VINTAGE VAULT SHG MUSIC SHOW PEOPLE STORE
In studio? Fai ciò che chiedono, a modo tuo
In studio? Fai ciò che chiedono, a modo tuo
di [user #116] - pubblicato il

Il professionismo non è solo soddisfare le richieste del committente, ma sapere esattamente come realizzarle al meglio nei modi meno convenzionali. Lo racconta Carl Verheyen.
Un buon chitarrista da studio deve essere in grado di trasportare con fedeltà sul disco le idee del cliente. La tecnica è importante, ma non è tutto. Può accadere che un artista abbia in mente una precisa resa sonora ed è compito del musicista scegliere gli strumenti più adatti, accoppiarli e regolarli nel modo migliore per renderla realtà. Una ricca strumentazione e una profonda conoscenza della stessa sono elementi di primaria importanza per scovare soluzioni non sempre scontate, ma quanto mai efficaci.

In studio? Fai ciò che chiedono, a modo tuo

Carl Verheyen non è solo uno dei turnisti più apprezzati in circolazione, ma è anche un vero fanatico di strumenti. Della sua collezione, ci racconta: “Ho circa settanta chitarre. Molte Telecaster, qualcosa come tredici Stratocaster ma anche diverse Gibson Les Paul, SG e 335.
Non si tratta però di un accumulo compulsivo: sono tutti attrezzi da lavoro, e Verheyen ha trovato il suo equilibrio per usarli tutti senza rinunciare alla sensazione di “trovarsi a casa propria” che spesso fa schierare fenderiani e gibsoniani senza permettere loro di trovare una mediazione. La soluzione è più semplice di quanto si pensi: “Sulle prime uso corde .009, mentre sulla scala corta delle Gibson trovo un buon compromesso compensare la tensione con corde .010: mi restituisce il feel delle mie corde preferite.

Non mancano, naturalmente, strumenti dal taglio meno convenzionale: “Ho anche chitarre in stile Stratocaster più moderne, John Suhr, alcune artigianali anche con Floyd Rose. Ho anche cose completamente diverse, per esempio una Supro Dual Tone del 1956, che uso per lo slide. E… le uso tutte!“.

In studio? Fai ciò che chiedono, a modo tuo

Il lavoro del musicista da studio, quando si miscela con il desiderio di calcare i palchi di tutto il mondo, genera precise esigenze. Un’amplificazione variegata ne è la diretta conseguenza: “Posseggo, credo, 50 amplificatori. Se suonano bene, semplicemente non li rivendo più. Al momento ho cinque amplificatori in Europa e altri 45 pronti a casa. C’è di tutto, Marshall, Fender, Vox, Dr Z, THD, dei vecchi Jim Kelley…

Un ampio vocabolario di suoni tra cui scegliere gli elementi più adatti al caso è senza dubbio importante, ma un deposito infinito di corde e valvole non ha senso se non si sa esattamente cosa si può tirare fuori da ogni singolo “attrezzo”.
Carl ci ha raccontato il suo modo di porsi nello studio di registrazione e come una richiesta precisa di un cliente possa vedersi soddisfatta intraprendendo una strada profondamente diversa da quella più ovvia.

carl verheyen interviste musica e lavoro palchi e strumentazione
Mostra commenti     2
Altro da leggere
Never Ending Pedalboard (e relative sfumature made in Italy)
La ricerca è nel basso: Adam Getgood e Sheldon Dingwall raccontano l’NG
Il Nucleo di Paul Davids raccontato e ascoltato con Cornerstone
Live Music Camp: la "vacanza didattica musicale" a SHG Music Show 2024
Dalla chitarra alla batteria: la band si incontra da Bomap a SHG Music Show 2024
A SHG Music Show 2024 brinda con noi, e con Baladin
Articoli più letti
Seguici anche su:
Scrivono i lettori
Never Ending Pedalboard (e relative sfumature made in Italy)
Gretsch G5220: gran muletto per i più esperti
Mini Humbucker FG Mini-H SP-1
Fattoria Mendoza Hi-Crunch: il fratello arrabbiato dell'M
Harley Benton Tube5 combo: sei bella quando strilli
Parliamo di analogico!
Sistemi digitali per cinquantenni soddisfatti
Impressioni a freddo sul Neural DSP Quad Cortex
Acquistare strumenti musicali in Gran Bretagna: come funziona il dazio...
Basi o Altezze?




Licenza Creative Commons - Privacy - Accordo.it Srl - P.IVA 04265970964