Provate ad andare a un programma Rai in prima serata ed erompere in qualche sozzeria, oppure a usare un’espressione blasfema nella casa del Grande Fratello. Vi toccheranno forche caudine e un lungo e umiliante percorso di pentimento senza il quale, per voi, si spalancherà l’oscuro portone dell’oblio. E qui su Accordo? Beh, qui non c’è il Moige per fortuna, né alcun tipo di censura.
Però i temi sensibili, quelli che infiammano la platea, polarizzano i giudizi e fanno di noi guelfi e ghibellini, beh quelli ci sono eccome. L’usato, gli acquisti online, la Fender di ieri e di oggi, la Gibson che costa tanto, il vintage, l’Harley-Benton (dio santo quanto vi fa scatenare l’Harley-Benton!) e poi c’è lei, la Squier Classic Vibe.
E infatti è successo pochi giorni fa: l’innocuo (ehm, per modo di dire) articolo “” dell’utente Teknomaster ha - come si dice dalle mie parti - tirato su un pieno da paura. Cioè ha scatenato un vespaio. Non è la prima volta che succede e c’è un motivo molto preciso: la serie Classic Vibe è stata (ed è) una gamma di chitarre in grado di sparigliare le carte, di innescare interrogativi quasi filosofici. Del tipo: se sono belle, se suonano bene, se le produce la Fender, se rispettano - perlomeno in buona parte - la tradizione e le specifiche dei modelli vintage, se leggo prove e comparative esaltanti, se guardo video nei quali sono apprezzate o addirittura osannate… beh, ma allora non è che spendo 400 euro e mi risolvo il problema per sempre?
E lì inizia una royal rumble infinita: “La mia è made in China, vale mille milioni, la tua è made in Indonesia e fa schifo”, “La mia CV è meglio delle messicane, no anzi è meglio di un’American Standard, no anzi è meglio di una Reissue, no anzi è al livello di una Custom Shop. Che poi, CV, CS… insomma siamo lì”.
Ecco, è bene dirlo subito, pur possedendo una Telecaster Classic Vibe 60s (del 2010 se non erro, ma certamente made in China), non sono affatto in grado di schierarmi, né di dimostrare alcunché. Teknomaster ha portato una testimonianza che si poggia su dati (per esempio le quantomeno inattese variazioni di peso tra i vari esemplari), di osservazioni obiettive e tecniche, dimostrando una notevole competenza. Ho letto con grande interesse il resoconto della sua esperienza e e a farvi un’idea.
Veniamo a noi. Mi sono ripromesso di non usare più l’espressione “my 2 cents”, che francamente irrita quanto il "turbocapitalista" di Fusaro, tuttavia è con quello spirito che vi racconto in due righe com’è andata a me: bene. Molto, molto bene. La mia Tele CV 60s è frutto di uno scambio con un amico, scambio nel quale, dal punto di vista strettamente economico, sono stato molto favorito, visto che la chitarra che io ho dato a lui era una specie di esperimento di liuteria, intrigante ma privo di un reale valore commerciale.
La mia Classic Vibe, a parte un po’ di polvere e una piccola sbucciatura sul retro, era in forma smagliante. Ho avuto parecchie Telecaster (una dozzina), mai di altissimo lignaggio in verità, ma nemmeno scarse: le prime che mi vengono in mente sono una Telebration '52 Hot Rod del 2011, JV tipo Reissue ’52, un’altra giapponese (seriale A, quindi metà anni ’80) il cui Butterscotch invecchiato era diventato quasi verde, un’American Standard, una Highway One, una Squier Vintage Modified, una Road Worn (ma era una ’72 con i pickup Wide Range), una G&L Tribute e una messicana Classic 50. Suono prevalentemente rock-blues, southern e country-rock. Questo per inquadrare il contesto.
Di una chitarra (e in particolare di una Telecaster) mi interessano poche cose: che sia bella, cioè che sia davvero simile alle antenate e alle sorelle di alto livello, e fino a quando non la si osserva con il lanternino - cosa che io non faccio - la CV 60s non le fa rimpiangere; che suoni bene, e questo è l’aspetto meno scontato, soprattutto perché “che suoni bene” è quanto di più arbitrario esista. Ma questa Telecaster suona da Telecaster, davvero non ci piove: ti dà quello schiaffo percussivo lì, quel twang esaltante che è perno del corredo genetico della Telecaster. E i pickup non saranno dei Lollar o dei Van Zandt, d'accordo, ma sono dinamici, spingono e non rappresentano affatto il classico “punto debole”, come accade quasi sempre sulle chitarre di fascia bassa. Il pickup al manico mi convince più di quello al ponte, visto che quest’ultimo restituisce suoni taglienti (ma come potrebbero non esserlo quelli prodotti dal bridge pickup di una Telly, direte voi) e mi è parso meno sensibile alle regolazioni di tono. Setup: ragazzi, io non l’ho mai toccato, non ne sento la necessità. Non sono uno shredder e quindi i miei bisogni sono forse un po’ basici, ma l’action è giusta, non ci sono buzz in giro per la tastiera, insomma davvero non ho nulla da segnalare se non un paio di tasti lievemente sporgenti (ma è un problema minimo e non ho mai sentito davvero l’esigenza di intervenire). Difetti: uno solo oggettivo, cioè il peso che è di circa 4 kg (la mia Strat del '78 pesa comunque di più e questo non mi impedisce di considerarla la mia "numero 1"). Se devo invece parlare di preferenze personali, beh avrei amato un manico più ciccione e il radius 7.25” (al posto del 9.5"), che considero sinonimi di Fender dei bei tempi andati.
Va da sé, quindi, che io della Telecaster CV 60s possa solo dir bene. E se avessi riscontrato i problemi che hanno afflitto le chitarre di Teknomaster? Beh in quel caso il mio giudizio sarebbe stato completamente diverso, credo non sia ammissibile in nessun caso che su una chitarra NUOVA da 400 euro io debba spenderne 150 per metterla in condizione di suonare. Ragion per cui ho solo un consiglio: volete una Classic Vibe? Andate in negozio a provarla, perché mi pare di capire che con gli esemplari recenti il rischio di acquistare online una chitarra “problematica” è decisamente concreto. |