Attenuatore per ampli: prendere più piccioni con un L-Pad
di trimmer741 [user #41394] - pubblicato il 05 febbraio 2020 ore 07:30
Cassa con coni diversi, amplificatori troppo “rumorosi” e la ricerca del gain a basso volume: un nostro lettore racconta il suo esperimento con un attenuatore L-Pad.
Voglio condividere la mia esperienza, chiarire alcune incertezze sull’argomento “Attenuatore fatto in casa” e come questo possa essere un mezzo per tirare fuori il timbro desiderato dal vostro amplificatore a volumi casalinghi e, se possibile, togliere qualche dubbio con l’esperienza empirica.
Se siete del partito “un ampli, un cono” o “mai attenuare uno speaker” allora questo mio contributo non fa per voi. Se invece volete qualche informazione in più sugli attentatori fatti con L-pad o se vi piace l’idea di avere coni differenti nella stessa cassa, allora spero che troverete informazioni utili e forse, come me, potrete dire “ma perché diavolo non l’ho fatto prima?”.
Ho diviso in sezioni ma per la comprensione di tutto il discorso consiglio di leggere tutto. Portate pazienza, è una cosa lunga e perdonate alcuni termini usati in modo non proprio corretto.
Gli amplificatori
Che si parli di valvola, transistor, ibridi o digitali, ogni amplificatore ha le sue caratteristiche e il suo suono. Escludendo le correzioni che si possono fare con eq e altri controlli sul tono, quello che a ogni chitarrista interessa è gestire al meglio gain e volume.
Spesso questi controlli sono divisi, cioè fisicamente c’è il potenziometro del gain e quello del volume, ma sappiamo che quando cerchiamo la saturazione il risultato finale dipende dalla gestione di entrambi. Chi più o chi meno a seconda dell’amplificatore, gain e volume non sono mai due cose separate. Se poi abbiamo un amplificatore con il solo controllo di volume, allora tutto dipende da quello: aumenta il volume, aumenta il gain e inevitabilmente aumenta, nei termini decisi dal costruttore, anche la pressione sonora o i decibel in uscita.
Sono abbastanza sicuro che il termine tecnico sia QoC (Quantity of Complaint = quantità di denunce o lamentele) in italiano QdC “quantità di casino”.
Gli speaker
Gli altoparlanti contribuiscono in maniera sensibile al suono. Hanno una miriade di parametri costruttivi che raccontano cosa ci potremmo aspettare da un cono ma la non uniformità delle misurazioni delle schede tecniche dei vari produttori non consente in definitiva di poter valutare sulla carta quale cono possa essere effettivamente di nostro gradimento. Per esperienza posso dire che anche speaker di stessa marca e modello possono (sottolineo possono) suonare in maniera diversa, non radicalmente, intendiamoci, ma abbastanza percettibilmente sì. Va aggiunto il “fattore cassa” (dimensione, costruzione, materiali, tipo) che influisce sul comportamento del cono. In pratica bisogna andare per tentativi, soprattutto se si vuole mischiare speaker diversi.
I parametri da tenere in forte considerazione per l’argomento “sicurezza” sono l’impedenza e la potenza (che ha anche a che vedere in parte con il tono). Risposta in frequenza ed efficienza c’entrano con la timbrica.
Potenza: a spanne è il massimo wattaggio sopportabile, in genere rms. Per vivere sereni deve essere sempre maggiore o uguale alla potenza dell’amplificatore.
Impedenza (più correttamente impedenza nominale): valore di resistenza in Ohm del cono. Deve essere sempre accoppiata esattamente con l’uscita dell’amplificatore. Uscita ampli da 8 Ohm - cono da 8 Ohm; ampli da 16 Ohm - cono da 16 Ohm; ecc.
Risposta in frequenza: come il cono si comporta alle varie frequenze. Generalmente è un grafico che fa vedere la capacità del cono di emettere decibel nelle varie frequenze.
Efficienza (anche chiamata Sensitivity@1W1m e in altri modi): indicativamente la quantità di decibel registrati da un microfono distante 1 metro dal cono a cui è applicata la potenza di 1 Watt. Anche se è molto più complicato di così.
Attrezzatura
Questi sono gli “ingredienti” della ricetta. In questa sezione vengono spiegate brevemente le “variabili” in gioco. Magari qualcuno ci si ritrova.
Gli amplificatori
Quasi tutti gli amplificatori hanno riduttori di potenza ma sfido chiunque a dire che risolvono in maniera definitiva il problema del volume.
- Crate GX-60 (transistor 60W)... o meglio quello che rimane del combo che era 25 anni fa.
È il mio mulo degli esperimenti, un amplificatore di 50-60 Watt a transistor tra il “modern” e il fenderiano. Un canale distorto che spero sia costato il licenziamento al progettista ma un pulito più che apprezzabile con il solo controllo Volume.
In casa a volume 2 è già sopra i 90 dB (o meglio quello che il mio cellulare misura come 90 dB a 2 metri di distanza dal cono - “Decibel X” app per iPhone, microfono dell’iPhone) quindi per avere un po’ di gain serve un overdrive esterno che fortunatamente digerisce bene.
- Ibanez TSA15H (valvolare 15W)
La sezione overdrive è affidata al Tubescreamer integrato, il canale pulito ha il solo controllo del volume. Le valvole cominciano a saturare intorno a 2/3 del volume ma già poco prima della metà si è superato il limite domestico di 90 dB.
- Line 6 DT-25H (ibrido 25W)
Un amplificatore un po’ strano, devo ammetterlo. Due canali, ma meglio dire “banchi” che in realtà sono otto. Tutto modeling digitale e solo il finale è valvolare (EL84EH Electro-Harmonix Made in Russia). C’è poi una valvola 12AX7B China che mi sono convito possa anche essere di supporto al pre, non l’ho mai capito. Sorvolo sulle opzioni Pentodo/triodo, Classe A / Classe A/B e sul boost attivabile via software perché tutto sommato non sono rilevanti.
Ogni canale ha gain e volume e poi c’è un master che seve lo stadio finale. Non tutte le combinazioni sono eccellenti e i preset di fabbrica sono fatti malissimo ma, capito come funziona e scegliendo via MIDI, si riescono a tirar fuori almeno otto amplificatori credibilissimi.
Al momento ho queste modellizzazioni costruite sul volume master al 50% e gain e volume del banco a fare il resto.
A-I Fender Bassman 1958 canale normal
A-II Marshall Jtm 45 canale normal
A-III Fender Deluxe 1964 canale vibrato
A-IV Park 1971 canale bright
B-I Vox Ac-15 1960
B-II Marshall JCM 800
B-III Bogner Ubershall 2002
B-IV Mesa Dual Rectifier Solo
- Marshall Origin 20H (valvolare 20W)
L’ultima arrivata, che fondamentalmente ha smosso le acque. Testatina monocanale pre e finale valvolare con gain e master. È la classica testata dove gain e volume lavorano insieme. Suono di mio gusto fin da subito ma c’è voluto un secondo per capire che le saturazioni (che non sono comunque spinte) dei video in rete si ottengono solo alzando il volume. Il guaio è che è un amplificatore “potente”, nonostante i suoi 20 W.
Con gain al massimo in casa si può tenere il volume a 1, con gain a 5 il volume si può alzare fino a 2-2,5, ma le saturazioni gustose sono sempre oltre.
Reagisce molto bene ai pedali ma onestamente, suonando per diletto e non dovendo gestire cambi di suoni, la saturazione dell’amplificatore non si batte.
Speaker
- Celestion G12M Greenback (potenza: 25Wrms; Impedenza: 8 Ohm; Efficienza 98 dB) Made in China [specifiche]
È in assoluto il mio cono preferito per timbrica. Reattivo e medioso, valorizza i crunch e i distorti leggeri conservando comunque una buona presenza di bassi e alti. Non adatto a puliti cristallini perché, ma non prendetemi alla lettera, aggiunge sempre un po’ di sporco.
Ha una buona efficienza e a mio gusto rende meglio in casse open o semiopen perché con casse chiuse diventa un po’ troppo direzionale.
- Jensen P12Q (40W; 8 Ohm; 94,4 dB) Made in Italy [specifiche]
Un cono molto equilibrato con una bella presenza di frequenze basse. Medi ben bilanciati e acuti non troppo in vista. Anche ad alto volume si comporta in modo molto lineare.
Efficienza scarsa, suona molto bene da solo e ho trovato difficile accoppiarlo con un altro cono.
- Celestion G12 Vintage 30 (60W; 8 Ohm, 100 dB) Made in China [specifiche]
Un cono per tutte le stagioni (o quasi). Suono cristallino con alti molto in vista ma rende bene su tutte le frequenze e a tutti i volumi. Lo preferisco in cassa chiusa.
È molto efficiente e tende a coprire i “compagni”, anche per questo è un po’ difficile da accoppiare.
- Luca Fanti Seventy-70 (150W, 8 Ohm, 98,9 dB) Made in Italy (suppongo) [Link]
Cono molto lineare, a mio parere ricalca le caratteristiche del Vintage 30 ma senza quegli alti che graffiano e alle volte danno anche un po’ fastidio. È uno di quei coni che non si scompone ad alti volumi e rimane reattivo ai bassi volumi. Se dovessi proprio trovargli un difetto direi che è un po’ anonimo, ma rimane comunque un cono dalle caratteristiche particolari (potenza e leggerezza, grazie al neodimio) che potrebbero fare la felicità di molti.
Il dato dichiarato per l’efficienza non coincide (almeno per il mio cono) alla realtà. L’impressione è che sia molto vicina al Jensen, anche meno.
Problemi e la soluzione
Non che abbia valore scientifico ma, se vogliamo sovrapporre i grafici del SPL (sound pressure level) sulle varie frequenze, il risultato è questo:
Alcune cose tornano, altre no. Fatto sta che formare le coppie con coni differenti può essere frustrante, ecco spiegato perché si preferisce averli tutti uguali.
Dopo alcuni tentativi ho messo Jensen e Greenback in una 2x12 semi-open (di fatto un ex combo Marshall Bluesbreaker d’annata) mentre Vintage 30 e Fanti sono finiti in una Framus closed dalle dimensioni contenute. Per intenderci queste due qua.
Mettiamo da parte la Framus (ma il discorso è più o meno lo stesso anche per lei) e occupiamoci solo dell’altra cassa.
In questo caso il Greenback tende a nascondere (per via della maggiore efficienza) il lavoro del Jensen che è udibile solo per il contributo che dà sulle frequenze basse. A momenti ci accorge che c’è solo quando lo si toglie.
L’idea è riuscire a dividere il segnale per bilanciare la diversa efficienza. Allo stesso tempo non voglio rinunciare a poter usare la cassa con i coni in serie (che quindi vengono pilotati dallo stesso amplificatore) o con i coni indipendenti (che possono essere usati ciascuno con un amplificatore diverso).
In più va risolta anche la questione di avere più saturazione a basso volume, soprattutto per l’Origin.
La soluzione a tutti questi problemi è semplice.
Gli ingressi A e B vanno ai coni: A-> Jensen, B-> Greenback.
L’ingresso C va a tutti e due.
Il selettore che punta verso destra indica che il circuito è settato per far lavorare i coni insieme. Quando punta verso sinistra mette i coni su due circuiti separati e senza alcun tipo di contatto.
I due pomelloni attenuano (o no) il segnale del rispettivo cono, il che significa che anche se sono collegati in serie si riesce silenziarli in modo indipendente.
Attenuazione con L-Pad
Di tutto il sistema l’oggetto che conoscevo di meno era l’L-pad (che chiamerò anche “attenuatore”). La teoria è elementare: va collegato all’amplificatore e al cono, con la manopola si “indirizza” la potenza.
Non preoccupiamoci di come è realizzato internamente l’L-pad, non ci interessa.
Nella pratica:
- manopola tutto in senso orario = segnale non attenuato (finisce tutto nel cono);
- manopola tutto in senso antiorario = segnale attenuato al massimo (la potenza rimane tutta nell’L-pad);
- tutti gli stadi intermedi = un po’ al cono un po’ all’ L-pad.
Grosso modo l’L-pad ripartisce il segnale (e scusate se uso termini impropri) preoccupandosi di mantenere costante la resistenza totale e quindi conservare sempre quel dato di impedenza che va accoppiato correttamente tra cono e amplificatore.
I parametri chiave per scegliere un L-pad sono: potenza, resistenza e capacità di attenuazione.
Potenza
È importante capire che tutta l’energia “trattenuta” nell’attenuatore viene trasformata in calore. Per questo motivo la regola è sovradiamensionare. Se dobbiamo, per esempio, attenuare a pieno una potenza di 50 Watt sarebbe bene sceglierne uno da 100 Watt perché, essendo progettato per gestire carichi superiori, sopporterà senza troppi problemi i valori che gli forniamo.
Resistenza
Deve essere la stessa del cono. Cono da 8 Ohm, L-pad da 8 Ohm; Cono da 16 Ohm, L-pad da 16 Ohm. E così via.
Capacità di attenuazione
Cioè quanto è in grado di attenuare il cono. È in valore espresso in decibel (dB) e indica il valore di attenuazione massima. Comunemente si trova la scritta -15 dB (riduce di 15 decibel) ma ci sono anche quelli che indicano “da 0dB a ∞dB” che significa che può silenziare totalmente il cono.
L’L-pad che ho scelto è il Monacor AT-62SK:100 Watt, 8 Ohm,” 0dB - ∞dB” e con il dettaglio non trascurabile di avere un alberino lungo 19 mm per poterlo montare su un pannello di legno (non su una lamiera). Spesa: intorno ai 20 euro al pezzo.
L’L-Pad offre realmente una resistenza costante?
Sì. Il produttore dichiara una tolleranza +/- 20% ma è parecchio costante e precisa sul valore desiderato. Monacor nella scheda tecnica parla di “impedenza”.
Con il cono attaccato è costante?
Veloce digressione ma come precisazione va fatta: l’impedenza dei coni non è mai costante e quella dichiarata dal prodottore (es. 8 Ohm) è l’impedenza nominale che viene calcolata in un certo modo (non saprei spiegare come). Se prendiamo un tester e misuriamo la resistenza offerta dal cono stiamo misurando quella che viene chiamata “Voice coil DC resistance” cioè la resistenza del cono in corrente continua. Questo valore non è l’impedenza nominale ma ci va vicino. Il valore “Voice coil DC resistance” misurato sul Celestion Greenback è 7,0 Ohm.
Ho misurato con il tester su una scala da 0 a 10 dove 0 è massima attenuazione e 10 è attenuazione zero.
La risposta è no, la resistenza offerta non è costante. Tenete conto dell’incertezza della misurazione ma ci sono circa 3 Ohm di gioco tra il valore massimo e quello minimo.
Ben poca cosa se pensiamo che durante il funzionamento il cono arriva anche a 40 Ohm (è il famoso grafico che si vede in alcune tabelle delle specifiche degli speaker, quello un po’ più dritto di quello delle frequenze).
Con l’uso e l’inevitabile riscaldamento cambia qualcosa nel valori di impedenza?
Sicuramente sì. Con l’aumentare del calore aumenta anche la resistenza, o almeno così si dice. Durante il lavoro il cono si “agita” e non produce calore, le resistenze dell’L-pad invece stanno ferme si scaldano e se si scaldano tanto qualcosa cambia per forza.
Per quantificare: sotto con il Crate e vediamo. Volume al massimo (60 W) tutto in un solo cono e quasi massima attenuazione (lascio quanto basta per stare al pari del volume delle corde) ed ecco che in cinque minuti cronometrati siamo a temperatura di cottura. Speravo ci mettesse di più.
Stacco tutto e misuro velocemente. Sempre con la tolleranza della misurazione e dell’incertezza dell’esatta posizione del pomello (anche se ho fatto una scala graduata per l’occasione) i valori sono cambiati come nel grafico qui sotto.
Spiegare bene perché sono cambiati in questo modo è tanto noioso quanto inutile.
L’L-pad si comporta quindi egregiamente anche sotto sforzo, perché questa è da considerarsi una situazione abbastanza estrema.
L’amplificatore non si rovina?
Anche se l’attenuatore è molto caldo l’amplificatore praticamente non se ne accorge perché lo scarto dei valori è pressoché uguale rispetto a quelli di quando è freddo.
Le specifiche di Monacor prevedono che la temperatura ambientale (quella subito vicino all’attentatore suppongo) debba essere sotto i 40°C ma non fa menzione della temperatura massima che può sopportare l’L-pad. Se sono costruiti per 100 W credo proprio che riescano a sopportare quella potenza per lunghi periodi di tempo a patto che l’aria immediatamente intorno all’L-pad riesca a circolare a dovere per dissipare il calore (i famosi 40°C).
Se l’L-pad si rompe, fonde, brucia, esplode…. allora o si apre il circuito (molto male per un valvolare) o c’è cortocircuito: malissimo.
La regola è tenere l’L-pad a una temperatura ragionevole, così si evita anche quello sgradevole odore di Napalm misto gomma bruciata dell’L-pad a temperatura di cottura.
Il suono cambia? Perdo delle frequenze?
Sì, il suono cambia per forza, e per davvero. Per fare i tediosi, bisognerebbe dire che è un suono tutto nuovo perché la coppia amplificatore-cono non ha mai lavorato in quel modo.
In generale, più si aumenta l’attenuazione e contemporaneamente si spinge l’amplificatore, più si perdono frequenze (alte per lo più). La buona notizia è che, spingendo l’amplificatore al massimo e attenuando quel tanto che basta per un volume adeguato, si riesce a compensare tranquillamente con l’equalizzazione.
I risultati migliori in termine di suono si ottengono quando si alza l’amplificatore al livello che basta (magari per saturare con plettrate decise) e si attenua il meno possibile. In questo caso la variazione è minima e quasi impercettibile a seconda dell’amplificatore, e anche il cono lavora meglio.
L’L-Pad ha un comportamento lineare? Se al massimo è 100 e al minimo è 0, in mezzo è 50?
L-pad di suo sì, agisce linearmente ma la nostra percezione del volume non lo è, quindi non lo è nemmeno il risultato finale alle nostre orecchie. È così, la fisica è un po’ bastarda.
Tanto per fare un esempio: muovendo la manopola in senso antiorario l’effetto di attenuazione si avverte circa a metà corsa e via via sempre di più avvicinandosi alla massima attenuazione. Insomma, andamento suppergiù logaritmico.
Come l’ho fatto
Per il circuito è tutto molto semplice.
Servono due L-pad, tre jack femmina, un interruttore On-On possibilmente di generose dimensioni, cavo audio (ho usato Speaker Cable 2 mm ma credo che anche da 1,5 possano andare), quattro fast-on femmina piccoli e l’occorrente per saldare.
Lo schema del circuito è questo:
Per i collegamenti fisici ho solo cercato di far fare meno strada possibile al segnale.
Sull’interruttore non sono riuscito a fare le saldature e ho optato per dei fast-on della misura grande adatti ai connettori dell’interruttore.
Si può anche fare tutto con i fast-on visto che saldare cavi di sezione 2 o 1,5 può essere complicato. Non muore nessuno e dubito che ci si possa accorgere della differenza.
Funzionamento
Il funzionamento è stato già spiegato in fondo alla sezione “Problemi e soluzione”.
Bisogna avere solo l’accortezza di non fare collegamenti sbagliati con l’amplificatore.
Se il selettore (l’interruttore) guarda verso sinistra allora l’impedenza di ogni ingresso è 8 Ohm e non bisogna inserire niente nell’ingresso (C nello schema).
Se il selettore guarda verso destra si può collegare un amplificatore con l’uscita da 16 Ohm e non collegare niente negli ingressi A e B.
Le combinazioni possono essere queste:
9
La faccenda del bilanciamento dei coni per compensare la diversa efficienza funziona alla grande. Nient’altro da dire.
Se non siete sicuri di costruire tutto a dovere, non fatelo.
Inoltre la cassa/attenuatore ha delle criticità insindacabili:
- la cassa vibra o vi capiterà di spostarla per portarla in sala prove o live. Se saldature e connessioni non sono più che solide con il tempo qualcosa si romperà o si scollegherà
- occupare diverse frequenze attraverso due coni con caratteristiche differenti è molto gradevole quando si suona da soli, in un mix con altri strumenti non è detto che sia meglio, anzi
- avere una cassa con due coni diversi complica le cose se dovete microfonare per live o registrazione.
Se volete dedicarvi al solo apparecchio attenuatore si può fare in un box. La prima accortezza è quella di lasciar respirare l’L-pad il più possibile, ma bisogna tenere ben presente che si tratta di una configurazione estremamente essenziale. Con piccoli wattaggi non vedo problemi, ma sopra i 50 watt ci penserei due volte.
Come si può leggere qui sotto nell’esperienza con 60W il solo L-pad non basta per stare tranquilli.
In un attenuator in a box varrebbe la pena aggiungere un carico resistivo (dummy load) per avere le diverse impedenze e per diminuire il carico di lavoro all’L-pad (credo). Magari anche una ventola pilotata da un sensore di temperatura, a questo punto però non sono del tutto sicuro che convenga economicamente. Gli attenuatori più semplici ed economici hanno all’interno gli stessi componenti che usereste voi e costano intorno ai 70-80 euro.
Ovviamente, se si guarda alla qualità, allora non si prende nemmeno in considerazione l’idea del fai-da-te o degli attentatori economici.
Com’è andata
Crate 60 W
Pensavo che non distorcesse affatto, poi ho scoperto che a volume tra 7 e 8 comincia un gradevole crunch (in po’ prima con gli humbucker) che aumenta fino ad arrivare a un suono overdrive al massimo del volume. Poter sfruttare un po’ di più l’amplificatore fa guadagnare parecchio anche al suono di una distorsione esterna.
Spingendolo al massimo e attenuando per stare nei 90 dB (misurati con cellulare a 2 m di distanza, non lo ripeterò più, le misurazioni saranno tutte così) non cambia molto rispetto alla prova in pieno carico con massima attenuazione. Bastano cinque minuti per cominciare a sentire odori molesti.
Nell’uso meno spinto posso stare con volume 7 (dove la pennata decisa manda in saturazione) attenuando tutto quello che serve per stare a 85-90 dB. Caricando su un solo cono l’L-pad dopo 10 minuti di plettrate forsennate è bello caldo, lo si può toccare per mezzo secondo al massimo, ma almeno niente puzza. Insomma non sono tanto convinto, speravo meglio.
Ibanez TSA15H (valvolare 15W)
Con volume al massimo (15 min - 90 dB in uscita dal cono) il calore dell’L-pad è appena percettibile e ha avuto bisogno di compensare un pochino gli alti.
Con il volume a 2/3 il suono è perfetto. L’equalizzatore (composto purtroppo solo da bassi e alti) mi è sembrato meno drastico e più gestibile, non so spiegare il perché, forse solo una sensazione. Anche il TS9 integrato mi sembra dia risultati migliori.
Line 6 DT-25H (ibrido 25W)
Qui è un complicato visto che in pratica sono otto diversi “amplificatori” con tutta la loro scala dinamica gain-volume.
Calore: con ampli spinto al massimo (15 min - 90 dB in uscita dal cono) l’L-pad emana un gradevole tepore. In piena sicurezza.
Suono: ne ha risentito sulle alte frequenze ma è bastato un po’ di Presence per aggiustare.
È l’amplificatore che ha beneficiato meno dell’attenuazione perché gestiva già bene le saturazioni giocando con gain-volume e volume master anche a bassa potenza. In definitiva non ci sono state sorprese o miglioramenti particolari, ora c’è solo un po’ di spazio in più per suoni overdrive e distorti.
Marshall Origin 20H (valvolare 20W)
Tutto al massimo per 15 minuti (90 dB in uscita dal cono) il calore è in zona tepore come per il DT-25.
Suono: questo è l’amplificatore che ha perso più alti in assoluto e ho dovuto sparare il Presence al massimo per compensare. La buona notizia è che il piccolino ha tirato fuori l’overdrive cattivo e un sacco di sfumature confermando di essere un amplificatore con ottime dinamiche che senza un attenuatore non avrei potuto sfruttare.