I capelli lunghi, i colori vivaci, la musica ed un pressante desiderio di sentirsi liberi caratterizzano quegli anni fatti di campi fioriti, di notti passate sotto le stelle, di collanine di vetro intrecciate dalle abili dita di ragazzi stanchi di vivere secondo regole sancite dalle stesse persone che decisero la guerra e che ormai, in tempo di pace, non hanno altra attitudine che reperire nuovi angeli da sacrificare cercandoli dove la fame è più presente e dove il disagio quotidiano è imperante.
E' vero che a nulla vale inebriarsi dei profumi della natura quando nell'aria ancora si avverte l'odore acre del napalm ma bisogna pur emergere dall'apocalisse ed è necessario farlo contrapponendosi a chi reputa il Vietnam solo una battaglia e la pace un breve periodo di transizione tra una nefandezza e l'altra, periodo da esaurire al più presto, per non danneggiare l'economia.
I piedi nudi per non distaccarsi dal mondo, le canzoni per raccontarne la bellezza, i fiori per ricreare i colori oscurati dalla guerra, l'amore per contrastare l'odio, l'interesse, la cupidigia, il denaro e dall'altra parte gli scudi, le mazze, le ciglia aggrottate e dietro ancora coloro che non desiderano che il sole splenda per tutti ma solo per chi sta più in alto, sicuro e protetto da un egoismo innaturale.
E ne abbiamo fatta di strada in quegli anni magari solo seguendo il richiamo di una voce dolce che parlasse di amore con la forza di una tempesta allontanando avidità e cattiveria.