Scintillante, sfarzosa, esagerata. come la quintessenza dell'eleganza e della versatilità in un formato da chitarra semihollow di stampo vintage. L'estetica non lascia dubbi in merito, e la thinline tedesca a cassa bombata fa ben immaginare anche in che direzione viri la sua voce.
Non è un caso che Duesenberg fosse anche il nome di una casa produttrice di auto di lusso attiva negli USA fino agli anni '30 del secolo scorso, perché la Fullerton Elite sembra arrivare proprio dalla scuola stilistica dell'Art Deco newyorchese, tra finiture brillanti e particolari abbondanti in metallo cromato, più di quanti siano realmente necessari per il funzionamento dell'insieme ma mai abbastanza per quanto luccicano sotto i riflettori.
La tradizione Duesenberg però non passa in secondo piano sotto l'aspetto sonoro, e la Elite stupisce già alla prima plettrata per il volume abbondante che sprigiona ancora da spenta. Rapiti dal suo fascino, abbiamo voluto testarla per voi.
Retrò nell'estetica e tradizionale sul piano costruttivo, la Fullerton Elite trasmette subito una sensazione d'altri tempi. Solo a guardarla, sembra voler far risuonare nell'aria i toni caldi e tintinnanti al tempo stesso del primo rock n roll.
L'humbucker Grand Vintage al ponte, con un output non esagerato e una risposta improntata sulle medio-alte, è esattamente quello che serve per il genere. Al manico viene invece scelto un single coil. Anch'esso costruito da Duesenberg, è un modello PH90, un pickup a due bobine affiancate con due triplette di poli sfalsati, che pendono verso gli acuti. Lui suona caldo, ma conserva un buon attacco e un timbro legnoso che si accentua nella posizione centrale.
Le bobine di stampo retrò, insieme alla costruzione a cassa cava e alla scelta di montare un ponte con sistema Radiator Tremolo, parlano da sole. Il suono amplificato, anche usando un valvolare moderno come il DV Mark Maragold della prova, è un trionfo di "twang" e "chung" ben noto ai fan di Bigsby e dintorni.
C'è però un tocco di versatilità che consente alla Fullerton di affacciarsi senza noie anche in stili non troppo vintage, e abbiamo strizzato l'occhio con una certa soddisfazione al rock alternative dei Radiohead o anche a quello più duro dei Foo Fighters: d'altra parte, con una semihollow Catalina-Blue tra le mani, non troppo lontano dal Pelham Blue di casa Gibson, la tentazione di imitare il buon Dave Grohl è forte.
La madreperla sintetica che compone il battipenna e disegna la paletta, però, mostra un carattere ben più complesso della storica concorrente a base di humbucker. Le meccaniche Art Diego si ispirano da vicino al mondo dell'Art Deco, richiamato anche dai segnatasti Duesenberg Wing color crema, in tinta con i binding che corrono sul fondo, sul top e sul bordo del manico. La D in metallo fissata sul corno superiore, accanto all'unica buca a effe, è un vero tocco di classe.
I legni usati palesano il desiderio di ammiccare alla tradizione delle archtop d'annata, piuttosto che rifarsi al mondo delle solid e hollow body moderne. Incollato a un sottile ma voluminoso top in abete laminato su fasce e fondo in acero, il manico è in un pezzo di acero abbinato a una tastiera in palissandro indiano dal raggio di dodici pollici. Il profilo è comodo, non esagerato nelle dimensioni, ma abbastanza largo e leggermente schiacciato nella sua forma a D.
La costruzione ne fa una vera macchina retrò. I legni sembrano trasparire anche attraverso l'amplificazione, e il ponte mobile - forse con qualche scordatura di troppo imputabile al setup, ma tutto sommato comprensibile per la categoria - ci mette la sua firma inconfondibile.
Il tono è sempre reattivo e piuttosto squillante, mai sordo o intubato. È di stampo decisamente vintage, ma capace di sopportare bene anche le distorsioni. Gli acuti percussivi e presenti, ma sempre un po' smussati in cima, permettono di ottenere timbriche dettagliate, soprattutto sugli accordi, senza rischiare di suonare troppo penetranti. Questo rende la Fullerton Elite una buona arma anche in distorsione, con crunch sempre caratterizzati da una buona intelligibilità senza suonare mai eccessivamente frizzanti. La saturazione non è il terreno naturale di una chitarra del genere, eppure la Duesenberg ci si muove con una certa agilità. Inoltre, la costruzione semihollow e la buca a effe sono perfette per raccogliere il suono dell'ampli sul palco, guadagnando sustain e innescando un discreto feedback anche senza ricorrere a volumi spropositati, ma senza scadere in fischi incontrollati grazie al blocco centrale in legno massello nascosto dentro la cassa.
Profonda, articolata e aggressiva quanto basta, la voce della Fullerton Elite è esattamente quella che ci si aspetta appena la si guarda per la prima volta.
La thinline Duesenberg è uno strumento di fascia alta e come tale si comporta. È solido, scorrevole e piuttosto leggero considerato l'equipaggiamento. Perfettamente immerso nella sua peculiare dimensione, saprà fare la felicità di qualunque appassionato di rock n roll e blues, ma non deluderà chi ama calcare un po' la mano col gain.
Se vi capita di fare un salto presso un negozio servito da , che distribuisce le chitarre Duesenberg in Italia, fatevi un favore e non fatevi mancare una prova sul campo. |