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Eko VT380: pregi e difetti
Eko VT380: pregi e difetti
di [user #50682] - pubblicato il

Prezzo budget e costruzione di tutto rispetto per un entry level: un nostro lettore racconta il suo incontro con la Telecaster in chiave di lettura Eko.
Già possessore di numerose chitarre tra cui anche pezzi di elevata fattura, di recente ho inserito una chitarrina super economica nella mia “panchina lunga”, per azzardare un paragone calcistico.
Penso che molti chitarristi professionisti e non professionisti siano, come il sottoscritto, anche appassionati di home recording o quanto meno sentano l’esigenza di farsi una sana strimpellata in poltrona bevendo un caffè senza dover scomodare necessariamente una vera Fender o una Gibson Les Paul. Ho acquistato online una Eko VT 380 Cream, dunque una economicissima interpretazione di una Telecaster prodotta dalla celeberrima casa italiana.

Lo strumento mi è arrivato in tempi brevissimi e ben imballato. Non ho riscontrato alcun danno materiale e questo mi sembra già un ottimo punto di partenza. Avevo comunque in mente di sottoporlo a una sorta di “sala operatoria” immaginando già che avrebbe avuto necessità di una sostanziale sostituzione di qualche componente. Era logico presuppore che uno strumento dal costo di 108 euro, a meno che io non fossi stato un dodicenne alle prime armi, non poteva offrire prestazioni eccezionali.
A parte queste poche chiacchiere, non appena l’ho tolta dal suo imballaggio e dopo averla osservata in tutti i suoi dettagli l’ho comunque provata, così come si presentava, collegandola a un fedelissimo Vox 15R Pathfinder, inseparabile compagno di tutte le mie strimpellate casalinghe.

Eko VT380: pregi e difetti

Devo dire che, a parte per le corde decisamente scarse che aveva montate, il suono mi è apparso subito molto meglio di come lo avevo immaginato e ancor più il manico.
Il corpo è in tiglio, la tastiera in palissandro da 650 mm con 22 tasti su un manico di acero. Almeno queste sono le caratteristiche di base per quanto riguarda la “falegnameria”.
Lo shape del manico è, comunque, uno standard C e le meccaniche die cast che non ho avuto modo di studiare meglio, almeno per quanto riguarda la possibilità futura di cambiarle.
Il ponte si presenta con tre sellette (con chiavetta a brugola inclusa nell’imballaggio dello strumento) ma, contrariamente alle foto che avevo visto online, si avvita al body con tre viti soltanto e non con le classiche quattro. Un’altra caratteristica importante è che il ponte è un top loader, ovvero le corde non passano attraverso il body della chitarra ma vengono inserite dietro la spalletta del ponte stesso. Questa peculiarità apre tutto un mondo su questo tipo di ponte laddove si è scritto di tutto: più sustain, meno sustain, corde più tese, meno tese, ma riguardo a questa problematica entriamo decisamente in un altro argomento. Quello che posso dire è che avevo in casa un paio di ponti con i quali pensavo di sostituire questo, ma erano entrambi thru-body cioè ci sarebbe stato bisogno di inserire le sei corde dietro il body della chitarra e non mi reputo in grado di cimentarmi a fare da me i sei buchini. Troverò con calma e con pazienza un ponte migliore per sostituire il presente che comunque fa il suo compitino non perdendo né intonazione né accordatura.
Per la cronaca, io uso Ernie Ball .009/.042 Super Slinky, quelle con il classico pacchetto color fucsia.

Veniamo al bello, quindi, i due pickup. Il loro destino appariva già segnato ed era quello di finire in una bustina insieme a tutte le parti di ricambio che conservo.
Il bridge è stato sostituito con un Mex proveniente da una Telecaster messicana del 2004 che all’epoca, al suo posto, ebbe in regalo un Twang King DiMarzio. Il pickup messicano ha dato immediatamente il suo carattere decisamente più massiccio e sabbioso andando a sostituire il predecessore (non so che pickup monta la Eko su queste chitarre) abbastanza plasticoso e impacciato.
Per il manico ho trovato a buon prezzo un Fender Custom '62 neck sicuramente proveniente da una Telecaster con lo switch a quattro posizioni, per cui ho dovuto risaldare la massa del filo neutro. Chiudendo un po’ il tono e usando la chitarra senza crunch si potrebbero ipotizzare addirittura delle sfumature jazz, ma non vado oltre perché credo di poter dire che né io né questa Eko VT380 siamo nati jazzisti.

Eko VT380: pregi e difetti

All’interno del vano dove alloggiano circuiti, masse, fili, e via discorrendo, insomma “dentro” la chitarra, ho trovato dei potenziometri veramente inguardabili. Di latta scadente, piccoli, brutti e rumorosi, roba da finire nella raccolta indifferenziata in tempo zero: si muovevano come se non fossero ben chiusi liberando fruscio e rumore di fondo in maniera veramente irrispettosa.
Una cosa da dire, per chi volesse fare il mio stesso percorso, è che molte parti di questa chitarra non hanno le stesse dimensioni di una vera Telecaster per cui bisogna munirsi di uno strumento - io ho usato un brutale trapano con le adeguate testine - per allargare sensibilmente il battipenna e far alloggiare un pickup Fender (stranamente per il bridge non ha avuto bisogno di essere allargato, ma per il neck non è stato necessario).

Tornando ai potenziometri, la piastra che sostiene il tutto - la classica control plate - ha i fori più stretti per far passare l’alberino di un potenziometro "normale" il quale una volta inserito resterà leggermente più fuori rispetto all’assetto originale. Ma è meglio un piccolo difetto del genere che suonare con dei potenziometri "finti".
Un’altra operazione, visto che tanto dovevo passare diverso tempo con il saldatore in mano, è stato sostituire il filo che va a massa dalla carcassa del potenziometro del volume a sotto il ponte e in più ho collegato un altro filo tra le due carcasse (volume e tono) così da portarmi avanti col lavoro in fatto di eliminazione fruscio tipico di ogni Telecaster e derivati.

Una volta sostituiti anche i potenziometri (tipo B per il tono, tipo A per il volume), sostituito l’ingresso per il jack con uno Epiphone anche stavolta un po’ più massiccio, resterebbero le meccaniche e il ponte da rivedere.
A lavoro finito qualcuno potrebbe dire "beh, ma comprati una Squier la prossima volta" e forse non avrebbe torto, ma mi dà più soddisfazione passare qualche ora a fare questi lavoretti e tirare fuori qualcosa di originale e personale. In ultimo, considerato che molti ricambi li avevo già come il pickup al ponte, il costo di tutta l’operazione comprese chitarra e corde è stato di 170 euro scarsi.
Quanto al suono, devo dire che se la cava bene, anzi molto bene per quello che dovevo farci: home recording, studiare e strimpellare bevendo un caffè e, se si comporterà, bene magari un giorno proverà l’ebbrezza di un palco. Perché no?
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