Boria, Chiantese, Furian, Mer e Paulovich: i Sorelli D'Italia
di redazione [user #116] - pubblicato il 11 dicembre 2020 ore 11:30
Max Furian, Federico Paulovich, Phil Mer, Daniele Chiantese, Gabriele Boria. Cinque eminenze della batteria italiana che la scorsa estate, complice anche il blocco di concerti ed eventi, hanno deciso di prendersi una vacanza assieme e confezionare una delle cose più spassose e curate ascoltate ultimamente. Così, in quella vacanza - o forse sarebbe meglio chiamarla Zingarata - è nato questo nuovo collettivo artistico, batteristico chiamato Sorelli D’Italia. Ci siamo fatti raccontare da Federico Paulovich e Phil Mer il loro brano “Pensione Completa”.
FEDERICO PAULOVICH
Come nascono i Sorelli D’Italia?
Tutto nasce da un’amicizia pluriennale. Negli ultimi anni il nostro sentirci tra rassegne, concerti ed eventi didattici si è intensificato, tanto da concretizzarsi nella solita chat di gruppo, quelle che si fanno tra amici. E proprio in questa chat, abbiamo iniziato a pensare che sarebbe stato carino fare qualcosa, magari un video dove si suonava tutti assieme…
Chi ha scritto “Pensione Completa” il brano proposto nel video?
Phil Mer. Del resto è l’unico tra noi cinque ad avere doti da polistrumentista. Ha scritto un brano bellissimo, che tiene anche conto delle singole personalità di ciascuno. Quando ce l’ha spedito siamo rimasti entusiasti. Non è stato necessario chiedere alcun cambiamento o revisione, era perfetto. Abbiamo subito iniziato a pensare a una data per trovarci e registrare tutti assieme.
Dove avete registrato?
Nello studio di Daniele Chiantese, a Coreno Ausonio nel basso Lazio. Inizialmente si era pensato di far salire Daniele a Milano, piuttosto che scendere noi quattro. Invece l’idea di prenderci una vacanzina suonareccia assieme ci piaceva. Tanto più che in un’estate come la scorsa, compromessa dal Covid, senza impegni e concerti, la cosa era anche abbastanza facile da organizzare. Così, abbiamo noleggiato un furgoncino e raggiunto Daniele che ci ha accolto con un’ospitalità straordinaria. Phil Mer aveva una data a Bologna. Partiti da Milano siamo passati a prenderlo e scesi nel Lazio. Abbiamo sacrificato la logistica per privilegiare il piacere di una vacanza tra amici!
Una volta in studio, avete lavorato assieme al pezzo?
Più che altro la sera prima delle registrazioni, ci siamo seduti e, tutti e cinque carta alla mano, abbiamo ragionato su una suddivisione delle parti che fosse il più equa possibile. Anche in funzione del video, dove volevamo che il minutaggio riservato a ciascuno fosse ben distribuito.
Avevate comunque fatto una pre produzione?
Sì, ho proposto io di fare un po’ di pre produzione. Mi sono preso la briga di registrare alcune idee di batteria pensando alle parti di tutti quanti e concentrandomi soprattutto su quando le parti iniziano ad essere a due o a tre.
Per esempio, le sezioni quando suoniamo assieme io Daniele le ho scritte proprio in pre produzione. Così come, ho scritto la parte in cui Gabriele si aggiunge e siamo in tre. Il finale, invece, era già così nella mente e nella scrittura di Phil: un groove che fosse costruito in maniera corale per essere suonato da cinque batteristi, come se fossero uno.
Il brano è arricchito dal sax e dai tappeti sonori di Marco Scipione…
Quando ho sentito il brano che – ripeto - era bellissimo, ho pensato che ci sarebbe stata bene una ciliegina sulla torta. Sarebbe stato perfetto aggiungere un po’ di atmosfera, un po’ di sovrastrutture, fill, temi. E ho immediatamente pensato che Marco Scipione avrebbe potuto fare il panico …
Hai mixato tu il brano…
Sì, da un po’ di tempo ho iniziato a dilettarmi con il mixare la batteria. Mi piace, mi da gusto. Puoi quindi immaginare quanto irresistibile fosse la tentazione di mixare un brano con assieme le batterie di cinque amici, a cui voglio bene, colleghi che stimo tantissimo. Così, per divertimento, ho provato a mixare il brano e il risultato è talmente piaciuto ai miei compari che mi hanno chiesto di farmene carico. Allora, ho ottimizzato alcune loro richieste e chiuso il mix. A dire il vero ho provato anche a fare il mastering ma, resomi conto che rischiavo di rovinare gli equilibri del mio mix, mi sono affidato alle mani di Andrea Pellegrini, fonico di King Crimson e Elio & Le Storie Tese. E Andrea ha fatto un lavoro coi fiocchi.
Il bello di Sorelli D’Italia è stato proprio come tutto, da subito, sia andato liscio. Che tutto sia successo in maniera così naturale, spontanea, senza intoppi. E non è né facile né scontato quando ci sono così tante persone coinvolte…
PHIL MER
Phil tu eri incaricato di scrivere il brano…
Quando ci è venuta l’idea di realizzare questo brano, gli altri ragazzi mi hanno chiesto di scrivere qualcosa. Inizialmente, abbiamo pensato se qualcuno avesse nel cassetto un pezzo già pronto, da utilizzare. Poi, conoscendo loro il mio lavoro di compositore con il mio progetto The Framers, l’idea di qualcosa scritto ad hoc sembrava convincere tutti di più. Tanto più che, occupandomi io anche di produzione ed arrangiamenti, avevo la possibilità di realizzare facilmente tutto a casa.
Avevi le idee chiare sulla direzione in cui scrivere?
Inizialmente non sapevo bene cosa fare. Semmai ero certo di cosa non avrei voluto fare: non mi sarei voluto cimentare nello scrivere un brano che fosse la classica esibizione di bravura con molti obbligati, ostinati, con quegli stacchi e gruppi irregolari un po’ Zappiani…sarebbe stata una cosa un po’ troppo fusion che ci avrebbe riportato troppo a quel mondo. Una direzione stilistica in cui è già stato detto tantissimo - e anche tanto bene - nella storia del nostro strumento.
Non voglio dire che quello che abbiamo fatto noi sia qualcosa di inedito, per carità. Dico solo che fare una cosa del genere, funambolica e con tanti stacchi, non mi sembrava la strada giusta da percorrere…
Il brano ha comunque una struttura variegata…
Ho pensato a un brano che avesse più sezioni. E, anche in questo caso, sono stato attento a non cadere nell’esercizio manieristico di fare un pezzo con una parte rock, una parte jazz, una parte dispari…Volevo che il brano avesse una sua organicità e che le diverse sezioni fossero collegate tra loro in maniera fluida e coerente.
Poi c’è quella vena un po’ anni 60, 70, un po’ Nino Rota, un po’ film poliziesco. Quella stessa vena che c’è anche in diverse composizioni dei Framers. Credo sia una mia cifra espressiva.
Quanto conoscere lo stile dei musicisti coinvolti ti ha condizionato nella scrittura?
Una cosa che avevo chiara, pensando al brano in fase di composizione, era l’idea della presenza di un intro libero che avrei consegnato a Max Furian.
Su quelle cose organiche, senza beat, Max è pazzesco. Fare un intro del genere, lasciare aprire il brano a lui e farglielo fare in quella maniera, voleva essere un omaggio nei suoi confronti.
Il finale è davvero suggestivo…
Nel finale, volevo fare una cosa easy listening. Tutti e cinque assieme avremmo suonato una cosa semplice con la cassa in quattro…lì ho pensato che uno avrebbe fatto la cassa, uno il charleston, l’altro dei colori…
Scritto il brano, come lo hai girato ai tuoi colleghi?
Ho mandato due versioni: una con solamente base e click; una suonata interamente da me, con assolo libero iniziale e le varie sovra incisioni nel finale che dovevano semplicemente dare un’impressione di come fosse il brano. Alcune cose sono state tenute, altre totalmente reinterpretate…
Dalla versione scritta e suonata da te, com’è stato riascoltare il brano una volta finito?
Molto bello perché loro sono musicisti molto diversi da me: tecnicamente, musicalmente…ognuno di noi ha un suono, uno stile completamente diverso. Ecco, forse Max e Lele sono quelli più vicini. Per cui, è stato bello vedere come una propria idea, suonata da un altro musicista, prenda completamente una direzione differente e faccia suonare la musica in maniera diversa.