Per i musicisti che lavorano, o ambiscono a lavorare, come professionisti la versatilità è una dote imprescindibile. Tanto che si tratti di un musicista che fa cover e lavora nel settore dell’intrattenimento, tanto per un session man, turnista, musicista d’orchestra, la versatilità sarà la dote che gli permetterà di calarsi e affrontare contesti stilistici differenti e variegati con agilità e pertinenza.
Il musicista capace di esprimersi in maniera credibile e autorevole con diversi linguaggi (Blues, Rock, Pop, Jazz…) amplierà lo scenario dei contesti artistici lavorativi in cui potrà essere spendibile.
Ma la versatilità, in questo caso, è un concetto che nelle riflessioni di Filadelfo Castro può essere espanso anche a un livello ulteriore: versatile sarà non solo il chitarrista elettrico che con la sua solid body è capace di spaziare tra generi diversi ma, soprattutto, quello capace di imbracciare con altrettanta sicurezza anche la chitarra acustica e magari affiancare competenze limitrofe al proprio strumento come quelle di arrangiatore, fonico, produttore.
“Piuttosto che rimanere fermi per anni a rifare le stesse cose, cercando di guadagnare un punto di BPM in più, credo valga la pena cercare di guardare la nostra professione, il nostro essere chitarristi, anche da un’altra angolazione: scrivere musica, arrangiare musica, produrre musica.”
Insomma, soprattutto in un contesto lavorativo come quello dell’industria musicale attuale, dove l’ottimizzazione delle risorse è necessaria, versatilità è la capacità di un solo musicista di poter fornire da solo le prestazioni che in passato sarebbero state svolte da più figure professionali.
In questa Pillola didattica, Filadelfo Castro, integra queste riflessioni con la sua esperienza personale, spiegando come la versatilità sia frutto di un amore per la musica ampio, curioso e poco propenso alla monogamia stilistica: “Non riuscire a rinunciare al distorsore per suonare solo jazz; così come non riuscirei a rinunciare al jazz per suonare cover rock tutta la vista”.
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