di Fabio Cormio [user #50760] - pubblicato il 02 febbraio 2023 ore 08:00
Fino a qualche anno fa è stata una vera outsider del catalogo Paul Reed Smith. E a oggi è stata la mia unica PRS. Uno strumento affascinante, di grande qualità, versatilissimo, con cui però mi sono concesso pochissimi giri di valzer. Il perché non va ricercato nei limiti della chitarra, ma in quelli del chitarrista.
Valle a capire, certe dinamiche. Mica è facile spiegare il perché una chitarra ti faccia innamorare nonostante i suoi palesi difetti mentre un'altra, oltretutto bellissima, non ti scaldi il cuore. Qualcuno parlerebbe di chimica dei sentimenti e non andrebbe lontano dal vero. Più si dipana, questa trentennale storia che mi lega alla chitarra - tanti anni non hanno cambiato le cose: ero e resto un "musicista" amatorialissimo e particolarmente ignorante - e meno risposte ho, soprattutto se con il termine "risposta" si intenda una spiegazione razionale, legata a un dato tangibile, riscontrabile, misurabile. In questa storia di razionale non c'è niente, ma raccontarvela mi aiuterà a riordinare le idee.
Dunque, circa un anno fa mi rendevo conto che la mia Fender Telecaster '52 Hot Rod (apparteneva alla serie "Tele-Bration" che nel 2011 celebrava il sessantesimo del primo modello di Leo Fender) era bella, sì, ma per un motivo o per l'altro non la suonavo mai, preferendole altre chitarre se vogliamo più modeste, come una simil-Strat assemblata, comoda e più ricca di sfumature, e una Tele Classic Vibe '60, che secondo me offre un twang più tradizionale. Perciò, quando ho visto l'annuncio di un ragazzo che cercava una Tele americana con specifiche vintage offrendo in cambio una PRS Swamp Ash Special del 2005, ho subito capito come sarebbe andata a finire.
In questo video ufficiale (molto vecchio, ecco perché la risoluzione è così bassa), potete farvi un'idea realistica della qualità e della versatilità della PRS Swamp Ash Special. Rispetto alla mia, qui cambiano il legno della tastiera (la mia era in palissandro) e la finitura (la mia era natural).
Pochi giorni dopo, infatti, la PRS era a casa mia. Breve premessa: prima di quel momento non avevo mai posseduto né particolarmente desiderato una PRS, ma le foto di questa, viste nell'annuncio, mi avevano colpito. Dopo di che recensioni e videoprove, come quella che vi ho postato qui sopra, mi convinsero presto di essere al cospetto di una chitarra di alto livello. E così era davvero. Strepitosa da vedere, come ogni PRS che si rispetti, ma con la particolarità delle venature del frassino così belle e in evidenza, era una chitarra importante da tutti i punti di vista.
Come detto, non sono esperto del marchio del Maryland, e a chi come me non fosse troppo sul pezzo spiego che la Swamp Ash Special si differenzia dalle sorelle più tradizionali per diverse caratteristiche: per esempio il già citato body in frassino di palude, utilizzato al posto del mogano; poi il manico avvitato e la particolarissima configurazione dei pickup, che funziona così: fino a quando non si attiva il push-pull al tono, il selettore a tre posizioni agisce sui due humbucker, esattamente come su una Gibson. Sollevato il pot del tono si attiva invece il pickup centrale e a quel punto le tre posizioni del selettore determinano questi abbinamenti: posizione 1 --> pickup neck+centrale, posizione 2 --> neck+centrale+bridge, posizione 3 --> centrale+bridge. Con il centrale attivo, è come se gli humbucker si sgonfiassero e si ottengono sonorità parecchio vicine al mondo Fender, in particolare suoni che ricordano le posizioni 2 e 4 di una Stratocaster, perfette per arpeggi in clean o in crunch leggero, ma anche per ritmiche funk e pop.
L'esemplare che ho avuto tra le mani presentava una suonabilità eccellente e un'intonazione perfetta. Veri difetti? Non saprei segnalarne. Al limite posso dire che i due humbucker (i PRS McCarthy), pur rispettabilissimi sia chiaro, non mi hanno entusiasmato dal punto di vista della dinamica... ma è anche raro che un humbucker mi entusiasmi.
Questa è proprio la mia (ma non più mia) PRS Swamp Ash Special del 2005. Il ponte a sei viti consente un uso del tremolo abbastanza "vintage".
Nota bene: l'immagine in alto ritrae una chitarra praticamente identica alla mia, ma non è la mia (foto presa dal web).
Lo so, tutto questo sembra la premessa di una lunga e felice convivenza con la PRS Swamp Ash Special. E invece no, la chitarra è rimasta con me per poche settimane, l'ho
presto scambiata (con una Strat Sunburst del '78 che considero la mia numero uno a parimerito con la AVRi '57 del 2001). Sembra un controsenso, ma nella sua perfezione e nella sua estrema versatilità (faccio fatica a immaginare un genere a cui quello strumento non si possa adattare), la PRS mi è parsa una chitarra "troppo leccata" per me, per il mio modo sostanzialmente grezzo di suonare. Anche dal punto di vista dell'immagine la sentivo poco mia, più adatta a performer capaci di intellettuali svolazzi jazz e fusion piuttosto che a un umile zappatore rock'n'roll. Me la sentivo poco addosso. Certo, questo avrei potuto-dovuto saperlo già da prima, ma la sensazione quasi epidermica di incompatibilità tra a me e lei è emersa quando l'ho avuta tra le mani. Ora, comunque, la Swamp Ash Special si lascia abbracciare da un amico chitarrista che la ama e non le fa mancare niente... un bel lieto fine, non trovate?
Che ne pensate? Conoscevate la PRS Swamp Ash Special? Avete altre esperienze con le Paul Reed Smith? Raccontatemi tutto nei commenti!