L’incidente aereo del 1977 si era portato via il carismatico e fumantino cantante Ronnie Van Zant, la nuova stella della band, cioè il giovane chitarrista Steve Gaines, sua sorella Cassie Gaines, corista, oltre al tour manager Dean Kilpatrick, al pilota e al copilota del Convair CV-240, Walter McReary e William Gray. Ma nell’incubo di quella notte di ottobre, quando le fiamme illuminarono a giorno le silenti paludi del Mississippi, le lamiere del vecchio bimotore, trasformatesi in lame roventi, lasciarono ferite insanabili nell'anima e nel corpo di tutta la band, con il solo Artymus Pyle, il batterista, a uscire quasi illeso dallo schianto.
Gary Rossington, che i Lynyrd Skynyrd li aveva fondati nel 1964 al liceo di Jacksonville, Florida, poco più che bambino (il nome della band non è che una presa per i fondelli di un professore, tale Leonard Skinner. A proposito, non penserete sia un caso il fatto che il preside della scuola di Burt Simpson si chiami proprio Skinner, vero?) si ruppe una gamba, entrambe le braccia, e l’anca. Tutto sommato gli andò bene.
I Lynyrd Skynyrd nel 1976 a Knebworth, in quella che resta la loro esibizione più famosa
Quella del 20 ottobre 1977 fu la prima fine degli Skynyrd, che - ironia tragica - avevano appena dato alle stampe l’album intitolato Street Survivors e che stavano per abbracciare il successo planetario dopo aver letteralmente asfaltato i Rolling Stones (dei quali in teoria sarebbero stati gli opener) a Knebworth nel ’76. Ironia tragica che non sfuggì a nessuno, tanto da indurre l’etichetta a intervenire per cambiare la prima copertina dell’album, che vedeva i Lynyrd avvolti dalle fiamme. La band floridiana era composta da rocker dai modi spicci, vecchia scuola, dediti agli eccessi, all’alcol, alle risse e le loro canzoni pullulano di riferimenti a questa condotta di vita, con That Smell (contenuta proprio in Street Survivors) che parla di un incidente d’auto dovuto proprio all'eccessiva propensione al bourbon del guidatore, che poi - guarda caso - era proprio Rossington. La precedente The Needle and The Spoon parlava invece di siringhe e cucchiaini. Insomma, storie tesissime anni 70 che sarebbero state attuali anche un decennio più tardi.
In generale, tutto nei Lynyrd Skynyrd parla di vite sul filo del rasoio, di esistenze da condurre oltre il limite, senza ostentazioni glamour ma con la strafottenza di chi vive una scommessa alla volta ed è pronto a fare a cazzotti con la morte e a farsi mettere al tappeto, quando sarà il momento. Anche se il momento fosse domani. Già, "If I leave here tomorrow, would you still remember me”, cantava Ronnie in apertura di Free Bird, che con Sweet Home Alabama resta uno dei capolavori del Gruppo, una canzone tanto famosa da essere diventata un meme: ancora oggi sui palchi Usa, non appena le band tacciono, dagli spalti parte la gag e il pubblico reclama “Free Bird!” indipendentemente da chi sia l’artista in concerto (capitò anche ai Nirvana nell’MTV Unplugged).
Ecco, in quegli anni di eccessi Gary Rossington sembrava l’anima, certo non tranquilla, ma forse meno esagitata e tormentata dei Lynyrd Skynyrd, e fu spesso proprio lui a dover subire le intemperanze di Ronnie: celebre la volta in cui, dopo una rissa a bottigliate nata letteralmente dal nulla, in un albergo in Europa, Rossington dovette suonare con le mani massacrate dai tagli.
Con le sue canzoni, a noi Gary Rossington ha lasciato molto: i brani dei Lynyrd, spesso nati proprio dai suoi riff, sono una palestra incredibile di ritmiche rock’n’roll movimentate da mille trick, divertentissime e istruttive. Oltre ai pezzi già citati ce ne sono perlomeno altri quindici che meritano di essere imparati, metabolizzati, capiti. Se vi va di divertirvi facendo esercizio con la mano destra, attaccate la chitarra a un buon valvolare in crunch e sparatevi I Ain’t The One, Gimme Back My Bullets e What’s Your Name e poi sappiatemi dire. Personalmente, dal punto di vista del segno che ha lasciato, credo che Rossington sia stato il Malcolm Young statunitense.
Tornando alla storia dei Lynyrd Skynyrd, beh come loro stessi hanno onestamente ammesso, il progetto nato nel 1987 - che ha visto decine di cambi di formazione – è qualcosa di molto simile a un gruppo tributo: dei fondatori era rimasto solo Rossington.
Ora che anche Gary è passato a miglior vita, una cosa mi auguro: che i brani di questa rock band straordinaria, che ha influenzato chiunque (per esempio James Hetfield e Lars Ulrich qualche anno fa hanno ricordato quando Cliff Burton fece loro conoscere la musica dei Lynyrd Skynyrd, che ebbe impatto sul loro songwriting), continuino a essere suonati dai chitarristi. Anche in Italia. Anzi soprattutto in Italia, dove da molti sono considerati un gruppo di nicchia, gli alfieri di un sottogenere, ulteriormente penalizzati dal fatto di essere associati alla bandiera degli Stati Confederati, che per molti di noi del resto è semplicemente "quella del Generale Lee" ma che, riletta con la sensibilità (eccessiva?) di oggi, richiama lo schiavismo. Ma per i Lynyrd quelle tredici stelle bianche su una croce blu, in campo rosso (o arancione), erano semplicemente il simbolo della libertà personale, valore fondativo - nel bene e nel male - degli Stati Uniti d'America. Fly high, Gary. Long live rock'n'roll. |