I Gallows li avevo visti come spalle dei Rage Against the Machine e mi avevano fatto letteralmente cagare. Era troppo presto, il primo disco era effettivamente una fetecchia, troppo grezzo, troppo omogeneamente punk-hardcore. E poi uno stadio era una platea troppo grande, e troppo esigente, visto che era pieno di fans dei RATM, che sono di fatto un gruppo culto, nonostante la loro breve esistenza e la loro età relativamente giovane.
Poi, una sera, mentre guardavo su internet la lista degli ultimi lavori del mio produttore preferito, ovvero Andy Wallace (leggere il suo curriculum per capire la grandezza di questo signore), mi salta all'occhio che di recente ha messo le mani nell'ultimo disco del quintetto inglese.
Me lo procuro immediatamente. Al primo ascolto mi piace già: ci sono due o tre pezzi belli, e la produzione giova, sia in termini di suoni (tutti piuttosto grezzi, con chitarre croccanti e batteria bella ruvida), sia in termini di arrangiamenti. Il CD resiste sullo stereo della mia macchina per quasi 10 giorni (ed in tempi recenti è una cosa rara), e si lascia ascoltare volentieri. I pezzi sono quasi tutti belli tirati, ma c'è spazio anche per momenti più introspettivi, e parentesi che vanno oltre gli stilemi punk-hardcore, infilandosi in territori meno oltranzisti e genuinamente rock.
Non è un capolavoro ma è un buon disco, come se ascoltano raramente, in questo scorcio di inizio millennio.