di OldBoy [user #29456] - pubblicato il 08 luglio 2011 ore 23:07
"Bestie! Asini!"
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Fu con questi epiteti che Beethoven apostrofò il pubblico viennese, scioccato dall'ascolto di questo tra i suoi ultimi lavori, "La grande fuga" (op. 133, in Si bemolle maggiore, 1825), "tanto libera quanto rigorosa", come scrisse Beethoven stesso in apertura del movimento.
Non ritengo errato affermare che questa è un'opera di fronte alla quale è difficile rimanere impassibili: composta da un Beethoven già completamente sordo, in un isolamento non solo sonoro, ma anche "spirituale", è un'opera che si distacca nettamente da tutto ciò che era il panorama musicale dell'epoca.
Beethoven nella sua sordità riusciva ad apprezzare e ritenere musicali tali livelli di dissonanze da risultare incomprensibili, se non fastidiose ai suoi contemporanei (e credo che anche oggi vi sia chi storce il naso). Per non parlare della particolarissima struttura dell'opera, che non mi soffermo a spiegare (non ne ho le competenze). Tanto spiazzamento destò che tale opera, dopo la sua prima esecuzione, non fu più eseguita per ben 33 anni.
Ma sentiamo cosa ne dice Stravinskij: "La Grande Fuga mi sembra essere il miracolo più grande di tutta la musica. Senza essere datata, né storicamente connotata entro i confini stilistici dell'epoca in cui fu composta [...] è una composizione più sapiente e raffinata di qualsiasi musica ideata durante il mio secolo [...] Musica contemporanea, che rimarrà contemporanea per sempre".
E Glenn Gould? "La Grande Fuga non è soltanto l'opera più grande di B., ma forse il pezzo più stupefacente di tutta la letteratura musicale".
Mila: "E' il più difficile pezzo contrappuntistico mai visto, di una ampiezza di concezione e di una tale libertà di armonie dissonanti, da mettere ancora oggi in seria difficoltà. Straordinaria avventura intellettuale di un artista giunto a tanta altezza da poter contemplare, come un dio, passato e futuro".
Personalmente la prima volta che l'ho ascoltata mi ha provocato un turbamento interiore travolgente, un'inquietudine che nessuna altra musica mi ha dato. E' pura emozione, sentimento, quasi nevrosi. Il tutto racchiuso in una perfezione formale e stilistica impareggiabile. Parafrasando Schonberg (che mi perdoni), nella musica non vi è dissonanza, ma armonie difficili da comprendere o da raggiungere; ciò a cui il nostro orecchio non è abituato non per questo non è musica. Quando diciamo che qualcosa è o non è musicale, introduciamo una valutazione estetica, che può essere personalissima e puramente soggettiva. E' anche questo il bello dell'arte, quello di essere in grado di suscitare reazioni differenti, di unire o dividere, di oltrepassare il tempo in cui nasce.
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Vi lascio al brano, a voi la parola.
Questo simpatico formato video permette di seguire la condotta delle parti; vi lascio anche un'esecuzione dal vivo.
E, come disse Beethoven riguardo a questo pezzo, ricordate che non tutto è forma e regola: "anche l'immaginazione reclama i suoi diritti".