di Fabio Cormio [user #50760] - pubblicato il 16 aprile 2022 ore 08:00
Non sempre le più belle o le più costose, ma quasi sempre le più rimpiante. Avendo posseduto un centinaio di chitarre elettriche negli ultimi trent'anni, vi racconto quelle che - più di altre - mi hanno “lasciato qualcosa”. Io apro la strada, ma non vedo l'ora di leggere le vostre personali top ten!
10 - Ibanez Artist AR-100
Esemplare del 1981, made in Japan. Uno dei tanti gioiellini che mi sono passati tra le mani in un intenso periodo di scambi e compravendite. La presi nel 2011 a una cifra molto bassa (poco più di 200 euro), quando già il suo bianco perlato cominciava a ingiallire e sottili crepe sullo smalto le conferivano un’aria vissuta, decandente e sensuale. Chitarra data via con imperdonabile, scellerata disattenzione. Suono di stampo Gibson, ma all’occorrenza anche molto chiaro.
Se ne trovate una, provatela e considerate seriamente l’acquisto. Se ne avete una, per carità non vendetela... se non a me.
Una Ibanez Artist AR 100 del 1981, tanto rimpianta dall'autore dell'articolo.
9 - Gibson Sonex 180 Custom
Comprata alla fine del ’96, la mia prima Gibson non poteva che essere la più strana possibile, a dispetto della sagoma simil Les Paul, quindi relativamente tradizionale. La Sonex venne prodotta per un paio d’anni, all’alba degli eighties e osava di brutto: corpo in resina, manico avvitato, pickup Dirty Fingers.
La pagai 450mila lire, così com’era, cioè con una stella rossa (maldestramente dipinta a bomboletta) sul body. Ci ho suonato vari sottogeneri di heavy metal, anche molto “cattivi”, spingendo a cannone il mio primo e apprezzato Marshall, un Valvestate 8080.
In pochi la rimpiangono: Gibson Sonex, l'incompresa.
8 - Rickenbacker 330 Fireglo
A distanza di anni (una la presi nel 2008, l’altra nel 2016) ne ho avute due, prodotte rispettivamente nel 1991 e nel 1996. Acquistate sempre sulle ali di un sogno dolcissimo, ovvero mettere su una tribute band dei Creedence Clearwater Revival. Non ci sono mai riuscito.
Che dire delle Rick? Sono chitarre splendide, hanno anche un odore caratteristico che mi fa impazzire, ma vanno suonate a modo loro, con quelle tastiere strette e verniciate e i tasti piccini: bene sugli arpeggi scintillanti (che goduria con il Vox AC30), evviva il jingle-jangle, ma per il resto vanno interpretate. Io non sono riuscito a cavarci un solo bending intonato. Eppure la 330 mi manca. E se mi facessi la terza?
Sempre bellissima la Rickenbacker 330 in finitura Fireglo: ma vuole essere suonata a modo suo.
7 - Epiphone Explorer
La ritirai una paio d’anni fa in una permuta al classico “prezzo affare”, non mi sentivo attratto da quel modello ma sapevo di avere già un amico interessato a cui girarla. La grande particolarità di quell’esemplare era l’elettronica completamente rifatta, con i pickup attivi Fishman Fluence. Una modifica che così, a priori, non mi accendeva alcun entusiasmo e invece… la provai con calma dopo l’acquisto ed era una bomba. Me la godetti una domenica pomeriggio a suonare tutti i riff del BLACK ALBUM, con quei bassi che mi sembravano scolpiti nel granito. Suonavo e già la rimpiangevo. Il giorno dopo la consegnai al nuovo proprietario con il lutto al braccio.
6 - Epiphone Sheraton
Esemplare coreano dei primi anni ’90, acquistato nel 2008. Cambiai i pickup, oggettivamente poveri di dinamica, con un paio di Gibson ’57. Con lei spaziavo lieto come un giovane bufalo nelle vaste praterie del rock, dai Beatles agli ZZ Top, dai Led Zeppelin ai Black Crowes.
Come spesso accade, solo dopo aver perso qualcosa capiamo quanto fosse importante per noi. Così fu per la Sheraton. Versatile, bella da vedere (della Sheraton ho sempre amato il fatto che si tratti di un modello “nativo” di Epiphone, quindi non hai la sensazione di avere al collo una copia). Un grande rimpianto, ma prima o poi me la rifaccio uguale.
5 - Fender Stratocaster AV ’57 Reissue
Una chitarra eccellente che ho suonato troppo poco. Surf Green, fine anni '90, la acquistai (insieme con altra strumentazione) a un prezzo eccezionalmente basso, una decina di anni fa.
In combo con il mio Hot Rod Deluxe e con un Fulltone Full-Drive 2 mi deliziò gli amorosi sensi per un breve periodo, anche se i vicini di casa dimostrarono di non apprezzare i nostri rumorosi amplessi. Finché un giorno un conoscente si invaghì di lei e mi offrì esattamente il doppio di quanto l’avevo pagata... e di fronte al vil denaro cedetti come l’ultimo dei meschini.
4 - Squier Telecaster Classic Vibe ’60
La serie Classic Vibe mi incuriosiva da un sacco di tempo e in prima battuta stavo pensando di prenderne una di seconda mano... Poi ho visto che, da nuove, le CV costano meno di 400 euro, eppure usate si fatica a pagarle meno di 350. Perciò quando un amico mi ha proposto uno scambio con una mia vecchia entry level non ci ho pensato due volte. Il responso? La Telly Classic Vibe è una gioia per gli occhi e, a parte il peso non indifferente, faccio fatica a trovarle veri difetti. Di solito, su strumenti di questa fascia, pickup e meccaniche sono punti debole ma... no, fanno egregiamente il loro dovere. Forse non condivido del tutto la scelta del radius 9.5” (avrei preferito il 7.25”), ma lo dico più per trovare il pelo nell’uovo che per altro. La CV60 ce l’ho ancora e guai a chi me la tocca.
3 - Gibson Flying V Reissue ’67
Nera, con quell’enorme battipenna bianco. Un sogno realizzato in tempi ormai molto remoti. Presa nel 1999, con in mente gli esordi di James Hetfield. Ricordo che i pickup ceramici erano devastanti, non chiedetemi come suonasse in clean, semplicemente perché non l’ho mai saputo. Aveva parecchi problemi di buzz ma il me di 23 anni fa era troppo grezzo e tamarro per preoccuparsi di simili inezie. La suonavo con un Marshall JCM900, canale distorto, gain sempre a 11.
2 - Kramer Baretta Pacer Custom
Presa in un impeto di audacia all’inizio dei 2000, sentivo che sarebbe stata la chitarra della svolta (spoiler: non lo fu). Made in Neptune, NJ. Tastiera in acero, manico sottile, action bassissima, una vera lama. Era stata riverniciata di giallo, peraltro in modo non esattamente impeccabile, infatti si erano formate bolle sulla vernice: rompendosi, lasciavano intravedere il blu originale. È forse la chitarra con cui mi sono sentito più bravo, a quel tempo facevo molto esercizio di tecnica e fu proprio con la quella Kramer al collo che, almeno per qualche attimo fugace, accarezzai il sogno di fare della chitarra la mia professione.
1 - Fender Stratocaster “Dan Smith”, 1982
Di lei ho già parlato, ma devo ripetermi. Una chitarra stupenda in tutto (tranne nei pickup, che infatti sostituii con dei Texas Special, ma non ditelo ad Albertone Biraghi che poi mi bacchetta sulle falangine). Hardtail, con lei cercavo sonorità alla Robert Cray. Body in frassino, color Cherry Burst, tastiera in acero di un giallo intenso. Quel giorno mi ero presentato in un noto negozio dell’hinterland milanese con l’idea di acquistare una Squier JV; provai la JV e, per avere un riferimento, nello stesso momento e con lo stesso ampli (Hot Rod Deluxe) mi feci passare un’altra Strat dal negoziante. L’altra Strat era appunto la Dan Smith e finì che portai a casa quella...
Pur nella mia dimensione assolutamente amatoriale, l’ho suonata parecchie volte dal vivo con grande soddisfazione. E allora perché l’ho venduta? Perché l’ho venduta, chiedete? Ecco, ehm, beh… ok, no, non sto piangendo, mi è solo entrata una bruschetta in un occhio.