di Pietro Paolo Falco [user #17844] - pubblicato il 18 dicembre 2021 ore 15:30
La modernità secondo Fender passa per suoni puliti da single coil, ma con la silenziosità dei Noiseless, con l’affidabilità di ponti a due viti e meccaniche locking, e con un carattere tutto da scoprire.
La serie top di gamma messicana divide il pubblico per scelte di rottura con la tradizione e un timbro che, seppure dal forte carattere, riassume una voce Fender da manuale. Abbiamo provato la Stratocaster della serie Player Plus in anteprima in questo articolo, in concomitanza con il lancio internazionale dei modelli, e torniamo ora con un’analisi dello strumento più ravvicinata, considerazioni maturate nel tempo e nate dal confronto e dal feedback dei musicisti che hanno incrociato le Player Plus nella loro strada.
I legni
Fender festeggia 75 anni di attività mentre la Player Plus compare in catalogo. Dopo tre quarti di secolo di successi ininterrotti, dilungarsi sulla resa di un assemblato di ontano e acero, con quattro viti e scala da 25,5 pollici sarebbe quasi offensivo. L’alternativa con tastiera in Pau Ferro potrebbe indispettire i nostalgici del palissandro (quasi sparito dal mercato negli ultimi anni ma che sembra lentamente tornare alla ribalta), ma non prendiamoci in giro: abbiamo sbavato tutti sulla Fender Stevie Ray Vaughan quando, in tempi non sospetti, piazzava una tastiera in Pau Ferro su un prodotto di fascia ben più alta della messicana in oggetto.
Le misure
La Stratocaster Player Plus è… una Stratocaster. L’approccio è quello classico, con una scala lunga, un manico da avvolgere con la mano senza che risulti troppo grosso né schiacciato, ma con un ben rodato profilo Modern C a cui i fan di casa - patiti del vintage a parte - sono ampiamente abituati. A fare la differenza è l’adozione di un raggio da 12 pollici, più piatto rispetto ai canoni retrò ma uno standard per un’ampia fetta di utenza avvezza a strumenti “contemporanei”.
Tuttavia, anche per un irriducibile dei 7,25 e dei 9,5 pollici, l’impatto non è traumatico. Il merito è senza dubbio da imputare a fattori come la lavorazione di smussamento sui bordi della tastiera che, seppure limati appena qualche millimetro, eliminano la sensazione di “scalino” di cui possono soffrire molte chitarre di fascia media che accoppiano un manico tondeggiante a una tastiera più piatta.
Se si volesse ridurre a un solo termine la suonabilità della Player Plus, questo potrebbe essere “maneggevole”.
L’elettronica
I Noiseless suonano tanto e bene. La cancellazione del rumore è pressoché assoluta, ma non va a discapito del timbro, che risulta aperto, profondo sui bassi e frizzante sugli alti, tipicamente single coil con una chiara impronta moderna.
Tale modernità però non va interpretata come compattezza a tutti i costi e preferenza per la saturazione. La Player Plus sceglie piuttosto definizione e intelligibilità, dettaglio sonoro sui puliti e articolazione sui distorti, anche a costo di generare fin troppa “roba” sulle gamme acute nei passaggi più spinti. I bassi però non mancano mai, così basta un ritocco all’equalizzazione per godere di distorsioni consistenti e - sempre - prive di rumori indesiderati.
Una piacevole sorpresa è l’inserimento di un meccanismo push-pull sul secondo controllo dei toni per richiamare il pickup al manico nelle posizioni del selettore che non lo prevedono, così da avere la combinazione di manico e ponte in stile Telecaster o di tutti e tre i pickup nello stesso momento.
Quando si sommano il pickup al ponte e al manico, si ottiene un timbro fortemente percussivo, fermo ma presente sui bassi, di sicuro impianto Telecaster ma con un inconfondibile piglio Strat.
La selezione di tutti e tre i pickup in contemporanea crea invece un suono ricco, estremamente variegato, che raccoglie le sfumature tipiche di entrambe le posizioni intermedie di centro+ponte e centro+manico, ma con un pizzico di attacco e definizione in più. Il risultato è quello quasi hi-fi di una chitarra acustica filtrata per una filosofia di suono elettrico: difficile da spiegare, molto facile da amare.
L’hardware
Umile parere di chi scrive: le meccaniche bloccanti sono tra quegli accorgimenti che qualunque strumento dovrebbe offrire quantomeno come opzione. Rapidità nel cambio corda e stabilità grazie alle spire ridotte a zero sono dei plus oggettivi ai quali è davvero difficile trovare dei lati negativi per cui non si dovrebbe volere una meccanica locking sulla propria chitarra.
Tuttavia, non si commetta l’errore di pensare di poter risolvere ogni problema d’accordatura con un set di meccaniche autobloccanti: la tenuta è frutto di un sottile equilibrio di più parti chiamate in causa. Sulla Player Plus, di pari importanza per il risultato sono l’alberello abbassacorde efficace e scorrevole, un capotasto che fa il suo lavoro senza particolari criticità e un ponte di derivazione moderna, affidabile ed espressivo, con la curiosa scelta di una leva a vite anziché a pressione, forse più comune per la tipologia.
Lo Stratoburst
Tra le introduzioni più evidenti nella serie Player Plus sono le finiture sfumate che vanno dalla “pancia” della chitarra schiarendosi verso il manico: tutt’altro che un’invenzione del nuovo millennio, si tratta del cosiddetto “Stratoburst”.
L’originale “burst verticale” è stato sperimentato ormai quarant’anni fa sotto la direzione di Dan Smith, ex dirigente Yamaha scelto agli inizi degli anni ’80 dal CEO Bill Schultz nel suo grande progetto di rinascita per Fender, finita in ginocchio con la guida poco fortunata del gruppo CBS.
Al 2021, la finitura sembra aggiornata, più graduale nella sfumatura rispetto agli esemplari d’epoca e con colori differenti, più accesi e… sbarazzini.
La chitarra in prova è una Tequila Sunrise, un rosso pieno vicino al Dakota che sfuma in un arancio fino ad arrivare a un giallo “taxi” a ridosso delle spalle. Nella versione HSS, con humbucker Player Plus al ponte, è possibile averla anche nella finitura Belair Blue, con un blu scuro che vira verso un turchese finendo in un bianco freddo in stile Arctic White.
Lo Stratoburst è stato omaggiato in alcune occasioni dal Custom Shop, come la Stratocaster “Orange-to-Silver” prodotta a inizio 2021 o il Jazz Bass “Red-to-Gold” del 2020, entrambi per mano del Masterbuilder Jason Smith. Con la gamma Player Plus, torna ufficialmente in catalogo per la produzione su larga scala e a prezzi umani.
Top di gamma messicano
La Player Plus si attesta tra le serie più costose del catalogo made in Mexico, ma vederla come un anello di congiunzione tra la gamma messicana e quella americana potrebbe essere un errore.
La collezione non intende alzare l’asticella qualitativa delle produzioni messicane in senso assoluto, bensì allarga l’offerta in maniera trasversale. Affianca i modelli vintage-oriented della serie Vintera e quelli “contemporanei” della serie Player con un’alternativa a tratti sperimentale, caratterizzata da una voce pensata per i musicisti di oggi, quelli che alternano palco e webcam, amplificatori valvolari e modeler digitali per un home recording che richiede chitarre performanti, trasparenti, efficaci e capaci di far risaltare ogni nuance del suonato quanto ogni imperfezione.
Una chitarra con un musicista ben preciso in testa, insomma, che può aspettarsi senza dubbio grandi soddisfazioni dall’incontro.