Delay: il suono di Van Halen, Steve Vai e le voci nel Rap
di enricosesselego [user #28271] - pubblicato il 06 ottobre 2020 ore 13:30
In questa lezione Enrico Sesselego ci parla della gestione degli ambienti: riverbero e - soprattutto - delay.
Una guida pratica per conoscere, capire e gestire meglio questi effetti e avvicinarsi, in fase di mix, al suono di alcuni giganti della chitarra rock.
Traendo spunto dall’ utilissimo (e pratico) vademecum della redazione sull’ utilizzo del delay, ho voluto implementare questo tema con qualche altra nozione e “tip” utile tanto a coloro che si barcamenano nell’ intricato mondo dei delay in commercio, tanto a quelli interessati al vasto panorama di scelte praticabili in fatto di delay nella fase di finalizzazione e mix di un progetto audio.
Innanzitutto, penso che sia doveroso consolidare la consapevolezza di ciò che il delay genera in un suono, a parte la evidente ripetizione di un segnale.
Un delay molto corto crea cambiamenti del colore del suono, in senso timbrico/tonale, effetto questo dovuto alla cancellazione di fase di alcuni overtones del suono originale; non dico questo solo per rimarcare un aspetto negativo del fenomeno, dato che potrebbe essere anche qualcosa di desiderato e desiderabile, ma semplicemente perché è importante tenerne conto.
Altra osservazione, di natura generale: normalmente mentre il riverbero tende ad accentuare i gravi di un suono, il delay tende a restituire gli acuti. Questo è facilmente comprensibile dato che il primo suono che ci arriva dal delay sono gli attacchi di un determinato strumento: pensate alle consonanti della voce, al plettro della chitarra e cosi via…
Anche per questo, compatibilmente al contesto musicale, nel mix di una voce o di un assolo, l’abbinamento riverbero e delay risulta necessario. Riverbero e delay, almeno in una fase di partenza del mix, andranno piazzati su due tracce ausiliari stereo differenti.
Va quindi anche ricordato che l’utilizzo di un EQ dopo tali effetti è necessario. personalmente, non amando particolarmente le medio basse invadenti che alcuni riverberi restituiscono, equalizzare il riverbero, smussando queste eccedenze, per me è una prassi.
Stessa cosa per il delay dove potrebbe essere necessario ridimensionare, oppure enfatizzare, l’accentazione dei suddetti attacchi. Si pensi, per esempio, a un delay settato in note puntate che risulta quasi sincopato con il bpm principale del brano. L’intervento dell’equalizzatore, quindi, permetterà di sperimentare su alcuni registri medio-gravi che potrebbero risultare interessanti se combinati con il suono originale.
Quanto alla regolazione del delay è bene ricordare alcune divisioni basilari.
Normalmente un delay settato molto stretto, tra 50 e 100 ms, è chiamato “doubling”: non fa percepire una ripetizione temporale netta ma offre piuttosto la sensazione di una sovrapposizione leggermente sfalsata del suono, un doppiaggio. Settato ancora più stretto, da 40 ms, offre un risultato analogo e si parla di slapback”; da 100 ms a salire, iniziamo a poter ottenere un risultato simile all’ echo e lavorando su un feedback moderato ed un delay time medio-lungo, si riescono ad ottenere effetti di simulazione di riverbero.
Entriamo nel dettaglio di piccoli accorgimenti che possono regalare dei bei risultati (quasi) a colpo sicuro in fase di missaggio e produzione.
Parliamo di voce. Per esempio, chiamando per semplificazione “tipologia rap” quell’approccio vocale caratterizzato da un forte senso ritmico, ecco un buon consiglio: si potrà mettere la voce originale totalmente su un canale (per esempio sinistro) mentre su un canale ausiliare mono, pannato totalmente sul canale destro, si inserirà un delay con una sola ripetizione e time a 20 ms.
Dopo un necessario aggiustamento del volume su questo canale per pareggiarlo con la traccia originale, si noterà - soprattutto in cuffia - che le due voci si affiancheranno dando un effetto di double-tracking (doppio take di voce).
Ora provate a abbassare il delay time a meno di 18 ms: il nostro orecchio perde subito questa sensazione stereofonica e fatica a riconoscere le due voci come separate. 20 ms è quindi un ottimo compromesso dal limite fisico umano; la resa di tale effetto è efficace senza risultare troppo evidente.
Ma passiamo alla nostra benamata chitarra.
Senza troppo ingegno è facilmente ottenibile, servendosi di delay e riverbero, creare una sonorità iconica del rock come quella di Eddie Van Halen. Per costruibile l’effetto Eddie si può posizionare la chitarra totalmente pannata su un lato (possibilmente il più secca possibile) mentre sull’ altro lato si posizionerà il solo segnale del delay o del riverbero, stando – in quest’ultimo caso - attenti allo specifico parametro pre-delay. Partendo da questa formula, se si volesse svecchiare un po’ il sound, potrà essere divertente gestire sia riverbero che delay in cascata. Perché no?
Un altro suggerimento, interessa la gestione del delay in fase di mix di un altro guitar hero, Steve Vai per il quale ho lavorato diversi anni nel suo celebre studio Mothership. In questo caso si parla di utilizzo delay stereo, ovvero con due linee separate di ritardo, una per ogni canale.
Tradizionalmente, nella gestione di un delay stereo, se sul canale sinistro, per esempio, mettiamo ripetizioni in Quarti, sul destro si settano ripetizioni in Ottavi; Steve Vai, invece, è fautore di un setting che prevede ripetizioni in Quarti su un canale e, invece, in Sedicesimi sull’altro, avendo però cura di aumentare sensibilmente il feedback su queste ultime.
Provare per credere!