di redazione [user #116] - pubblicato il 20 settembre 2022 ore 12:30
Mark Lettieri è uno dei talenti più ragguardevoli dell’attuale scena chitarristica ed è conosciuto per il suo lavoro con gli Snarky Puppy. Grazie ad un approccio prevalentemente ritmico -semplicemente spettacolare per suono ed efficacia - Lettieri ha contribuito a ridefinire gli standard della chitarra ritmica in ambito jazz, funk e fusion. Lo abbiamo incontrato in occasione della masterclass tenuta gli scorsi mesi al NAM di Milano.
Nella clinic tenuta all’accademia musicale Nam di Milano, Mark Lettieri è stato accompagnato da una sezione ritmica straordinaria con Stefano Volpe alla batteria e l’eccezionale Federico Malaman al basso. Valore aggiunto dell’intervista esclusiva che proponiamo è la firma dell’autore, Ralph Salati. Salati, didatta del NAM, è una punta di diamante italiana nel chitarrismo progressive metal internazionale; chitarrista dei Destrage e artista Ibanez, Ralph è un nome noto ai lettori di Accordo visto che su queste pagine è seguitissimo per i suoi cicli di lezioni dedicati alla chitarra moderna e shred.
Al giorno d’oggi più che in passato, per un musicista professionista, reputo sia necessaria una preparazione ampia ed una conoscenza approfondita dello strumento. In merito a questo e considerando che la masterclass si rivolge a studenti di un’accademia musicale, consiglieresti un percorso strutturato all’interno di una scuola o reputi invece che tale strada possa influire negativamente sulla personalità di un musicista?
Credo che la scelta sia personale, per alcuni una scuola di musica funziona molto bene ma per altri potrebbe non essere il percorso piu adatto. I vantaggi dello studiare in una scuola sono molti, sei circondato da maestri dello strumento e costantemente monitorato nel tuo percorso ma alcuni non si ritrovano in questo, preferiscono corsi meno strutturati e più liberi. Non avendo mai seguito un percorso simile non saprei dirti se possa venire meno la personalità del singolo, tuttavia conosco diversi musicisti usciti da scuole molto note che hanno una forte personalita musicale.
Quanto è cambiato il tuo approccio alla pratica sullo strumento negli anni? Si sente molto chiaramente la tua propensione nella ricerca e nella cura dell’aspetto ritmico, c’è dunque un argomento su cui sei solito focalizzarti? Eventualmente ci sono tecniche specifiche che pratichi maggiormente?
Non so se mi sono mai esercitato in maniera canonica e ordinata ma per lo più mi esercito componendo canzoni oltre che imparando a suonare le parti dei grandi chitarristi. Apprezzo che tu lo abbia notato, in effetti lavoro molto sul mio senso ritmico e mi dedico per la maggior parte del tempo al “comp”. Per quanto riguarda la tecnica, ti sembrerà strano ma ancora mi esercito tanto sul migliorare l’intonazione dei miei bending. In generale non ci penso su molto, semplicemente tra live e studio, lascio che tutto ciò accada nella maniera più naturale possibile...in ogni caso continuerò a lavorare sui miei bending (...risate!)
Qual è secondo te il miglior modo per sviluppare il proprio senso del ritmo?
Suonare più che puoi con altri musicisti ma anche esercitarsi su una drum machine o sul metronomo poichè ci potrebbe essere richiesto di registrare in studio sopra un click e devi saperlo fare! Serve trovare un equilibrio tra queste cose senza escluderne nessuna a priori, esercitandosi con ognuna di esse.
Come ti sei avvicinato alla chitarra baritona e come ha influito sul tuo modo di scrivere e suonare? L’idea per un brano su quell’accordatura nasce già su una baritona o valuti di trasporla in seguito?
Inizialmente ne ho acquistata una per averla in studio e poi ho cominciato a scriverci musica. Certe volte l’idea nasce con lo strumento in mano mentre altre volte viene successivamente trasposto; insomma, entrambe le cose.
Sono molto curioso di sapere come arrangiate e dividete le parti a tre chitarre negli Snarky Puppy?
In alcuni casi le parti sono scritte e ci vengono semplicemente assegnate, quindi chi le ha composte ha anche gia pensato all’arrangiamento. Se dobbiamo invece occuparcene noi chitarristi cerchiamo di ascoltarci molto l’un l’altro e dopo tutti questi anni di condivisione del palco abbiamo imparato a conoscere il suono e le caratteristiche di ciascuno di noi e ci basiamo molto su questo aspetto.
Nel contesto live vi capita mai di suonare la stessa parte ritmica divisa tra due chitarre left e right come si è soliti fare in studio? Mi rendo conto che sia un approccio tipico del rock-metal (vedi Periphery e Foo Fighters) in cui si ha la necessità di formare un muro di chitarre distorte e di emulare in sede live lo spazio stereo della produzione in studio.
Si, lo facciamo ma spesso e una decisione presa già in partenza e se, in caso contrario, ci lasciano carta bianca sull’arrangiamento, ci fidiamo l’uno dell’altro per capire se può funzionare. Tendenzialmente e molto facile capire quando una cosa non va.
Qual è la tua opinione sul digitale? Ne fai uso dal vivo o in studio?
Utilizzo qualsiasi cosa che suoni bene per la parte che devo eseguire. Uso spesso il Kemper in studio quando non necessito di avere un amplificatore microfonato e questo dipende dal genere di musica che sto suonando. Nel pop o su una parte funk, per esempio, non mi serve necessariamente e uno strumento come il kemper è impeccabile, mi capita di utilizzare anche il Neural DSP di Plini e di Cory Wong che sono molto belli. Ti confesso che nei miei “Deep: Baritone Sessions vol 1 & 2” non è presente neanche un amplificatore reale, è tutto digitale e nessuno mi ha mai detto che suona male! (...risate!)
Chi sono i tuoi primi eroi musicali e quali artisti apprezzi di più oggi?
Ascolto gli stessi artisti ormai da piu di vent’anni; scopro sempre nuova musica ma ritorno sempre al passato. Tuttavia alcuni artisti contemporanei che posso dire di ascoltare sono i Nowhere, una band fusion/elettronica di Los Angeles, i Periphery, Plini, Cory Wong e molti tra loro sono anche miei cari amici. Ho seguito i guitar heroes come tutti ma durante il college ho ascoltato molti chitarristi gospel come Chalmers Edward “Spanky” Alford o Erick Walls, questa scena musicale mi ha influenzato molto oltre a chitarristi dallo stile unico come Zakk Wylde. (Avendo suonato la cover di un brano dei Ratt immagino rientri tra le sue influenze anche Warren De Martini... NDR).
In questo periodo storico, complice l’avvento dei social networks e la pandemia che ancora stiamo vivendo, si percepisce un approccio diverso nei confronti della musica dal vivo sia da parte dei musicisti che dei fruitori. Il Palco sembra assumere sempre più una dimensione virtuale che con i concerti in streaming si sposta in modo significativo sulla rete. In alcuni casi ho quasi la percezione che l’ambizione di molti musicisti sia più rivolta a suonare in cameretta davanti ad una webcam che su un palco. Cosa ne pensi al riguardo e come vivi questo cambiamento?
Appartengo a quella generazione che ricorda il mondo prima dei social network ed ero già grande abbastanza quando uscì MySpace che per noi musicisti segnò un punto di non ritorno. Per me, queste piattaforme sono un mezzo per essere ascoltati, ottenere nuovi ingaggi e per poter suonare dal vivo su un palco vero. Suonare dal vivo ha sviluppato molto le mie abilità di musicista e mi accorgo molto chiaramente quando suono con persone che non lo fanno, generalmente il loro “time feel” lascia un po' a desiderare.
Tuttavia se intendi la musica in questo modo e cioè suonare Nella Tua Stanza E Poi Mostrarti Sui Social vabene comunque, ne conosco parecchi che suonano solo su Youtube che non fanno date e probabilmente guadagnano pure più di noi (...risate!).
Ad ogni modo oggi sarebbe più che gratificante riuscire a guadagnarsi da vivere facendo ciò che abbiamo scelto di fare. Sono io il primo a dirti, essendo un padre e un marito, che essere sempre in giro a suonare è un duro lavoro, si dorme poco , i ritmi sono serrati e nell’ultimo tour mi è capitato di dormire solo 4 ore a notte passando continuamente da un aereo a un treno a un furgone per arrivare alla sera e intrattenere un pubblico per 2 ore e nell’after show essere disponibili a incontarli e parlare con loro, cose che ovviamente amo fare ma pensate di farlo tutte le sere per tre settimane di fila e poi vedi un ragazzo su Youtube che fa i suoi video in mutande e mi chiedo: “cosa sto facendo?!” (...risate!). Ma nel profondo so che se non facessi questo non sarei felice. Io amo questo. Vedere persone, suonare dal vivo con alle spalle un ampli che spinge ad alto volume, condividere la musica con chi ti sta ascoltando in quel momento, tutto questo è sempre stata la mia droga da quando avevo 12 anni. Insomma, come potete capire, sono un tipo un po’ old school! (...risate!).