanda ovvia: è realmente percepibile la differenza tra varie unità di clocking in un contesto di alto livello come quello di uno studio professionale...?
Torniamo a noi: una volta entrato in studio, dopo le presentazioni obbligatorie, mi si chiede con un gran sorriso di fare un confronto tra il master clock della (ottima) Antelope e questa unità rack Abendrot.
E qui cado ancora di più nel panico immaginando la difficoltà reale nel poter valutare differenze nel suono di queste unità di grande pregio tecnologico (e prezzo...), anche considerando il fatto che per poter effettuare questo test comparato saremo costretti a fermarci ogni volta, scablare una unità per far posto alla successiva, ri-settare il multitraccia e riprendere l' ascolto di uno stesso brano (Adele, dall' album 25) con un intervallo di 2-3 minuti... un delirio per qualsiasi test audio dove la velocità di "passaggio" dev'essere nell'ordine di 1-2 secondi (pensiamo ad una prova comparata, ad esempio, tra monitors i quali vengono settati su uscite parallele richiamabili con un semplice pulsante sulla console...).
Non mi rimane che sfoggiare il mio motto "Scettico ma sorridente" o, forse ancora meglio in questo contesto, "smarrito ma sorridente", mi siedo al banco.
E via con il primo master clock: il brano lo conosco, ne conosco la qualità di produzione. La riconosco, tutto piacevolissimo.
Arriva il momento del test reale, la valutazione dell' Abendrot, motivo per il quale sono stato invitato: strizzo gli occhi per concentrarmi meglio sull' ascolto di quelle minime variazioni, al limite dell'impercettibile, che dovrei riscontrare su alcune frequenze alte, rispetto all' ottima unità precedente.
Dalla modalità "smarrito" passo a quella "in panico"... che differenze percepirò? Saranno degne di nota? Sarò lì pronto a coglierle?
Ed invece un mondo nuovo mi si apre: la voce di Adele parte e tutto è diverso ma non cambiato, più trasparente: voce più limpida sulle alte ed altissime frequenze, più in faccia ma ancora più avvolgente.
Il fonico residente si mette a ridere: lui per i fatti suoi il confronto l' ha già fatto e si diverte a vedermi sorpreso della scoperta. Parliamo, lui condivide con me il fatto di aver percepito anche maggiore calore (nel senso di presenza, sempre avvolgente) nel range delle super basse.
Io, ancora sognante immerso nelle prime note della voce, riprendo contatto con "tutto" il brano e noto anche questa caratteristica. "Impressive".
Fermo la musica dopo forse neanche 40 secondi: non ho bisogno di altro, ho capito tutto.
Mi giro verso il direttore marketing della Abendrot, un ragazzo nipponicamente cortese e gradevole, e fermamente gli dico: "grazie per avermi chiesto un parere ma farò di più, voglio recensire questa unità!"
Missione compiuta, torno alla mia vita audio, torno a mixare sperando che i miei "prodotti", magari, durante il loro processo di mastering, abbiano la fortuna di passare attraverso una di queste piccole perle tecnologiche. Arigatou gozaimasu!
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