KILL ‘EM ALL è irriverenza, cattiveria e gioventù concentrate in musica, dentro un album di 10 tracce, unico per i tempi.
Un disco spacca muri che ha portato schiere di giovani ad amare il genere thrash, genere sì duro e tenace, forte e aggressivo ma - nel caso dei Metallica - con un distinguo, quello del bassista Cliff Burton.
Cliff, il viso da bravo ragazzo, andava ben oltre lo stereotipo del musicista metallaro tutto rabbia e velocità: era un virtuoso, tra i migliori se non il migliore tra i bassisti metal del periodo, scomparso per un tragico incidente durante il tour che nel 1986, portava i Metallica ad assaporare il successo dopo la pubblicazione del terzo album MASTER OF PUPPETS. Dopo gli show con Ozzy Osbourne negli Stati Uniti, i nostri vennero contattati per un tour in Europa. Il 27 settembre 1986, mentre erano sul bus nelle strade della Svezia, l’autista perse il controllo e il mezzo si ribaltò: Cliff rimase schiacciato dal veicolo e quando arrivarono i soccorsi per lui non ci fu più nulla da fare.
Ancora oggi il suo modo di suonare è a detta di tutti impeccabile: Cliff suonava senza plettri ma pizzicando con le dita le corde, un approccio diverso degli altri bassisti metal dell’epoca anche perché utilizzava il tapping e il; dal 1985 utilizzò un basso Influenzò musicalmente la band perché era preparato anche teoricamente. Prima del basso, infatti, aveva suonato il piano e studiato musica; amava lo scrittore Lovecraft e gli echi di questa passione si trovano nel brano, proposto da Cliff, “The Call of Ktulu” del 1984, ispirato al racconto “The Call of Cthulhu”. E se tutto questo non bastasse, per rimarcare ancora l’importanza del bassista nella band, basta ricordare che fu lo stesso Burton a dare il titolo a KILL ‘EM ALL.
Il dolore per la scomparsa dell’amico bassista è racchiuso nell’album …AND JUSTICE FOR ALL (1988), in special modo, nella canzone in “To Live Is to Die”, pezzo in cui Burton aveva partecipato nella stesura della musica e di alcune parole.
Credo comunque che, ogni volta che i Metallica danno alle stampe un nuovo lavoro, il primo pensiero ancora oggi sia per Cliff. E così credo sia stato anche nel discusso BLACK ALBUM, disco omonimo del 1991.
Il thrash prende vita negli anni 80 negli Stati Uniti, precisamente nella Bay Area (San Francisco- California) e ha origine dall’ heavy classico dei Black Sabbath, dei Judas Priest, dei Motörhead mescolato all’ hardcore punk di Discharge, G.B.H., Misfits ed Exploited per citare alcune band. È la versione più estrema ed essenziale del metal, forte di una particolare tecnica alla chitarra ritmica (palm muting), di brani relativamente brevi e del fatto che tutti devono “picchiare” (to thrash) i loro strumenti nel modo più violento e ossessivo possibile senza nessuno stacco, senza nessun rallentamento. E in KILL ‘EM ALL troviamo tutto questo.
Un lavoro eseguito magistralmente, con passione incandescente da quattro ragazzi, sicuramente acerbi ma che sanno già il fatto loro e con una sezione ritmica-chitarristica affilata e precisa. Tre i brani da menzionare, a mio parere, “(Anesthesia) Pulling Teeth” in cui il compianto Burton (non lo elogeremo mai abbastanza) ci delizia con le sue quattro corde in un brano strumentale epico; la veloce e nervosa “Whiplash” di cui esiste una versione chiassosa (eufemismo!) di una jam session con Metallica, Skid Row e Guns N’ Roses in cui le band si divertono, sbagliano, bevono e riprendono a suonare. Il nome di questo brano è stato preso in prestito da una thrash band del New Jersey, un trio di origine italiana. Una menzione a parte per “Metal Militia, il “Verbo” del metallaro, un brano che racchiude in sé l’anima del Metal: “Siamo un tutt’uno perché siamo uguali, lottiamo per lo stesso ideale, le nostre uniformi sono di cuoio e di metallo, ci proteggono dentro e fuori, ci uniamo per sfidare il mondo con la forza dell’heavy metal, diffondiamo il messaggio a tutti, dai, lasciatevi andare…”con un assolo di Kirk Hammet che si spinge fino all’estremo.
Anno Domini 1983, sono passati quasi 40 anni e KILL’EM ALL non è stato scalfito dal tempo che passa. Anzi, migliora ad ogni ascolto.
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