Mettere la melodia napoletana, i Deep Purple e Bach nella stessa scaletta può sembrare un azzardo, ma è ciò in cui Edoardo Taddei si è lanciato quando ha abbracciato il progetto live del cantante Gianni Fiorellino, affiancando alle chitarre Vincenzo Battaglia.
Il cantautore campano ha fatto delle sonorità napoletane con forti influenze pop la sua firma. La definizione di “neomelodico” può andare stretta a uno come Gianni, che ha più volte dimostrato una forte sensibilità a stili musicali differenti, fino anche al rock. È proprio in questa direzione che si è mosso il suo tour più recente e a Taddei va l’onore e onere di rappresentarne le sonorità più spinte.
Ad accompagnarli nell’avventura, il basso di Pasquale De Angelis e Mariano Barba alla batteria, due veterani nei cui curriculum compaiono nomi del calibro di Tullio de Piscopo, Tony Esposito, Renzo Arbore, Marco Zurzolo, Peppino di Capri, Gigi Finizio e Pino Daniele.
La mano di Edoardo è ben nota agli addetti ai lavori, e si sa anche quanto i chitarristi siano solitamente restii ad accostare stili così differenti come lo shred di Taddei alla musica leggera di Fiorellino. L’incontro però, ci racconta Edoardo, ha rivelato diverse sorprese alquanto piacevoli.
Il frontman si è dimostrato un artista completo, capace di confrontarsi con un gran numero di strumenti - realizzando in prima persona tutte le demo per ogni suo disco - e con un orecchio sopraffino, tale da rappresentare una sfida stimolante per un virtuoso della sei-corde.
Così viene fuori che lo show si arricchisce di una terza chitarra, di tastiere e di organi tutti suonati da Gianni, e che nel repertorio compaiono citazioni dei Deep Purple, di musica classica, fino a strizzare l’occhio al neoclassico di Malmsteen e Stratovarius, tutto dall’inaspettata base di una musica nata come “leggera”, in lingua napoletana, per rappresentare il “pop” nel senso più genuino del termine: popolare.
Abbiamo fatto visita a Edoardo Taddei in occasione del quadruplo appuntamento live con Gianni Fiorellino al teatro Troisi di Napoli. Telecamera alla mano, ci siamo lasciati condurre in giro per un palco diverso da quelli che solitamente finiscono sotto i riflettori delle riviste di settore, scoprendo di più sul lavoro di turnista, sull’approccio al suono in un contesto così peculiare e sul dietro le quinte della collaborazione con un artista che sa molto bene cosa vuole dai suoi collaboratori.
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