Molte di queste - è bene chiarirlo - sono state meteore, per loro casa mia è stata solo una stazione di transito. Altre mi hanno accompagnato per fasi più lunghe, fisiologicamente una chitarra in mano mia dura tre anni prima di finire fagocitata in scambi, permute, trattative e rituali voodoo. Comunque si aggiunge una nuova tappa al viaggio cominciato a Natale 1992 con una Maison tipo Stratocaster, bianca con battipenna nero, proseguito con un’altra coreana, una Vester tipo Jackson, una HB tipo Diavoletto con una leva tipo Bigsby... non era bella, diciamo che era un TIPO. Vediamo se indovinate marca e modello dell’auto con cui andai a ritirarla. Bravi, molto perspicaci.
Dall’alto di questa lunga militanza nel club degli addicted, dalla cima di questa montagnola di denari spesi per chitarre, ampli e pedali (molti), lezioni e materiale di studio (un po’ meno), dei desideri coltivati, delle litigate con membri delle band, delle esultanze (rare) e delle delusioni (frequenti), ecco, dal “presunto alto” di tutto questo io darei per scontato, e credo anche molti di voi, di essere in grado di fare alcune cose semplici. Per esempio riconoscere, ascoltando in un brano un assolo, una ritmica o un arpeggio, il modello dello strumento usato dal chitarrista. Senza barare, naturalmente. Perché se il brano è di Knopfler, degli AC/DC o di John Mayer, beh già di base sappiamo marca e modello (e magari pure colore, anno, scalatura corde, modifiche effettuate, ampli e rig completo) della chitarra utilizzata.
Ecco, quando invece non abbiamo certezze e nemmeno indizi, siamo davvero sicuri di saper riconoscere lo strumento? Perché io invece cimentandomi in questo giochino ho fatto più di una figuraccia: per esempio in certi brani country rock ho sentito dei lick scintillanti che avrei giurato fossero scaturiti da una Telecaster e invece erano stati suonati su una Les Paul.
Mi capita spesso con i live di John Fogerty, mi è successo con i Lynyrd Skynyrd.
Questo mi ha fatto pensare. Di essere una pippa al sugo? Sì, anche. Ma soprattutto mi ha fatto riflettere sulla fallacia delle nostre percezioni.
John Fogerty imbraccia una Les Paul che però, qualche volta, sembra una Telecaster.
Mi viene in mente tal Enesidemo di Cnosso, un filosofo antico della corrente degli Scettici. Ecco, questo antico pensatore cretese dedicò la vita a dimostrare che nulla può essere compreso, non tramite il pensiero, figuriamoci attraverso i sensi. Presupposto fondamentale per spiegarci che, semplicemente, nessuno può conoscere la verità. Forse Enesidemo non aveva torto. E allora torniamo al punto.
Se io, che qualche chitarra l’ho avuta, che qualche disco l’ho ascoltato (che qualche esperienza, vuoi per diletto, vuoi per lavoro, l’ho accumulata) rischio di confondere all’ascolto una Telecaster con una Les Paul, beh allora mi chiedo che valore hanno le nostre fisime sulla stagionatura del legno di un body, sulla marca di una valvola, sull’anno di costruzione di un determinato pickup?
Ci troviamo nel bel mezzo di un gigantesco paradosso: aneliamo alla delizia che portano in dote le piccole sfumature, adoriamo i dettagli, ben sapendo che sono tali (cioè che sono dettagli) eppure diamo loro tutta l’importanza del mondo. “Quel frassino fa schifo”, “le Fender di quegli anni? Orrore!”, “quel pedale prodotto in Cina? Scandalo!”.
Pirrone di Elide, filosofo scettico come Enesidemo di Cnosso, ritratto nella sua posa tipica.
Non che si stia così male, in questo strano buco nero. Possiamo continuare a dibattere sulle qualità di un overdrive rispetto a un altro, sulla risposta dell’ontano rispetto a quella del mogano, su camere tonali, pickup avvolti a mano e capotasti in osso. L’importante è che non pretendiamo di trovare, in queste filosofiche speculazioni, la verità. Quantomeno per non far incazzare Enesidemo, che la faccenda se l’era presa tanto a cuore. |