Io vivo, come dicevo prima, a Rovereto sulla Secchia, nella bassa modenese, il secondo centro più colpito dalla furia devastante del 29 maggio scorso, dopo Cavezzo. Vivere quell'esperienza direttamente ti cambia la vita, ti accorgi che tutte le sicurezze che avevi pochi secondi prima diventano come castelli di ghiaccio al sole. Tutto trema, un gran boato ti assorda e cerchi di scappare, ma nessun luogo è sicuro, case, fabbriche e persino le strade diventano tuoi nemici.
Io quel mattino mi preparavo a uscire per lavoro. Ero nel mio laboratorio, a un tratto eccolo, assordante. Per fortuna il portone grande era aperto e, mentre fuggivo fuori, il mio furgone che era parcheggiato nel cortile rimbalzava come una palla da basket. Poi cominci a pensare ai tuoi cari, a tua figlia ancora a dormire in mansarda, e a tuo figlio che è tornato a scuola proprio quel giorno, in quella scuola che i tecnici avevano già parzialmente reso inagibile dopo la scossa del 20 maggio.
Per fortuna io e la mia famiglia non abbiamo avuto grandi danni, ma di certo è una cosa che ti segna dentro. Una volta assicuratomi che la mia famiglia fosse al sicuro, sono andato in paese per rendermi utile, ti viene d'istinto, non pensi più solo a te stesso e vai. In centro la gente si era riversata nelle strade e nella piazza, poi le altre scosse, un continuo tremare. Alle 10:30 il boato rimbombava tra le mura e sembrava quasi che un drago o un mostro si dimenasse sotto i nostri piedi. Credevamo tutti che forse il peggio lo avessimo passato, ma non è stato così. Alle 13 altre tre scosse superiori al quinto grado della scala Richter, l'epicentro vicinissimo, a S.Antonio, circa a 2 km da casa mia, e quello che aveva resistito alla scossa delle 9 ora era distrutto. Lo sgomento, la paura e la disperazione la si respirava come se fosse un odore nauseate e insopportabile, non scorderò e non scorderemo mai quei momenti terribili.
Come va il processo di ripresa? Cosa vedi nel futuro degli Emilia?
Ora dicono che l'emergenza è finita. Sì, è vero, molte persone però vivono fuori casa, in casette mobili, in container, chi ospiti di parenti e altri in strutture alberghiere e ospedaliere. Intorno a questo evento c'è stata tanta solidarietà, è bello vedere che questo Paese non è così menefreghista come si dice. Ci sono persone stupende che hanno rinunciato a tanto per dare qualche cosa a noi.
Nel mio piccolo paese ancora oggi si continuano ad abbattere edifici pubblici e abitazioni, qualcuno ha cominciato a sistemare la propria casa, ma quello che manca è un centro. Ora i negozi sono in casette di legno sulla strada, dislocate qua e là. Il centro è ancora interdetto al traffico e alle persone perché ancora troppo rischioso, tanti edifici sono da abbattere, gli edifici pubblici non ci sono più.
È proprio di sabato scorso la demolizione della palestra. Le scuole sono completamente da abbattere e quelle provvisorie non sono ancora pronte, i bimbi studiano in tensostrutture e in alcuni negozi di recente costruzione e anti-sismici, il municipio non è agibile e nessuno sa ancora se verrà abbattuto, il centro medico ora è dentro a un prefabbricato e ospita i medici di base.
Il futuro? Credo che la ricostruzione sarà molto lunga e di certo difficile, tutto il paese dovrà essere re inventato. L'identità di Rovereto, come tutti i paesi colpiti dal sisma, cambierà e non sarà un processo semplice, ma la gente ha una gran voglia di fare, c'è fermento, non c'è la voglia di aspettare, siamo già in cammino, un cammino lungo e difficile, ma non ci lasceremo abbattere o annientare da questo dramma, lo dobbiamo a noi e ai nostri figli. Siamo nati qui e da qui ripartiremo.
Puoi stuzzicarci un po' l'appetito con qualche dettaglio sulle chitarre che esporrai in fiera? Venendo dalla falegnameria, immagino che particolare attenzione sia prestata all'estetica e ai particolari.
Delle chitarre vi posso dire che sono in olmo naturale, hanno l'aria un poco vintage, non sono stati stuccati i fori dei tarli e dei chiodi nei quali nel passato forse erano appesi salami. Sul fianco portano un'incisione: la data del terremoto e l'iniziativa che prende il nome di 5.9 Una Chitarra Per l'Emilia.
Di finite e funzionanti ce ne sarà una che potrà essere provata, le altre verranno finite nel momento in cui verranno vendute, per non disperdere risorse da devolvere all'associazione.
Spero veramente che saranno apprezzate, l'impegno c'è tutto, va da sé che io sono un falegname e il mio fare è quello, di certo il lato estetico è importante ma anche le cose che ho appreso in questi anni della liuteria sono importanti, diciamo che sono da scoprire.
Come potranno riconoscerti in fiera i visitatori che intenderanno approfondire la faccenda?
In fiera mi presenterò in modo molto sobrio, disposto al dialogo con chiunque.
Si potrà provare una 5.9, con me ne porterò quattro. Il mio scopo sarebbe quello di realizzarne una decina, non è importante l'apparenza, ma lo scopo. Di certo avrò la bandiera del associazione e qualche distintivo di chi come voi di Accordo mi sta dando una mano affinché questo mio progetto possa funzionare.
Vi aspetto tutti al SHG allo stand C 18 e grazie ancora.